Secondo te gli ungheresi votano Orban perché vogliono essere integrati e sono dispiaciuti perché Juncker gli fa la faccia storta? Dai,su...Poi,certamente anche là ci sono europeisti stanchi del nazionalismo xenofobo,come anche da noi ce ne sono e non votano il partito che ammira la Le Pen. Ma sono minoranze valorose,però pur sempre minoranze.
Stavo facendo un discorso molto generico legato a quello di Eichengreen (che divide destra e sinistra riferendosi all'orientamento tradizionale dei vari partiti, non alle posizioni politico-ideologiche e considera solo i partiti che partecipano al governo), ovvio che ci siano differenze importanti tra i vari partiti all'interno della destra e della sinistra, che sono definizioni molto ampie.
Però è indubbio che dagli anni 80 si sia affermata in molti partiti di destra un'ideologia ben precisa, legata all'idea (sbagliata) della curva di Laffer, per cui tagliare le tasse ai redditi alti aumentando il deficit avrebbe portato tali benefici economici da compensarne il costo per il bilancio pubblico. Questa pratica è stata ripetuta tre volte da diversi presidenti repubblicani, ormai possiamo considerarlo una prassi consolidata, sempre con gli stessi risultati. In Europa alcuni partiti di destra (tra cui quelli nostrani) hanno seguito l'esempio, altri no. Sia chiaro, è legittimo pensare che la riduzione delle tasse sia una priorità, ma in quel caso si dovrebbe anche tagliare le spese in maniera corrispondente. La spesa non è mai incomprimibile in assoluto, ma generalmente ridurla richiede scelte politiche difficili o quantomeno uno sforzo per riorganizzare l'attività pubblica in maniera più efficiente.
Clinton le tasse le aumentò, c'è sicuramente un effetto legato al ciclo economico negli avanzi di bilancio degli anni 90, ma ci sono anche precise scelte fiscali, avrebbero potuto anche decidere di spenderle quelle entrate fiscali in più.
Ciò che fece saltare i conti pubblici negli anni 80 negli USA infatti non fu tanto la spesa militare, che salì in maniera contenuta (vedi grafico sotto), ma i ripetuti tagli di tasse senza copertura finanziaria fatti da Reagan, più i tassi di interesse elevati legati alla disinflazione di cui abbiamo già parlato. Dato di fatto, dopo due mandati di Reagan il rapporto debito/pil era cresciuto del 20%, in un decennio di boom economico.
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Intanto,grazie alla bozza di contratti di Bibi' e Bibo', i nostri titoli per tasso d'interesse staccano spagnoli e portoghesi:
SPREAD Titoli di stato Europei Vs BUND
Scusami la provocazione ma la domanda è: se invece fosse il contrario il rapporto di causa-effetto?
Ossia: se fosse invece proprio il problema delle pensioni così grave a causare la bassa crescita?
La pongo in termini ancora più semplici: se negli anni '70/'80/prima metà dei '90 e poi ancora in parte fino al 2011 non avessimo buttato al vento una montagna di soldi x mantenere un sistema pensionistico retributivo e fatto di conseguenza una montagna di debito pubblico, magari forse oggi non saremo messi così male a livelli di crescita.
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
Secondo me allo stato attuale l'unica cosa fattibile e indispensabile è un serio approfondimento dell'integrazione dei Paesi della zona Euro, non è facile con l'attuale assetto istituzionale dell'UE anche perché il Parlamento è unico e quindi ogni cooperazione rafforzata in un sottoinsieme di Paesi prende necessariamente un taglio più intergovernativo con tutti i problemi di rappresentatività e democrazia che questo comporta.
Sul gruppo di Visegrad bisogna andarci con molta cautela, per quanto mi faccia orrore Orban e quelli come lui sono purtroppo espressione di dinamiche sociali proprie di quei Paesi, che hanno vissuto il trauma del crollo del comunismo e del collasso economico che ne è seguito. Non sono mai state democrazie consolidate e hanno bisogno di tempo per trovare la loro strada, non si riuscirà mai a cambiare queste dinamiche dall'esterno.
L'unica cosa da fare è pretendere il rispetto dei diritti democratici, economici e sociali presenti nell'ordinamento dell'Unione (se non vogliono rispettarli possono sempre accomodarsi fuori e rinunciare ai fondi di coesione).
Speriamo che lo sviluppo socio-economico porti anche ad uno sviluppo democratico nel tempo.
Quoto parola per parola. Comunque,parliamoci chiaro: st' integrazione chi dovrebbe farla? Al momento,l'Italia di Bibì e Bibo' e del loro contratto è fuori gioco.Francia,Spagna e Germania? In teoria ma i loro governi lo vogliono davvero?Se la sentono di sfidare elettorati sempre più nazionalisti?
Domanda lecita, ma i dati non supportano la tua teoria.
La spesa pensionistica è rimasta grossomodo costante in proporzione al PIL dai primi anni 90 fino alla crisi economica del 2007, che evidentemente con le pensioni non aveva nulla a che fare. Nel mezzo ci sono stati diversi periodi di crescita più che dignitosa. L'incidenza della spesa pensionistica cresce con la crisi perché è intrinsecamente rigida, per ragioni demografiche e legali, le prime ineluttabili, le seconde autoinflitte. Il fatto che gli over 65 siano oltre un terzo dell'elettorato non aiuta. Se il PIL scende, il rapporto sale.
Ci sono molti altri fattori che possono incidere negativamente sulla crescita in maniera molto più diretta: la scarsa propensione all'innovazione delle nostre imprese, la drammatica inefficienza della giustizia civile, la presenza di innumerevoli fonti di rendita che attraggono gli investimenti privati a discapito di attività più rischiose (pensiamo ai benetton che con Autostrade hanno trovato la gallina dalle uova d'oro), un sistema creditizio che favorisce gli amici di qualcuno rispetto ai meritevoli, la criminalità organizzata al sud, ostacoli spiccioli come tutte le difficoltà ad ottenere le autorizzazioni dagli enti locali o banalmente le attese di mesi per non dire anni per avere un allaccio della luce per una nuova attività, potrei andare avanti ancora molto a lungo.
Tutto questo sicuramente impone dei costi che si aggiungono ai problemi di competitività generati dal fatto che non abbiamo più l'arma della svalutazione, un sistema imprenditoriale abituato a competere sul prezzo fa fatica a competere sulla qualità (infatti chi già prima lavorava su segmenti più alti continua ad andare bene).
Poi chiaramente rendere più equilibrata ed efficiente la spesa pubblica aiuterebbe molto anche la crescita, non solo per una ipotetica riduzione della pressione fiscale ma perché i tutto il sistema beneficerebbe dall'avere servizi adeguati. Ma non è un singolo pezzo ad essere determinante, è tutto l'insieme.
Ultima modifica di snowaholic; 16/05/2018 alle 11:20
Comunque è proprio per questo che considero il codice degli appalti come la più grande delusione degli ultimi anni, fare un sistema di appalti ben funzionante non è una cosa particolarmente difficile e non dovrebbe essere politicamente controverso. Sarebbe una materia tecnica per eccellenza con un impatto molto importante sulla competitività del sistema paese, migliorerebbe la spesa pubblica e produrrebbe una sana competizione tra le imprese che prendono i contratti pubblici.
Invece si è riusciti anche lì a fare un delirio totale, applicando meccanismi burocratico contorti e privi di logica alle pubbliche amministrazioni, con costi assurdi per nominare le commissioni esterne, tempi dilatati all'inverosimile.
Se dovesse andare in porto questo governo almeno spero che lo facciano riscrivere a Gustavo Piga, su questo accordo politico (che non mi piace) stanno lavorando diversi tecnici di primo livello.
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