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  1. #21831
    Uragano L'avatar di FunMBnel
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
    27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.

  2. #21832
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    esemplare, da stampare e appendere su tutti i muri.

    La piramide rovesciata non regge

    Il debito immenso di Stati, imprese e famiglie ora fa paura alle banche centrali

    Doveva essere il decennio del riequilibrio, quello iniziato dopo la crisi della Lehman Brothers, ed invece è proseguito tutto come prima, molto peggio di prima.
    La crisi americana del 2008, così come quelle europee della Grecia nel 2010, della Spagna, dell'Irlanda e del Portogallo che si sono delineate in rapida successione, derivavano da un eccesso di debito: in primo luogo, quello delle famiglie americane, che erano state finanziate senza limiti e senza scrupoli dalle banche e dalle finanziarie, per acquistare case ed automobili senza versare alcun anticipo e senza avere spesso un reddito sufficiente a pagare le rate non appena i tassi fossero aumentati anche di un poco.
    La via di uscita per le famiglie americane fu relativamente semplice: non avendo messo niente di capitale proprio all'atto dell'acquisto della casa o dell'auto presa a leasing, si era trattato sostanzialmente di un affitto mensile: se le rate diventavano troppo care, o comunque non se la sentivano più di pagarle, lasciavano il bene nelle mani del creditore. Le banche americane, furbissime, avevano però già cartolarizzato questi crediti, rivendendoli all'estero: e chi aveva comprato le quote dei fondi che avevano investito in questi mutui cartolarizzati o nei leasing si ritrovarono senza il flusso di cassa atteso e con un capitale a garanzia, le case o le auto, pressoché invendibile.
    Il problema americano era il debito delle famiglie a basso reddito, e della correlativa mancanza di risparmio.
    In Grecia è successa la stessa cosa: lo Stato si indebitava, a tassi elevati, facendo ricchi gli investitori. Anche le banche greche, comprate da altre banche francesi e tedesche, prestavano soldi ai cittadini greci per finanziare gli acquisti o la realizzazione di vasti programmi immobiliari. Nel giro di pochi anni, le ville sul mare in Grecia avevano raggiunto prezzi elevatissimi: tutto si teneva. La Spagna aveva visto un paradigma analogo: approfittando del bassissimo debito pubblico e della carenza di risparmio accumulato all'interno, immensi capitali tedeschi furono prestati alle banche spagnole per finanziare, anche in questo caso, ogni genere di infrastrutture e di programmi di sviluppo immobiliare. Anche in questo caso, le banche finanziavano il 100% dell'acquisto da parte delle famiglie spagnole. In Irlanda successe come in Spagna, mentre il Portogallo aveva fatto come la Grecia.
    L'Italia, invece, fu ed è ancora un caso a sé stante: il suo indebolimento politico e finanziario serviva a far defluire i capitali delle nostre famiglie all'estero, per compensare le perdite delle banche tedesche, francesi ed inglesi. Una crisi del debito italiano avrebbe impaurito famiglie ed imprenditori, così come un indebolimento del suo sistema bancario avrebbe contribuito a far defluire i risparmi verso altri canali di raccolta e di impiego all'estero. In Italia, quindi, non c'era stato né un eccessivo debito privato, né un pericoloso aumento del debito pubblico: c'era e c'è una immensa scorta di risparmio da prendere e portare via, all'estero.

    La crisi finanziaria è stata curata con il rigore fiscale: in Europa, si diceva che occorreva riconquistare competitività internazionale riducendo i prezzi interni ed i salari. Solo in questo modo si sarebbero sostituite le importazioni con i beni prodotti all'interno e si sarebbero incentivate le esportazioni. L'aumento delle tasse ed i tagli delle spese pubbliche, soprattutto quelle di investimento, ha provocato fallimenti a catena e soprattutto un aumento esponenziale della disoccupazione. L'idea che si potesse recuperare un divario salariale che va oltre il 100%, ad esempio tra Italia e Romania, è insensata. Oggi accade che molte persone immigrate anni fa dalla Romania in Italia ritornino indietro, perché al salario italiano, che è ancora molto più elevato di quello pagato in Romania, corrisponde un costo della vita di gran lunga superiore. In Italia si guadagna di più in termini monetari, ma non in termini reali.
    Nel frattempo i debiti sono aumentati, soprattutto quelli degli Stati che non sono riusciti ad aumentare le tasse o a tagliare le spese senza far crollare ancor di più il gettito e l'economia. Anche in Italia, dopo aver aumentato l'IVA e le accise sui carburanti, si è visto che il gettito era di gran lunga inferiore a quanto si era stimato: se in tasca il consumatore ha 30 euro, è inutile sperare che ne spenda di più perché l'IVA o l'accisa sulla benzina sono aumentate. Spenderà sempre 30 euro, e comprerà un po' meno prodotto, qualche litro in meno di carburante.
    Le conseguenze sui sistemi bancari sono state altrettanto rilevanti: accanto alle imprese fallite, ce ne sono molte di più che hanno smesso di pagare le rate sui prestiti. E' successo così a molte famiglie. I cosiddetti NPL, i crediti in sofferenza delle banche, sono aumentati a dismisura. Le banche hanno cominciato a svalutare le poste di bilancio e poi hanno cominciato a venderle. In Italia si è già fatto tanto per accelerare le vendite giudiziarie, ma con scarsissimi risultati: alle aste immobiliari di capannoni industriali e di case di periferia, quale che sia il prezzo richiesto, non si presenta nessuno. Il peggio deve ancora venire.
    Il dato di fondo è un altro: i salari sono ormai troppo bassi. Lo hanno riconosciuto sia Christine Lagarde, Direttore generale del FMI, sia Mario Draghi, Governatore della BCE: la ripresa c'è, ma è trainata ancora una volta dal debito. Le aziende si indebitano per fare investimenti, le famiglie per andare avanti, gli Stati per non soffocare quel poco di crescita che c'è.
    Naturalmente, da parte del FMI c'è la solita richiesta di riequilibrare i conti degli Stati: bisogna aumentare la tassazione sui più ricchi, quella sugli immobili e soprattutto quella sulle successioni. La liquidità immessa sul mercato dalle banche centrali è andata prevalentemente ad aumentare i corsi azionari ed il debito: le banche hanno prestato denari alle imprese che si sono ricomprate le loro stesse azioni, oppure a qualcuno che voleva approfittare dei bassi tassi di interesse per cavalcare l'onda dei mercati in rialzo.

    La BCE, in due anni e mezzo di Qe, ha comprato circa duemila miliardi di titoli del debito pubblico: una quantità immensa. "Sui salari sono stati fatti dei progressi, ma ancora non ci siamo" - così ha affermato Mario Draghi nel suo intervento a un convegno del Peterson Institute di Washington, durante il quale ha auspicato che occorre fare di più per aumentarne il livello. Ha difeso il Qe, perché "è vero che possono esserci state distorsioni, ma se si creano 7 milioni di posti di lavoro in 4 anni, i benefici sono talmente superiori che le distorsioni passano in secondo piano". Si dimentica il sostegno dato per anni alle politiche di precarizzazione del lavoro, visto che il sistema basato sul posto fisso sarebbe un residuo fallimentare del passato, ed alle riforme strutturali volte a sostenere la flessibilità in uscita dal mercato, per dare la libertà di licenziare a manetta, per eliminare i contratti collettivi nazionali, per precarizzare le assunzioni.
    Ora c'è paura: i salari sono a livelli storicamente troppo bassi. La piramide economica, basata sui salari, sui consumi delle famiglie, sugli investimenti pubblici infrastrutturali e su quelli delle imprese nell'economia reale, si è rovesciata. La base del sistema economico è diventata la componente finanziaria, rappresentata dal sistema azionario e da quello obbligazionario, per non parlare dei derivati a copertura di ogni genere di rischio. Ma, per prosperare, il mondo azionario, quello finanziario e quello più propriamente speculativo hanno bisogno di imprese vigorose, che vendono, che fanno utili ed investimenti; hanno bisogno di Stati che incassano entrate tributarie crescenti, frutto di una economia vivace, per poter pagare agevolmente gli interessi sui debiti pubblici; hanno bisogno di banche in grado di erogare credito alle imprese ed alle famiglie, e soprattutto di riscuotere senza incertezze le rate dei prestiti e dei mutui. Hanno bisogno, soprattutto, di famiglie che consumino.
    A forza invece di massacrare il mondo produttivo, taglieggiando le imprese ed i lavoratori, la base produttiva globale si è ristretta. Ogni disoccupato costa: non produce, non consuma e qualcuno deve dargli comunque da mangiare. Dacché era un vantaggio averne tanti, perché abbassavano i costi del lavoro, ora sono un problema.
    Per uscire dalla crisi, occorreva riequilibrare i rapporti tra creditori e debitori, aumentare subito i salari e le spese pubbliche infrastrutturali, in attesa che il ciclo riprendesse. Ed invece la ripresa è stata alimentata ancora una volta aumentando il debito. Quello, ormai immenso degli Stati, delle imprese e delle famiglie fa paura alle banche centrali. Sono i creditori ad avere paura che tutto frani: che i corsi elevati del mercato azionario siano frutto di una nuova bolla, che il mercato obbligazionario non regga nonostante i bassissimi tassi di interesse, che le scommesse sui derivati non siano onorate dalle controparti.
    Anche i bilanci delle banche centrali sono diventati enormi, gonfiati da debiti pubblici, privati e bancari per migliaia e migliaia di miliardi di dollari, di euro e di yen. Non sanno davvero come uscirne. Eppure, era ovvio.
    La piramide rovesciata non regge.

    teleborsa.it
    Dicembre 1996: la perfezione
    Febbraio 2012: l'apoteosi
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  3. #21833
    Uragano
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    tl;dr

    Una paginata senza praticamente un numero che sia uno. Insomma...


  4. #21834
    Vento teso L'avatar di asxo.
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Tutte deduzioni del giornalista o di chi per lui.

    c'era e c'è una immensa scorta di risparmio da prendere e portare via, all'estero.
    Mi sfugge dove sia fuggita questa montagna. Quando si fanno certe affermazioni, bisognerebbe argomentarle con precisione e non alla catium canis giusto per fare il titolino acchiappa clic.
    Inverno 2016/17
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  5. #21835
    Vento teso L'avatar di asxo.
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    L'aumento delle tasse ed i tagli delle spese pubbliche, soprattutto quelle di investimento, ha provocato fallimenti a catena e soprattutto un aumento esponenziale della disoccupazione
    Non sarà mica che i fallimenti a catena e l'aumento della disoccupazione sono aspetti connaturati in una crisi?
    L'austerity semmai potrebbe aver esacerbato la situazione. E poi di cosa si parla? Se al contempo il presunto obiettivo di tale articolo sarebbe quello di smontare la politica accomodante della BCE che tutto è meno che austerity. C'è qualcosa che non mi quadra.
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  6. #21836
    Vento teso L'avatar di asxo.
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    e per mettere ancora il dito della piaga marcia delle spese pubbliche, di quali tagli si parla? I tagli sono stati fatti sugli investimenti (cioè su dove non andava tagliato) dai governanti italiani...mentre la spesa corrente (per lo più mance elettorali improduttive) non si è fatto nulla, anzi!
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  7. #21837
    Uragano L'avatar di FunMBnel
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da marco85 Visualizza Messaggio
    hanno bisogno di banche in grado di erogare credito alle imprese ed alle famiglie,
    Eh sì. E infatti da noi lo hanno fatto e si son visti i risultati...

    Citazione Originariamente Scritto da marco85 Visualizza Messaggio
    e soprattutto di riscuotere senza incertezze le rate dei prestiti e dei mutui. Hanno bisogno, soprattutto, di famiglie che consumino.
    Il che vuol dire fare poco credito e solo a clienti sicuri. Un po' complicato da mettere assieme alla precedente...

    Citazione Originariamente Scritto da marco85 Visualizza Messaggio
    Per uscire dalla crisi, occorreva riequilibrare i rapporti tra creditori e debitori, aumentare subito i salari e le spese pubbliche infrastrutturali, in attesa che il ciclo riprendesse. Ed invece la ripresa è stata alimentata ancora una volta aumentando il debito.
    Così per curiosità... La ripresa alimentata a debito non va bene, ma i soldi per aumentare i salari e per le spese pubbliche infrastrutturali dove li si doveva prendere? Fammi indovinare... Stampando...
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
    27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.

  8. #21838
    Josh
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da asxo. Visualizza Messaggio
    e per mettere ancora il dito della piaga marcia delle spese pubbliche, di quali tagli si parla? I tagli sono stati fatti sugli investimenti (cioè su dove non andava tagliato) dai governanti italiani...mentre la spesa corrente (per lo più mance elettorali improduttive) non si è fatto nulla, anzi!
    Sì,spesa corrente persino aumentata dal 2008,nonostante la riforma Fornero ma investimenti in conto capitale crollati.In Spagna, per esempio, la proporzione è stata meno sfavorevole ai secondi.

  9. #21839
    Josh
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da FunMBnel Visualizza Messaggio
    L'Italia ha il problema opposto rispetto a Paesi come la Corea del sud: là i poveri sono quasi tutti anziani,poiché fino a pochi anni fa neanche esisteva un vero e proprio sistema pensionistico.

    Chi e che sta sempre meglio in Italia? - Il Post

  10. #21840
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da asxo. Visualizza Messaggio
    e per mettere ancora il dito della piaga marcia delle spese pubbliche, di quali tagli si parla? I tagli sono stati fatti sugli investimenti (cioè su dove non andava tagliato) dai governanti italiani...mentre la spesa corrente (per lo più mance elettorali improduttive) non si è fatto nulla, anzi!
    Ed è il motivo per cui i salari sono relativamente bassi, specie in Italia e nelle nazioni del Sud Europa in genere: bassa produttività del lavoro.

    Invece di appellarsi a presunte politiche di austerità (sono anni che quasi tutti gli Stati UE fanno deficit di bilancio) provare a pensare che se un'impresa paga il 64% di total tax rate e deve spendere ogni anno fior di denari per commercialisti, per cause legate a mancati pagamenti (con la giustizia che va a rallentatore in fondo il debitore in mora ci guadagna anche...) ecc. di sicuro quell'impresa non può investire in beni capitali volti ad aumentare la produttività del lavoro.

    Come possono aumentare i salari se non cresce la produttività del lavoro? In Italia siamo fermi agli anni '90 come produttività del lavoro. Negli ultimi 20 anni siamo cresciuti di uno 0,x%. Per cui non c'è da meravigliarsi che i salari italiani restino al palo.

    Provare inoltre a pensare che se si taglia spaventosamente la spesa in conto capitale gli investimenti in infrastrutture (gli unici investimenti pubblici davvero sensati) crollano per primi e di conseguenza si attirano meno imprese e meno capitali, che già vengono poco attratte per i motivi detti prima.

    Che si traduce in meno concorrenza salariale: banalmente se ci sono poche imprese il lavoratore ha meno possibilità di dire al datore di lavoro "sai che c'è? Vado a lavorare da Tizio che mi paga di più"...quando il numero di imprese diminuisce diventa più difficile farlo e il potere contrattuale dei lavoratori perciò diminuisce.

    Altroché austerità: i problemi hanno origini ben più profonde, ma tanto basta che stampiamo un po' di moneta e ne usciremo con allegria
    «L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)

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