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  1. #22861
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Josh Visualizza Messaggio
    I neokeynesiani si sono progressivamente allontanati dal pensiero di Keynes, sia dal punto di vista del pensiero politico(Keynes era un liberale critico della democrazia di massa),sia da quello delle ricette macroeconomiche.
    Ecco cosa diceva dell'inflazione:
    ""Attraverso un continuo processo di inflazione, gli stati possono confiscare, segretamente ed inosservati, una parte importante della ricchezza dei loro cittadini.
    In questo modo non la confiscano solamente, ma lo fanno arbitrariamente; e, mentre tale processo impoverisce la maggior parte delle persone, ne arricchisce una ristretta minoranza.
    Lo spettacolo di questo riarrangiamento arbitrario dei ricchi mette in dubbio non solo la sicurezza, ma la fiducia nell’equità dell’attuale redistribuzione della ricchezza" (Keynes,parlando dell'inflazione).Ecco perché rimpiangere quando l'Italia ne aveva una a due cifre non è molto salutare.
    E quindi,sono ancora una volta in disaccordo con te(come sulla maggior parte delle cose) : l'inflazione erode e morde i risparmi in modo tangibile già quando è prossima al 10% e non è mai completamente "attesa",proprio perché è subdola ed imprevedibile.
    In definitiva: non ho ancora trovato un'alternativa al rigore ed all'equilibrio dei conti pubblici CHE SIA DAVVERO PREFERIBILE. Che poi i processi di aggiustamento siano tutti dolorosi ,specie quando vengono posti in essere con politiche pro-cicliche,non ci piove. Ma non son per questo meno necessari.
    Josh non ti conviene sfidarmi sulle citazioni di Keynes...
    E comunque io non rimpiango affatto l'inflazione a due cifre, dico solo che non è il principale parametro su cui valutare i risultati economici.
    Ma torniamo a Keynes...

    Messa fuori contesto quella citazione porta a fraintendere totalmente il pensiero di Keynes. In questo caso Keynes parlava dell'iperinflazione dopo la seconda guerra mondiale, in particolare la deliberata monetizzazione dei costi dello sforzo bellico, quindi una inflazione esclusivamente monetaria. Nessun Keynesiano o neokeynesiano vedrebbe favorevolmente quel tipo di inflazione, tranne forse i pazzi della MMT.

    Questa è la citazione completa, tratta da The economic consequences of Peace (1919), Chapter VI
    The Economic Consequences of the Peace by John Maynard Keynes - Free Ebook
    Lenin is said to have declared that the best way to destroy the Capitalist System was to debauch the currency. By a continuing process of inflation, governments can confiscate, secretly and unobserved, an important part of the wealth of their citizens. By this method they not only confiscate, but they confiscate arbitrarily; and, while the process impoverishes many, it actually enriches some. The sight of this arbitrary rearrangement of riches strikes not only at security, but at confidence in the equity of the existing distribution of wealth. Those to whom the system brings windfalls, beyond their deserts and even beyond their expectations or desires, become "profiteers,", who are the object of the hatred of the bourgeoisie, whom the inflationism has impoverished, not less than of the proletariat. As the inflation proceeds and the real value of the currency fluctuates wildly from month to month, all permanent relations between debtors and creditors, which form the ultimate foundation of capitalism, become so utterly disordered as to be almost meaningless; and the process of wealth-getting degenerates into a gamble and a lottery.
    È molto chiaro come il problema dell'iperinflazione per Keynes siano le enormi variazioni che impediscono di avere relazioni finanziarie stabili e prevedibili. L'inflazione costante non è un problema.
    Non bisogna inoltre dimenticare cosa intende Keynes per vera inflazione
    When full employment is reached, any attempt to increase investment still further will set up a tendency in money-prices to rise without limit, irrespective of the marginal propensity to consume; i.e. we shall have reached a state of true inflation[4]. Up to this point, however, rising prices will be associated with an increasing aggregate real income.
    General Theory of Employment, Interest and Money, Chapter 20, par II
    L'inflazione associata ad aumento del reddito reale in questa definizione non è vera inflazione. Questo concetto peraltro non è lontano dal concetto neokeynesiano di accelerazione dell'inflazione una volta raggiunto il pieno impiego che sta alla base del NAIRU.
    in ogni caso Keynes non è particolarmente preoccupato da una inflazione moderata, a differenza della deflazione.
    There is, perhaps, something a little perplexing in the apparent asymmetry between inflation and deflation. For whilst a deflation of effective demand below the level required for full employment will diminish employment as well as prices, an inflation of it above this level will merely affect prices.
    General Theory of Employment, Interest and Money, Chapter 10, par. II
    Vediamo anche cosa dice Keynes sulle misure di austerity durante una depressione economica...

    You will never balance the Budget through measures which reduce the national income. The Chancellor would simply be chasing his own tail - or cloven hoof! The only chance of balancing the Budget in the long run is to bring things back to normal, and so avoid the enormous Budget charges arising out of unemployment... Even if you take the Budget as your test, the criterion of whether the economy would be useful or not is the state of employment... I do not believe that measures which truly enrich the country will injure the public credit... It is the burden of unemployment and the decline in the national income which are upsetting the Budget. Look after the unemployment, and the Budget will look after itself.» (John Maynard Keynes, 1933, cited in The Collected Writings of John Maynard Keynes, volume 21 (2012))

  2. #22862
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da nevearoma Visualizza Messaggio
    Non è che le differenze tra le due situazioni dipendano solamente dalla moneta. Innanzitutto è in generale più facile risalire da una situazione come quella dell'Argentina, che a differenza della Grecia aveva fatto default incontrollato ed era stata ridotta letteralmente alla fame - nelle zone rurali nel 2002 c'erano casi di assalti ai camion di trasporti alimentari. Inoltre l'Argentina, a differenza della Grecia, non veniva da una bolla economica che aveva pompato il benessere dei cittadini ben oltre le reali capacità del paese di sostenerlo; la Grecia del 2007 aveva dei conti disastrosi e si potrebbe dire che adesso sia semplicemente tornata "nei ranghi", ossia che non è detto che debba mai recuperare il tenore di vita precedente. In ultimo l'Argentina nel 2003 si ritrovò a beneficiare di un boom economico globale che creò una domanda fortissima per le sue esportazioni agricole.
    Se con tenore di vita parliamo di livello di consumi posso anche essere d'accordo, ma il livello dei consumi è crollato molto più del PIL (35-40% se non ricordo male). Gran parte del credito facile che è affluito in Grecia negli anni 2000 è andato a finanziare acquisti di beni importati, provocando uno squilibrio enorme della bilancia commerciale e di conto corrente che ha raggiunto il 15% del PIL prima della crisi. Quindi gran parte di quei consumi non hanno alimentato direttamente il PIL, l'aumento del PIL era tutta attività economica effettivamente svolta in Grecia, la possibilità di utilizzare quel 20% di disoccupati è reale e rappresenta un potenziale elevato di crescita economica.
    Con una svalutazione valorizzare quel potenziale sarebbe stato molto più facile, adesso invece la Grecia si ritrova ad avere un reddito al livello della Slovacchia in termini di PPP ma un livello di prezzi (e quindi di costi di produzione) da paese ben più ricco. In più con un livello di tassazione elevatissimo per fare fronte al debito pubblico e servizi pubblici massacrati. Non molto attrattivo per gli investimenti.
    Il tasso di cambio effettivo reale sopravvalutato in concreto è questo, non un concetto astratto.

    Su fatto che ci siano altre differenze con l'Argentina hai ragione, il boom delle materie prime ha certamente contribuito, anche se da importatore di energia l'Argentina ha avuto anche aspetti negativi. Ma fare default e svalutare dopo un boom creditizio (che ha avuto anche l'Argentina, soggetti pubblici e privati si finanziavano in dollari a bassi tassi di interesse) consente di ripartire subito dopo, mentre la moneta unica condanna a lunghi anni di deflazione interna con alti tassi di interesse reali. È una delle poche cosa su cui Friedman e Keynes sarebbero stati perfettamente d'accordo.

    Poi se pensi che non debbano mai tornare al livello di attività economica precedente faremmo meglio a dimezzargli il debito, tanto così com'è ora non lo potranno mai restituire.

  3. #22863
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Josh Visualizza Messaggio
    Comunque, @snowaholic, non credo proprio che i cambi flessibili di cui parli siano compatibili con un mercato comune e lo dimostra l'esperienza della CEE, che negli anni 70' stava saltando perché, per fronteggiare la recessione mondiale, i singoli Paesi stavano andando ognuno per conto proprio (un poco la tentazione che c'è ora). Perciò fu creato il Serpentone Monetario Europeo,che era appunto un sistema di cambi semirigido. Per inciso, il boom economico l'Italia lo fatto con una moneta ancorata al dollaro. Invece sui monerataristi hai ragione: Friedman era più e non meno sovranista di un Fitoussi (neokeynesiano). Personalmente, mi ritrovo molto nella posizione di Quadro Curzio(e Campese+ Seminerio) che giustamente dice che gli esempi di sviluppo economico duraturo si assomigliano tutti e coincidono con conti sostenibili,bassa inflazione e Stato leggero. Il resto dura poco, si tratta di fiammate effimere che precedono tonfi pesanti.
    Guarda la questione del regime di cambi nella CEE/UE è una questione seria. Se vuoi avere un'area con una profonda integrazione commerciale, che specialmente per i Paesi più piccoli e interconnessi è una scelta obbligata, devi trovare un modo per stabilizzare i tassi di cambio. I regimi di cambio fissi mantendendo comunque valute autonome hanno il vantaggio di consentire riallineamenti in caso di estrema necessità. La moneta unica consente di abbattere il rischio di cambio, far convergere i tassi di interesse ed evitare la speculazione sulle valute, ma ti toglie flessibilità e strumenti di politica economica. Pesare pro e contro dei vari sistemi non è un esercizio semplice né scontato, oggi è evidente come i rischi della moneta unica fossero stati drammaticamente sottovalutati.

    Gli aggiustamenti dopo shock strutturali dal lato dell'offerta diventano oggettivamente molto più difficili nella moneta unica, vedi Finlandia negli ultimi anni, non sono un paese mediterraneo con deficit, corruzione e inflazione nell'anima ma hanno avuto grossi problemi comunque. Che questo tipo di aggiustamenti siano sempre difficili e dolorosi non ci piove. Ma il contesto macroeconomico e istituzionale può supportarlo oppure renderlo più difficile. Così come è l'UE adesso è un sistema estremamente rigido e rende tutto più difficile.
    La risposta ovvia sarebbe una maggiore integrazione europea, con un bilancio comune in grado di assorbire gli shock asimmetrici e una convergenza normativa, fiscale, ecc ecc. Servirebbe anche riconoscere il fatto che non si può avere una economia grande come l'eurozona senza meccanismi di stabilizzazione della domanda, la Germania per tutto il dopoguerra si è affidata alla domanda estera come traino per l'economia, dentro l'Euro non è sostenibile questo atteggiamento. Mettere insieme 19 piccole economie aperte produce una grande economia chiusa, se guidi un autobus come se stessi guidando una Panda vai a sbattere al primo ostacolo.
    Se ci fosse la volontà politica di superare i limiti istituzionali e la mentalità da piccolo paese che domina in Europa sarebbe la soluzione migliore, ma ogni anno che passa dubito sempre di più che questo sia possibile. Come ho già scritto, restare in mezzo al guado è comunque l'opzione peggiore possibile.

    Quanto al fatto che i periodi di boom economico siano tutti caratterizzati da rigore fiscale e bassa inflazione, è abbastanza scontato che sia così. Se hai un'economia che per ragioni strutturali (demografiche, tecnologiche ecc) ha un elevato tasso di crescita, senza shock dal lato dell'offerta che spingano verso l'alto i prezzi (es. shock petroliferi) mantenere bassa inflazione e abbattere il debito è la cosa giusta da fare. È anche molto più facile mantenere l'equilibrio dei conti, se non ci riesci in quel contesto economico stai veramente governando malissimo. Ma non è garanzia di crescita sostenibile e duratura, che queste caratteristiche corrispondono anche agli anni 20 e agli anni 2000, prima delle più grandi crisi finanziarie dell'ultimo secolo.
    Le ricette Keynesiane invece sono pensate per i periodi in cui c'è una carenza strutturale di domanda, che può verificarsi per svariati motivi. Il discorso di Curzio mi dice come si naviga con il mare calmo e un bel venticello a favore, non cosa fare durante una tempesta.

  4. #22864
    Josh
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Guarda la questione del regime di cambi nella CEE/UE è una questione seria. Se vuoi avere un'area con una profonda integrazione commerciale, che specialmente per i Paesi più piccoli e interconnessi è una scelta obbligata, devi trovare un modo per stabilizzare i tassi di cambio. I regimi di cambio fissi mantendendo comunque valute autonome hanno il vantaggio di consentire riallineamenti in caso di estrema necessità. La moneta unica consente di abbattere il rischio di cambio, far convergere i tassi di interesse ed evitare la speculazione sulle valute, ma ti toglie flessibilità e strumenti di politica economica. Pesare pro e contro dei vari sistemi non è un esercizio semplice né scontato, oggi è evidente come i rischi della moneta unica fossero stati drammaticamente sottovalutati.

    Gli aggiustamenti dopo shock strutturali dal lato dell'offerta diventano oggettivamente molto più difficili nella moneta unica, vedi Finlandia negli ultimi anni, non sono un paese mediterraneo con deficit, corruzione e inflazione nell'anima ma hanno avuto grossi problemi comunque. Che questo tipo di aggiustamenti siano sempre difficili e dolorosi non ci piove. Ma il contesto macroeconomico e istituzionale può supportarlo oppure renderlo più difficile. Così come è l'UE adesso è un sistema estremamente rigido e rende tutto più difficile.
    La risposta ovvia sarebbe una maggiore integrazione europea, con un bilancio comune in grado di assorbire gli shock asimmetrici e una convergenza normativa, fiscale, ecc ecc. Servirebbe anche riconoscere il fatto che non si può avere una economia grande come l'eurozona senza meccanismi di stabilizzazione della domanda, la Germania per tutto il dopoguerra si è affidata alla domanda estera come traino per l'economia, dentro l'Euro non è sostenibile questo atteggiamento. Mettere insieme 19 piccole economie aperte produce una grande economia chiusa, se guidi un autobus come se stessi guidando una Panda vai a sbattere al primo ostacolo.
    Se ci fosse la volontà politica di superare i limiti istituzionali e la mentalità da piccolo paese che domina in Europa sarebbe la soluzione migliore, ma ogni anno che passa dubito sempre di più che questo sia possibile. Come ho già scritto, restare in mezzo al guado è comunque l'opzione peggiore possibile.

    Quanto al fatto che i periodi di boom economico siano tutti caratterizzati da rigore fiscale e bassa inflazione, è abbastanza scontato che sia così. Se hai un'economia che per ragioni strutturali (demografiche, tecnologiche ecc) ha un elevato tasso di crescita, senza shock dal lato dell'offerta che spingano verso l'alto i prezzi (es. shock petroliferi) mantenere bassa inflazione e abbattere il debito è la cosa giusta da fare. È anche molto più facile mantenere l'equilibrio dei conti, se non ci riesci in quel contesto economico stai veramente governando malissimo. Ma non è garanzia di crescita sostenibile e duratura, che queste caratteristiche corrispondono anche agli anni 20 e agli anni 2000, prima delle più grandi crisi finanziarie dell'ultimo secolo.
    Le ricette Keynesiane invece sono pensate per i periodi in cui c'è una carenza strutturale di domanda, che può verificarsi per svariati motivi. Il discorso di Curzio mi dice come si naviga con il mare calmo e un bel venticello a favore, non cosa fare durante una tempesta.
    Ti dice anche che si può vivere senza svalutazioni,cercando la via alta della competitività, basata su produttività e sostenibilità dei conti pubblici. Gli esempi in giro per il mondo ci sono,dal Belgio al Cile.Se poi gli elettorati scelgono formazioni che hanno in mente di fare le navi pirata,condanneranno sé e le generazioni a seguire ad un avvenire argentino.

  5. #22865
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Poi se pensi che non debbano mai tornare al livello di attività economica precedente faremmo meglio a dimezzargli il debito, tanto così com'è ora non lo potranno mai restituire.
    E' più o meno quel che è stato fatto nel 2012, solo che non è bastato.
    "In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."

  6. #22866
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Josh Visualizza Messaggio
    Ti dice anche che si può vivere senza svalutazioni,cercando la via alta della competitività, basata su produttività e sostenibilità dei conti pubblici. Gli esempi in giro per il mondo ci sono,dal Belgio al Cile.Se poi gli elettorati scelgono formazioni che hanno in mente di fare le navi pirata,condanneranno sé e le generazioni a seguire ad un avvenire argentino.
    Il Belgio ha svalutato il franco nel 1982 quando ha iniziato la sua strategia di risanamento, anche per questo ha funzionato. Dopo aver riallineato il tasso di cambio reale sono stati ben attenti ad evitare differenziali di inflazione con la Germania che vanificassero la svalutazione.
    Il Cile non capisco a cosa tu ti riferisca, fino al 2000 hanno svalutato a ripetizione rispetto al dollaro americano.

    Comunque continui a non capire il punto fondamentale del mio discorso.
    È indubbio che si possa vivere senza svalutazioni, se hai una economia ben gestita e non ti capitano shock esterni devastanti. Ma una volta che ti ritrovi con un tasso di cambio fortemente sopravvalutato rispetto ai fondamentali della tua economia, indipendentemente dalle cause, è difficilissimo rimediare. Il costo economico può facilmente diventare proibitivo.

  7. #22867
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da nevearoma Visualizza Messaggio
    E' più o meno quel che è stato fatto nel 2012, solo che non è bastato.
    Troppo poco, troppo tardi. Dicevo letteralmente dimezzare, non un piccolo taglio del solo debito detenuto dai privati.

  8. #22868
    Josh
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Il Belgio ha svalutato il franco nel 1982 quando ha iniziato la sua strategia di risanamento, anche per questo ha funzionato. Dopo aver riallineato il tasso di cambio reale sono stati ben attenti ad evitare differenziali di inflazione con la Germania che vanificassero la svalutazione.
    Il Cile non capisco a cosa tu ti riferisca, fino al 2000 hanno svalutato a ripetizione rispetto al dollaro americano.

    Comunque continui a non capire il punto fondamentale del mio discorso.
    È indubbio che si possa vivere senza svalutazioni, se hai una economia ben gestita e non ti capitano shock esterni devastanti. Ma una volta che ti ritrovi con un tasso di cambio fortemente sopravvalutato rispetto ai fondamentali della tua economia, indipendentemente dalle cause, è difficilissimo rimediare. Il costo economico può facilmente diventare proibitivo.
    Mi riferisco al fatto che il Cile ha conti molto in ordine, diametralmente all'opposto dei cugini argentini. Ad ogni modo, alla fine di questa lunga chiacchierata, sappiamo benissimo entrambi che nessun Paese dell'Europa del sud può uscire dalla moneta unica senza un bagno di sangue, quindi le energie andrebbero spese per capire come restarci nel migliore dei modi.

  9. #22869
    Josh
    Ospite

    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?


  10. #22870
    Josh
    Ospite

    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    @snowaholic , quando il Belgio ha svalutato io avevo tre anni e 21 quando il Cile ha smesso di svalutare sul dollaro. È passato un tantino di tempo,non trovi? Né il Belgio,né la Spagna, né il Portogallo,né l'Eire sono usciti dall'euro,quindi anche senza svalutare si può restare in vita, pagando i prezzi che ciò comporta .Chissà, forse potrebbe farcela persino l'Italia, specialmente se elettori & eletti la smettessero una volta per tutte di guardare ai bei tempi andati. Ma questa è un'altra storia.

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