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  1. #22961
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Friedrich 91 Visualizza Messaggio
    Non voglio difendere Padoan, ma questa avversione per l'austerità, che leggo non solo da te ma da moltissimi altri "opinionisti" anche rispettabili, francamente faccio fatica a capirla.

    Austerità può voler dire due cose: tagli alla spesa pubblica e alle tasse, oppure aumento della tassazione più rapido della crescita della spesa pubblica (ma con entrambi le voci crescenti).

    Bene: in Italia l'austerità fatta di più tasse l'abbiamo sperimentata sotto il governo Monti e il governo Letta (ma più in generale sotto moltissimi governi dal 1992 ad oggi), e abbiamo perfettamente visto come significhi curare la malattia ammazzando il paziente, ma l'austerità fatta di tagli alla spesa e alle tasse in Italia non si è mai vista.

    L'abbiamo vista invece in Portogallo, Irlanda e in parte in Gran Bretagna e nella Spagna (dico in parte perché in realtà sia la GB che la Spagna hanno fatto anche deficit) e da quelle parti gli effetti sortiti sono stati decisamente migliori.

    Quindi: più che l'austerità in sé il problema mi sembra sia chi deve pagare il conto. Il settore produttivo privato o il pubblico. Visto che la crisi, o meglio il declino perché parlare di crisi per l'Italia non ha senso, l'ha causato il settore pubblico tramite indebitamento a iosa, chi deve pagarne il conto è il settore pubblico, secondo la logica.
    Una volta spiegato il discorso generale qualche precisazione mi sembra comunque d'obbligo.

    1) Come ho già detto in altre occasioni, prima della crisi i bilanci pubblici dei vari Stati europei erano tutti in buone condizioni, con la solita eccezione della Grecia. La Grande Recessione è stata interamente causata da cattivi comportamenti del settore privato negli USA e in alcuni Paesi Europei. Poi nella tempesta chi era più vulnerabile ha avuto la peggio anche se non aveva contribuito a generarla come nel nostro caso.
    L'Italia e il Portogallo avrebbero potuto arrivare più preparati alla crisi anche sul fronte dei conti pubblici, ma per entrambi il problema principale era la scarsa crescita della produttività e continua ad esserlo ora.

    2) I risultati economici degli Stati europei negli ultimi dieci anni sono stati terrificanti con poche eccezioni. Possiamo chiamare successo una ripresina dopo un decennio (in qualche caso un ventennio) completamente persi, ma ripeterlo non lo fa diventare vero.
    Gli effetti dell'austerità sono stati sostanzialmente gli stessi da tutte le parti, con una doppia recessione che ha colpito solo l'Europa, in proporzione a quanto è stato forte l'aggiustamento dei conti pubblici.
    http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2013/wp1301.pdf

    Dove la dose era veramente massiccia il risultato è stato tracollo economico, disoccupazione di massa, emigrazione di massa, crollo di natalità. Non proprio una ricetta per la sostenibilità dei conti pubblici, specie se si considera che l'invecchiamento della popolazione è una delle problematiche maggiori che dobbiamo affrontare in Europa.
    L'Irlanda almeno è riuscita a limitare i danni perché è una economia talmente piccola e proiettata verso i mercati esteri che non le risulta difficile farsi trainare dalla domanda estera (caso da manuale di moltiplicatore keynesiano basso). Ciò non toglie che hanno pagato un prezzo economico enorme per problemi di bilancio causati esclusivamente dai soldi spesi per salvare le banche (anche tedesche e francesi) e dalla natura molto prociclica delle loro entrate fiscali. Tagli alla spesa pubblica per salvare le banche private, letteralmente. Dopo un po' di anni persi hanno ricominciato a crescere come prima.

    3) Anche sulla riduzione del debito i risultati sono scarsi, perché l'effetto sulla crescita economica è stato molto più forte del previsto. Non ci vuole molto a far prevalere l'effetto negativo della recessione su quello positivo della riduzione della spesa. Danno economico che con tutta probabilità sarà molto persistente.
    Fiscal Policy in a Depressed Economy
    http://www.nber.org/papers/w22374.pdf

    Chi aveva conti pubblici veramente insostenibili continua ad averli (Grecia) chi era al limite (noi e Portogallo) è sempre al limite ma con un rapporto debito/PIL più alto di prima, quelli che avevano principalmente problemi di natura ciclica e partivano da livelli infimi di debito (Spagna e Irlanda) ovviamente sono riusciti a stabilizzare il debito ma su livelli molto alti.

    4) Praticamente nessuno Stato ha contratto la sua spesa pubblica rispetto a prima della crisi. L'austerity ha avuto come unica conseguenza quella di adeguare i livelli di spesa ai terribili risultati economici prodotti dalla cattiva gestione macroeconomica fatta dalle istituzioni europee.
    Ecco il confronto del rapporto spesa/pil tra 2007 e 2016.
    2007 2016

    Euro area (19 countries) 45.3 47.6
    Belgium 48.2 53.2
    Greece 47.1 49.8
    Spain 39 42.2
    France 52.2 56.4
    Italy 46.8 49.4
    Netherlands 42.5 43.4
    Austria 49.2 50.7
    Portugal 44.5 45
    Finland 46.8 56
    United Kingdom 41 41.5


    5) Chiedere chi deve pagare il conto, se il pubblico o il privato, è una domanda priva di senso. Se vuoi semplicemente abbattere la spesa lo pagherà comunque il settore privato, che siano i pensionati, le famiglie o altri. La domanda corretta è quale parte del settore privato vuoi far pagare, se intendi dire che non lo deve pagare il settore produttivo lo potrei anche capire. Ma non puoi farla pagare al "pubblico" semplicemente perché lo stato siamo comunque tutti noi.
    Rendere lo Stato efficiente invece farebbe guadagnare veramente tutti, salvo i parassiti che sulle inefficienze ci mangiano.

  2. #22962
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Friedrich 91 Visualizza Messaggio
    Non voglio difendere Padoan, ma questa avversione per l'austerità, che leggo non solo da te ma da moltissimi altri "opinionisti" anche rispettabili, francamente faccio fatica a capirla.
    @snowaholic si difenderà sicuramente da solo , ma mi pare che la critica non fosse all'austerità in quanto concetto, quanto alla sceltà di perseguire tali politiche nel momento più critico della crisi post-2009. Stringere la cinghia in quel momento era la più classica delle politiche pro-cicliche.
    Non a caso in quel periodo i nostri timonieri dopo aver dilapidato il dilapidabile tra 2001 e 2006 si vantavano di rimanere nei parametri di Maastricht...
    EDIT: vedo che lo ha già fatto.
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
    27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.

  3. #22963
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    5) Chiedere chi deve pagare il conto, se il pubblico o il privato, è una domanda priva di senso. Se vuoi semplicemente abbattere la spesa lo pagherà comunque il settore privato, che siano i pensionati, le famiglie o altri. La domanda corretta è quale parte del settore privato vuoi far pagare, se intendi dire che non lo deve pagare il settore produttivo lo potrei anche capire. Ma non puoi farla pagare al "pubblico" semplicemente perché lo stato siamo comunque tutti noi.
    Rendere lo Stato efficiente invece farebbe guadagnare veramente tutti, salvo i parassiti che sulle inefficienze ci mangiano.
    Aldilà dei conti che si possono leggere facilmente ovunque temo che il nocciolo della questione nel nostro caso sia tutto qui.
    Il conto che noi dobbiamo pagare è veramente salato e prima o poi dovrà essere pagato e più tempo passa peggio è. Tocca di nuovo parafrasare il Seminerio "andrà molto peggio prima che vada meglio".

    Si potrebbe discutere sul "numero di parassiti" (che non vuol dire necessariamente "dipendenti pubblici" come verrebbe facile pensare) che potrebbe essere talmente elevato da generare comunque uno sconquasso se venissero eliminati. .
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
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  4. #22964
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Intanto oggi si apre con spread a 195 p.b (e rendimento a 2.5%).
    Quota 200 è alla portata...
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  5. #22965
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Avrei molto da dire sull'austerità, ma questi due paragrafi mi fanno pensare che il fraintendimento sia molto più profondo e richiedono una spiegazione apposita lasciando da parte temporaneamente il ruolo dello stato. Mi scuso da subito per la lunghezza, ma altrimenti non ci capiremmo mai.

    Innanzitutto non è vero che ciò che vale per il singolo vale anche a livello macro. I consumi di un soggetto diventano redditi dell'altro, i debiti di uno diventano crediti dell'altro, i risparmi di uno diventano gli investimenti dell'altro. Ne consegue che gli effetti del comportamento individuale in aggregato possono facilmente essere paradossali.
    Pensa ad una economia con solo tre soggetti, Tizio, Caio e Sempronio, Ognuno produce un bene specifico e consuma tutti e tre i beni. Se Tizio decide che in un anno vuole risparmiare per qualche motivo e riduce i suoi consumi, la produzione e il reddito degli altri due si riduce di conseguenza. Se anche gli altri due decidono che non vogliono intaccare i loro risparmi ridurranno i loro consumi in proporzione e Tizio vedrà ridursi il suo reddito esattamente di quanto aveva deciso di risparmiare. Non si può risparmiare se qualcun altro non si indebita.
    In una economia reale generalmente si mantiene un equilibrio tra le scelte di consumo e risparmio di una moltitudine di soggetti, evitando il paradosso. Se aumenta il desiderio di risparmio scenderanno i tassi di interesse rendendo meno conveniente il risparmio e più conveniente l'investimento o il consumo. Ma se questa compensazione non funziona, cercare di aumentare i risparmi può essere controproducente.

    Non ha molto senso nemmeno dire che tutte le crisi sono causate da investimenti non coperti da risparmi. Per l'economia nel suo complesso ogni investimento è coperto da un risparmio, tra risparmiatore e investitore c'è il sistema finanziario, ma il risparmio in origine c'è già per definizione. Ci possono essere soggetti che spendono male i loro soldi, sia per consumo o per investimenti, quindi a un certo punto non riescono a far fronte ai loro debiti. (Non è assolutamente l'unico modo di avere una crisi economica, ma per ora atteniamoci a questo tipo di crisi).
    Ma non è questo aspetto di per se che genera una crisi dell'economia reale. I soldi sono stati comunque utilizzati e sono diventati reddito di qualcun altro, se c'è una perdita di tipo finanziario il problema diventa come allocare quella perdita, ma si tratta di questioni di distribuzione della ricchezza, non ha un riflesso diretto sulla produzione economica reale.

    L'economia reale poi viene coinvolta comunque se queste perdite sono di grandi dimensioni, perché il sistema finanziario può risultarne danneggiato oppure perché nel tentativo di ripagare comunque questi debiti le imprese e le famiglie tagliano i loro consumi e i loro investimenti.

    Ma questo non ha nulla a che vedere con la capacità produttiva che rimane in gran parte intatta, quindi c'è concretamente la possibilità di limitare i danni sostenendo la domanda e favorendo la ristrutturazione del sistema finanziario. Queste politiche sono indispensabili anche per evitare che la crisi travolga altri soggetti e settori che con la causa originaria della crisi non c'entrano nulla. Se si lascia precipitare l'economia senza supporto puoi generare tantissimi "investimenti non coperti da sufficienti risparmi", che a priori non lo erano ma che lo possono diventare perché altri hanno fatto davvero investimenti azzardati.

    Questo tipo di crisi porta strascichi lunghi, non tanto perché si sia speso male nel periodo precedente alla crisi ma perché la soluzione di tutte le problematiche legali è complessa e i bilanci di famiglie e imprese devono adattarsi. Ma alla fine le case costruite durante una bolla immobiliare sono state ricomprate a prezzi più bassi da altri soggetti, le infrastrutture costruite durante il boom della new economy sono state riutilizzate da altre aziende, tutto trova un nuovo ordine. Ma senza un supporto sia dalla politica monetaria sia dalla politica fiscale i tempi e i costi economici di questo aggiustamento vengono gonfiati.

    Le crisi recenti sono state di questo tipo, grossi investimenti di tipo finanziario o immobiliare che hanno generato forti perdite ad alcuni soggetti. Nel caso della Grande Recessione la dimensione dello shock alla domanda è stata tale che i tassi di interesse e l'inflazione hanno raggiunto lo zero rendendo inefficace la politica monetaria (trappola della liquidità). A quel punto la base monetaria si scollega completamente dal livello dei prezzi e ci ritroviamo in un mondo molto simile a quello di Tizio, Caio e Sempronio.
    In ultima battuta la crisi va a colpire anche le entrate fiscali e le spese dello stato, generando un aumento del deficit. Se lo Stato cercasse di chiudere subito quel deficit farebbe esattamente come Caio e Sempronio dell'esempio precedente. Cercando di tagliare la spesa o alzare le tasse ci si tira la zappa sui piedi facendo crollare il PIL, le entrate fiscali e facendo esplodere il rapporto debito/pil (senza i drammatici errori commessi dalle istituzioni europee il debito italiano sarebbe già stato stabilizzato nel 2011 al 116%).
    Per fortuna gli stati moderni possono fare il contrario e assorbire almeno in parte il calo della domanda. Stare in trappola della liquidità consente agli stati di finanziarsi a tassi molto bassi e alle banche centrali di produrre base monetaria senza generare inflazione, quindi sarebbero in una condizione ideale per promuovere la crescita.
    Negli USA hanno capito benissimo la situazione e si sono ripresi piuttosto bene nonostante il disastro fosse partito da casa loro, in Europa ha prevalso l'ossessione per una inflazione inesistente e impossibile (rialzo dei tassi della BCE nel 2011) e per un rigore dei conti pubblici che era assolutamente controproducente in quel momento.

    Sottolineo che questo non ha nulla a che vedere con le preferenze sul livello complessivo della spesa pubblica o sulla necessità di risanare i conti pubblici nel lungo termine.
    È legittimo pensare che ridurre la spesa porti altri effetti positivi nel lungo termine, anche se paesi nordici dovrebbero insegnare che l'unica cosa davvero importante è l'efficienza della spesa stessa. Ma tagliare la spesa durante una depressione economica nel breve temine è più recessivo che aumentare le tasse, questo è un dato di fatto ormai abbastanza condiviso tra gli economisti.
    Hai una visione che è perfettamente in linea con quella keynesiana che viene ripetuta a pappagallo nelle università di economia e che pure a me hanno insegnato.

    L'idea di fondo è che la domanda degli individui generi l'offerta e quindi la produzione, ma allora ti chiedo: cosa permette ad un individuo di domandare beni e servizi? Il fatto di avere un reddito giusto? Se non ha un reddito come fa a spendere?

    Bene allora ti chiedo: questo reddito da dove può venire? Solo dalla produzione. Se non si aumenta la produzione di beni e servizi non si può pensare di aumentare la capacità di spesa. E per aumentare la produzione di beni e servizi occorre aumentare l'accumulazione di capitale, ovvero il risparmio.

    In altre parole è valida la legge di Say, ossia è sempre l'offerta ciò che crea la domanda. Questo perché gli individui hanno una quantità di bisogni potenzialmente infinita: il compito degli imprenditori è esattamente quello di capire quali bisogni sono più sentiti e come soddisfarli al meglio. L'unica cosa che realmente frena gli individui dal consumare è il reddito. Ma per aumentare il reddito occorre aumentare la produzione. Più produzione/offerta -> più reddito -> più domanda.

    Quanto al sottolineato ti faccio notare quello che ho appena scritto sul compito degli imprenditori. Se il loro compito è capire come si muoverà la domanda di beni e dunque allocare le risorse in un modo ben preciso, perché improvvisamente, durante una crisi, la quasi totalità degli imprenditori si trova in perdita? In una situazione "normale" ci dovranno essere imprenditori che hanno fatto scelte giuste, e che hanno quindi profitti, e altri che hanno sbagliato, e che sono quindi in perdita. Eppure durante una crisi assistiamo a perdite praticamente ovunque o quasi.

    Il motivo per cui tutti gli imprenditori sbagliano deve per forza essere legato all'alterazione dell'unico fattore produttivo che hanno tutti in comune: la moneta. La moneta viene gestita dalla banca centrale, e quando prima mi riferivo a investimenti non coperti da risparmi intendevo proprio questo. La banca centrale creando denaro dal nulla ed espandendo quindi il credito, fa si che il credito totale sia superiore ai risparmi disponibili.

    Quando Draghi ha deciso di attuare il QE per esempio, o Bernanke ha deciso di fare lo stesso in America, hanno attuato tale scelta in modo puramente arbitrario. Il denaro è soggetto oggi ad una pianificazione economica che nulla ha da invidiare a quella dell'Unione Sovietica (e che sta producendo gli stessi identici disastri, salvo poi dare la colpa al neoliberismo da parte degli stessi autori di tali disastri ).

    La cosa però più importante è che una volta che si espande il credito sulla base di denaro creato dal nulla (fiat money), questo abbassa il tasso di interesse portandolo al di sotto del valore di mercato (il valore che si aveva prima della creazione di denaro dal nulla). A questo punto, come hai notato anche te, il tasso di interesse dovrebbe riflettere la propensione al risparmio nell'economia, ma essendo alterato riflette un dato erroneo.

    Indica agli imprenditori che la propensione al risparmio è aumentata, ma non è così, o quantomeno non in quella quantità. E dunque gli imprenditori cosa faranno? Vedendo tale dato ovviamente allungheranno i tempi della produzione, investendo non per il consumo diretto (dato che un calo del tasso di interesse segnala una ridotta propensione al consumo), bensì per il consumo futuro, in altre parole acquisteranno immobilizzazioni e beni capitali necessari per aumentare la produzione domani, quando la propensione al consumo riprenderà a crescere.

    Questo porta esattamente a quello che hai evidenziato te: un accumulo di investimenti nel settore immobiliare, nel mercato azionario, in tutti quei settori che danno un ritorno di lungo periodo in sostanza. Ma le esigenze degli individui sono diverse, e non vengono soddisfatte. Si accumulano pertanto errori su errori, dovuti a segnali di prezzo erronei (il tasso di interesse alterato). L'accumulazione di errori va avanti finchè va avanti il credito. Poi subentra la crisi.

    Ma a questo punto, come puoi intuire, intervenire durante la crisi espandendo il credito e aumentando la spesa pubblica serve a dare una "boccata di ossigeno" ma non risolve il problema principale. Gli investimenti erronei restano, non vengono liquidati e anzi se ne aggiungono altri. Si va avanti ancora dopodiché la crisi successiva sarà ancora più pesante perché l'ammontare di capitale consumato con investimenti sbagliati, basati su una alterazione dei segnali di prezzo, sarà ancora più elevato.

    Se invece si lasciasse liquidare gli investimenti erronei e dare il tempo al mercato di correggersi, in breve tempo il capitale verrebbe riallocato in modo ottimale e si avrebbe una VERA ripresa. Per farlo c'è un solo modo: lo Stato deve tagliarsi fuori, ridurre il proprio "peso" sugli imprenditori, tagliando la spesa pubblica E le tasse in modo contemporaneo. In modo tale che gli imprenditori possano aumentare i risparmi più rapidamente e ri-orientare la produzione in un modo più corretto.

    Ci sono evidenze storiche a supporto di quel che sto dicendo? Assolutamente si.

    Negli Stati Uniti, fino agli anni '20, la totalità delle crisi economiche ha sempre seguito questo filone. Nessuna crisi economica, prima della Grande Depressione, aveva superato 1-2 anni in termini di durata e nessuna aveva visto la disoccupazione crescere a livelli elevati. Nel 1920-21 ci fu una crisi non indifferente, che venne risolta nell'arco di un anno appena nello stesso modo: lo Stato tagliò le tasse E la spesa pubblica assieme.

    Quando invece iniziò la Grande Depressione, anch'essa causata da espansione del credito e alterazione dei tassi di interesse, la soluzione che si scelse di adottare fu opposta: più spesa pubblica, più debito, più tasse sui ricchi e più protezionismo (vedi tariffe Smoot-Hawley).

    Il risultato fu la catastrofe che sappiamo: la fittizia ripresa che si ebbe nel periodo 1933-37, peraltro con la disoccupazione mai scesa sotto il 10%, fu della stessa natura della ripresa 2002-2007. Basata su investimenti erronei e su una distruzione del capitale. Nel 1938-39 arrivò puntuale una nuova crisi e di colpo il tasso di disoccupazione tornò ai livelli precedenti l'elezione di Roosevelt.

    Identica sorte ha la ripresa attuale. Durerà finchè dura l'espansione del credito, che, ti faccio notare, è a livelli senza precedenti nella storia dell'umanità. Appena terminerà avremo una nuova recessione più grave di quella del 2008. A quel punto come al solito ci potranno essere due strade. O si lascia perdere una volta per tutte la pianificazione monetaria, oppure si continuerà a fare gli stessi errori di prima, preparando una crisi ancora più grave.
    «L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)

  6. #22966
    Josh
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da FunMBnel Visualizza Messaggio
    @snowaholic si difenderà sicuramente da solo , ma mi pare che la critica non fosse all'austerità in quanto concetto, quanto alla sceltà di perseguire tali politiche nel momento più critico della crisi post-2009. Stringere la cinghia in quel momento era la più classica delle politiche pro-cicliche.
    Non a caso in quel periodo i nostri timonieri dopo aver dilapidato il dilapidabile tra 2001 e 2006 si vantavano di rimanere nei parametri di Maastricht...
    EDIT: vedo che lo ha già fatto.
    Sicuramente. Il risanamento si sarebbe dovuto fare nella prima parte degli anni Duemila, con l'economia che tirava

  7. #22967
    Josh
    Ospite

    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Sta bene, @snowaholic e @Friedrich: siete proprio di due scuole di pensiero economico opposte Entrambi molto preparati. Complessivamente la penso come @Friedrich ma tengo in debita considerazione alcuni argomenti di @snowaholic

  8. #22968
    Josh
    Ospite

    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Penso anche che Draghi non potesse agire diversamente, senza il QE l'eurozona non avrebbe retto. Almeno ha comprato tempo. Tutto lascia pensare che questo tempo non sia stato speso bene e che i nodi verranno al pettine. Ma, e lo dico a @Friedrich , non possiamo imputare ciò a Draghi.

  9. #22969
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Friedrich 91 Visualizza Messaggio
    Hai una visione che è perfettamente in linea con quella keynesiana che viene ripetuta a pappagallo nelle università di economia e che pure a me hanno insegnato.

    L'idea di fondo è che la domanda degli individui generi l'offerta e quindi la produzione, ma allora ti chiedo: cosa permette ad un individuo di domandare beni e servizi? Il fatto di avere un reddito giusto? Se non ha un reddito come fa a spendere?

    Bene allora ti chiedo: questo reddito da dove può venire? Solo dalla produzione. Se non si aumenta la produzione di beni e servizi non si può pensare di aumentare la capacità di spesa. E per aumentare la produzione di beni e servizi occorre aumentare l'accumulazione di capitale, ovvero il risparmio.

    In altre parole è valida la legge di Say, ossia è sempre l'offerta ciò che crea la domanda. Questo perché gli individui hanno una quantità di bisogni potenzialmente infinita: il compito degli imprenditori è esattamente quello di capire quali bisogni sono più sentiti e come soddisfarli al meglio. L'unica cosa che realmente frena gli individui dal consumare è il reddito. Ma per aumentare il reddito occorre aumentare la produzione. Più produzione/offerta -> più reddito -> più domanda.
    Produzione e reddito sono determinati congiuntamente, sono due facce della stessa medaglia. È una questione contabile prima che di teoria economica, il PIL dal lato della produzione e quello dal lato dei redditi sono due modi di rappresentare lo stesso fenomeno.
    Il problema, come mostravo nell'esempio semplificato di Tizio Caio e Sempronio (dove la moneta potrebbe anche non esserci affatto), è che le scelte individuali non sono necessariamente coordinate. Chi ha il reddito potrebbe non volerlo spendere e chi vorrebbe spendere potrebbe non avere reddito. Non è affatto vero che l'unica cosa che freni dal consumo sia il reddito, gli individui possono voler risparmiare per mille motivi (per accumulare ricchezze, per i figli, perché progettano spese maggiori in futuro, la lista potrebbe essere lunga). Se il reddito è concentrato in mano a persone che hanno come primo obiettivo quello di accumulare ricchezze e quindi la domanda per i consumi è bassa, per quale motivo gli imprenditori dovrebbero investire in maggiore capacità produttiva?

    La legge di Say assume a priori che questo problema non sussista, ma è una assunzione molto forte e priva di fondamento teorico ed empirico.
    Inoltre, chi ha già redditi molto elevati è particolarmente propenso a risparmiare, motivo per cui l'aumento delle disuguaglianze è probabilmente causa comune della situazione attuale e della Grande Depressione.

    Quanto al sottolineato ti faccio notare quello che ho appena scritto sul compito degli imprenditori. Se il loro compito è capire come si muoverà la domanda di beni e dunque allocare le risorse in un modo ben preciso, perché improvvisamente, durante una crisi, la quasi totalità degli imprenditori si trova in perdita? In una situazione "normale" ci dovranno essere imprenditori che hanno fatto scelte giuste, e che hanno quindi profitti, e altri che hanno sbagliato, e che sono quindi in perdita. Eppure durante una crisi assistiamo a perdite praticamente ovunque o quasi.
    E chi dice che siano gli imprenditori che sbagliano? Perché finiscano tutti in perdita l'ho già spiegato, basta che un singolo settore faccia scelte sbagliate per innescare il meccanismo della crisi economica attraverso la distruzione della domanda. Forse gli imprenditori dovrebbero conoscere alla perfezione tutta l'attività economica mondiale e sapere che un altro settore provocherà una crisi che colpirà anche la domanda per i suoi prodotti? Ovviamente no, l'imprenditore giustamente fa le sue scelte sulla base di ciò che sa riguardo al suo ambito, se la domanda crolla in maniera imprevedibile i suoi investimenti si riveleranno sovradimensionati e quindi in perdita.

    Il motivo per cui tutti gli imprenditori sbagliano deve per forza essere legato all'alterazione dell'unico fattore produttivo che hanno tutti in comune: la moneta. La moneta viene gestita dalla banca centrale, e quando prima mi riferivo a investimenti non coperti da risparmi intendevo proprio questo. La banca centrale creando denaro dal nulla ed espandendo quindi il credito, fa si che il credito totale sia superiore ai risparmi disponibili.

    Quando Draghi ha deciso di attuare il QE per esempio, o Bernanke ha deciso di fare lo stesso in America, hanno attuato tale scelta in modo puramente arbitrario. Il denaro è soggetto oggi ad una pianificazione economica che nulla ha da invidiare a quella dell'Unione Sovietica (e che sta producendo gli stessi identici disastri, salvo poi dare la colpa al neoliberismo da parte degli stessi autori di tali disastri ).

    La cosa però più importante è che una volta che si espande il credito sulla base di denaro creato dal nulla (fiat money), questo abbassa il tasso di interesse portandolo al di sotto del valore di mercato (il valore che si aveva prima della creazione di denaro dal nulla). A questo punto, come hai notato anche te, il tasso di interesse dovrebbe riflettere la propensione al risparmio nell'economia, ma essendo alterato riflette un dato erroneo.

    Indica agli imprenditori che la propensione al risparmio è aumentata, ma non è così, o quantomeno non in quella quantità. E dunque gli imprenditori cosa faranno? Vedendo tale dato ovviamente allungheranno i tempi della produzione, investendo non per il consumo diretto (dato che un calo del tasso di interesse segnala una ridotta propensione al consumo), bensì per il consumo futuro, in altre parole acquisteranno immobilizzazioni e beni capitali necessari per aumentare la produzione domani, quando la propensione al consumo riprenderà a crescere.
    Quindi sarebbe colpa della moneta "a prescindere".
    Il QE è stato intrapreso quando ormai l'economia era già in caduta libera e quando il regime di bolle speculative era già in atto da decenni. Se pensi che sia stata la politica monetaria a creare questo tipo di situazione, devi spiegarmi cosa ci fosse di distorsivo nella politica monetaria degli anni 80-90.
    Veramente non capisco il ragionamento su questo punto. Dobbiamo tornare all'oro?

    Questo porta esattamente a quello che hai evidenziato te: un accumulo di investimenti nel settore immobiliare, nel mercato azionario, in tutti quei settori che danno un ritorno di lungo periodo in sostanza. Ma le esigenze degli individui sono diverse, e non vengono soddisfatte. Si accumulano pertanto errori su errori, dovuti a segnali di prezzo erronei (il tasso di interesse alterato). L'accumulazione di errori va avanti finché va avanti il credito. Poi subentra la crisi.

    Ma a questo punto, come puoi intuire, intervenire durante la crisi espandendo il credito e aumentando la spesa pubblica serve a dare una "boccata di ossigeno" ma non risolve il problema principale. Gli investimenti erronei restano, non vengono liquidati e anzi se ne aggiungono altri. Si va avanti ancora dopodiché la crisi successiva sarà ancora più pesante perché l'ammontare di capitale consumato con investimenti sbagliati, basati su una alterazione dei segnali di prezzo, sarà ancora più elevato.

    Se invece si lasciasse liquidare gli investimenti erronei e dare il tempo al mercato di correggersi, in breve tempo il capitale verrebbe riallocato in modo ottimale e si avrebbe una VERA ripresa. Per farlo c'è un solo modo: lo Stato deve tagliarsi fuori, ridurre il proprio "peso" sugli imprenditori, tagliando la spesa pubblica E le tasse in modo contemporaneo. In modo tale che gli imprenditori possano aumentare i risparmi più rapidamente e ri-orientare la produzione in un modo più corretto.
    Ma si, liquidiamo tutto. È stato già fatto dal 1929 al 1932, non funziona. Perché i valori nominali degli asset finanziari sono appunto valori nominali, se lasci che l'economia collassi collassano anche i valori degli investimenti (reali e finanziari) quindi si aprono voragini nel bilancio di tutti e il valore del debito privato in termini reali esplode. Aggiungi la rigidità dei salari verso il basso e non ottieni alcuna riallocazione ottimale, solo una Grande Depressione.

    Anche se lo stato tagliasse la spesa pubblica (quindi la domanda) e gli imprenditori usassero quei soldi per aumentare il proprio risparmio, il reddito cadrebbe nella stessa misura. È proprio difficile da capire?

    Ci sono evidenze storiche a supporto di quel che sto dicendo? Assolutamente si.

    Negli Stati Uniti, fino agli anni '20, la totalità delle crisi economiche ha sempre seguito questo filone. Nessuna crisi economica, prima della Grande Depressione, aveva superato 1-2 anni in termini di durata e nessuna aveva visto la disoccupazione crescere a livelli elevati. Nel 1920-21 ci fu una crisi non indifferente, che venne risolta nell'arco di un anno appena nello stesso modo: lo Stato tagliò le tasse E la spesa pubblica assieme.

    Quando invece iniziò la Grande Depressione, anch'essa causata da espansione del credito e alterazione dei tassi di interesse, la soluzione che si scelse di adottare fu opposta: più spesa pubblica, più debito, più tasse sui ricchi e più protezionismo (vedi tariffe Smoot-Hawley).

    Il risultato fu la catastrofe che sappiamo: la fittizia ripresa che si ebbe nel periodo 1933-37, peraltro con la disoccupazione mai scesa sotto il 10%, fu della stessa natura della ripresa 2002-2007. Basata su investimenti erronei e su una distruzione del capitale. Nel 1938-39 arrivò puntuale una nuova crisi e di colpo il tasso di disoccupazione tornò ai livelli precedenti l'elezione di Roosevelt.

    Identica sorte ha la ripresa attuale. Durerà finché dura l'espansione del credito, che, ti faccio notare, è a livelli senza precedenti nella storia dell'umanità. Appena terminerà avremo una nuova recessione più grave di quella del 2008. A quel punto come al solito ci potranno essere due strade. O si lascia perdere una volta per tutte la pianificazione monetaria, oppure si continuerà a fare gli stessi errori di prima, preparando una crisi ancora più grave.
    Questo è decisamente un falso storico. Prima della Grande depressione ci furono moltissime crisi economiche e finanziarie (es la lunga depressione dal 1873 al 1896), non c'è dubbio alcuno sul fatto che la volatilità dell'attività economica sia enormemente ridotta nella seconda metà del XX secolo. Se non saliva la disoccupazione era principalmente perché la forza lavoro era prevalentemente agricola, non qualificata e ai limiti della sussistenza.

    Inoltre, il parallelo con la Grande depressione è totalmente sbagliato. La risposta alla crisi del 20-21 fu esattamente ciò che pose le premesse per la crisi del 1929, gonfiando bolle speculative mostruose in tutti i settori, analogamente al periodo pre-2008. Nel 1929 il governo Hoover non fece spesa pubblica e non ci furono forti stimoli monetari, solo dopo l'elezione di Roosvelt nel 1933 furono fatte politiche espansive. La crisi del 1938 guarda caso coincise con le misure di austerity varate da Roosvelt quando pensò che la ripresa fosse sufficientemente solida. Non molto diversa dalla doppia recessione europea.
    Poi in quel caso arrivò la guerra che produsse un reset totale dell'attività economica e un livellamento delle disuguaglianze come non potrebbe mai avvenire in tempo di pace e l'economia conobbe un boom senza precedenti con l'aliquota marginale sul reddito al 92%.

    Le opinioni te le posso anche passare tutte, i fatti storici sono inconfutabili.
    Ultima modifica di snowaholic; 22/05/2018 alle 10:36

  10. #22970
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da FunMBnel Visualizza Messaggio
    Intanto vedo che stiamo chiudendo un'altra ottima giornata: questa mattina quando si perdeva meno dell'1% era lo stacco dei dividendi, ora siamo a -1.6%. Stan staccando un sacco di dividendi...
    Spread salito a 182 p.b. e rendimento a 2.37
    Fortunatamente, come dice @snowaholic, è stata aumentata la durata del debito, ma dei rifinanziamenti a breve non potremo comunque fare a meno e se continua così non ci vorrà molto prima che anche sul breve ricomincino a salire i tassi.
    Da notare che, al contrario del 2011, al momento c'è tensione nonostante il QE ancora in corso...
    Ancor prima di iniziare col governo :D

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    prospetticamente le carte mostrano una potenziale tendenza verso alte potenzialità di prospettiva....

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