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  1. #23621
    Uragano L'avatar di FunMBnel
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Ma ad oggi l'Unione Europea non ha fatto nulla per valorizzare il ruolo internazionale della sua valuta, anzi pare che non abbia nessuna intenzione di farlo. Continua a muoversi e a ragionare come un ammasso di piccoli Stati che guardano solo al loro ristretto interesse nazionale, tanto in politica economica quanto in politica estera.
    Ahimè fino ad oggi è stato tristemente vero.
    Vediamo se la paura degli estremismi fa accelerare il processo di integrazione che, come più volte si è detto anche qui, è erroneamente iniziato dal tetto anzichè dalle fondamenta.
    O se invece lo fa saltare in aria definitivamente...
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
    27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.

  2. #23622
    Uragano L'avatar di FunMBnel
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Articolo interessante comparso oggi su LaVoce.info e che rimanda ad un paper pubblicato su Banca d'Italia.

    Imprese e produttivita: quanto conta l’evasione fiscale

    https://www.bancaditalia.it/pubblica...?language_id=1

    Niente di nuovo concettualmente parlando, ma è bello vederlo riassunto e quantificato in un unico posto.
    Interessante anche l'osservazione sul ruolo dell'evasione fiscale nel limitare l'incremento di produttività.
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  3. #23623
    Josh
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Produttivita, maglia nera per l'Italia. Aziende in crisi e calo dei consumi

    "Il paradosso dell'era digitale", dice l'Ocse. Quel fenomeno per cui siamo sempre più tecnologici. Ma anche meno produttivi. Viviamo coinvolti da continue innovazioni hi tech che investono sistemi di produzione e servizi sofisticati della new economy che stanno radicalmente cambiando i nostri modi di lavorare, vivere, consumare, comunicare. Eppure la produttività (e cioè, in sintesi, quanto produciamo per ogni ora lavorata) rallenta. E la crescita delle aree più industrializzate del mondo è sempre meno impetuosa. Recenti dati Ocse, appunto, dicono che fra il 1970 e la fine del Novecento la produttività aumentava tra l'1,5 e il 2,5% all'anno: innovazioni, nuove macchine, il boom dell'informatica. Poi, proprio in contemporanea con la diffusione dell'economia digitale, ecco una frenata della crescita. Adesso si prevede che proprio negli Usa, patria dell'innovazione hi tech, nel 2016 per la prima volta in trent'anni, la produttività sia destinata a diminuire, dopo aver rallentato, tra il 2004 e il 2014, fino all'1,12%. In Germania, la locomotiva industriale europea, dalla crescita della produttività dell'1,90% negli anni Ottanta si è passati allo 0,86% della media 2004-2014. Tendenza analoga anche in Corea: dal 7% al 3,58%, sempre nei periodi considerati.
    Cosa sta succedendo? Due le possibili spiegazioni. O le nuove tecnologie non hanno ancora fatto sentire tutti i loro effetti (nell'industria, ma anche nel mondo della finanza, delle assicurazioni, dei servivi). O, dentro quel "paradosso digitale" di cui abbiamo parlato, stiamo cominciando a vivere una nuova stagione di bassa crescita ("una grande stagnazione", azzardano pessimisti alcuni economisti). È una questione complessa, su cui si arrovellano uomini di governo dell'economia, studiosi, imprenditori e banchieri. Probabilmente, siamo alla fine di un lungo ciclo economico di sviluppo. E proprio adesso, nei paesi Ocse, quelli tradizionalmente più forti e industrializzati, ci si deve cominciare ad abituare a produttività più ridotte e a crescite minori, con le tecnologie digitali innovative che giocano non sulla quantità ma sulla qualità dello sviluppo, sulla sostenibilità dell'economia, su migliori condizioni di vita. Un "cambio di paradigma". Una "metamorfosi" che investe imprese e società. Il dibattito è aperto.
    L'Italia, in questo quadro, come abbiamo detto, racconta una storia particolare, negativa. Perché, pur in un quadro generale di rallentamento e di crisi, da noi va peggio che altrove. Guardando gli indici della produttività del lavoro dal 1990 a oggi (facendo base 100 del valore aggiunto per ora lavorata nel 2000), si scopre che l'Italia ha conosciuto una crescita sino appunto al 2000, per poi rimanere, in quindici anni, sempre a quota 100 (con una punta negativa di 98, nel 2009, nel cuore della Grande Crisi) mentre gli Usa sono saliti a quota 124, la Germania e la Spagna a 116, la Francia a 114. Paghiamo, è vero, le conseguenze negative dell'improduttività della pubblica amministrazione, le carenze delle giustizia e del fisco, la bassa qualità delle infrastrutture, i limiti degli investimenti publici in ricerca, formazione e innovazione (ne abbiamo già parlato in uno dei blog precedenti). Ma se andiamo a guardare l'andamento della produttività del lavoro per settori, scopriamo (elaborazioni Assolombarda su dati Ocse) che nella manifattura (un'eccellenza italiana), facendo sempre base 100 nel 2000, in Italia si cresce a 117, dunque molto di più della media nazionale, ma meno della Francia (149), della Spagna (134) e della Germania (133). E anche negli altri settori industriali, come l'Ict (Information and comunication technology), al 131 dell'Italia corrisponde il 163 della Germania, il 152 della Francia e il 137 della Spagna. Pure nell'industria, insomma, la produttività dei concorrenti è migliore della nostra. Peggiore (e sotto la media nazionale) la produttività dei servizi professionali: 68, rispetto al 99 francese e all'82 tedesco. Con tutti gli effetti negativi sulla produttività dell'industria.
    Perché va male? A parte le inflenze negative di sistema cui abbiamo accennato, anche "per un mismatch delle competenze", sostiene l'Assolombarda, per un "disallineamento" tra quello che i lavoratori sanno fare e quello di cui l'impresa ha bisogno (dunque una grave distorsione nell'impiego della risorsa-lavoro).

  4. #23624
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Beh... Non è mai troppo tardi per sentire qualcosa di semi-sensato, ma i momenti difficili si (ri)avvicinano...

    "La pacchia e finita" - Phastidio.net
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  5. #23625
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  6. #23626
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Eh beh sai, erano gli anni della rivoluzione liberale quelli

    Ci si preparava a fare il c**o a tutti grazie alla super riforma pensionistica di allora
    «L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)

  7. #23627
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    No, ma se da fuori ci danno dei cazzoni è perchè sono cattivi e non capiscono le nostre peculiarità...
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
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  8. #23628
    Josh
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da FunMBnel Visualizza Messaggio
    No, ma se da fuori ci danno dei cazzoni è perchè sono cattivi e non capiscono le nostre peculiarità...
    Siamo ancora più incompresi degli argentini

  9. #23629
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Ma lo spread in salita di oltre il 10% oggi ha qualche motivazione che risiede in qualche altra dichiarazione geniale o è solo un tentativo di recuperare i valori "normali"?
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
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  10. #23630
    Josh
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?


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