Ah ecco. Perché il post precedente mi sembrava tanto uno di quelli del tipo "ridateci la sovranità (monetaria e non solo) e caveremo l'oro dalle rape" .
Io più che altro mi domando se davvero sia conveniente limitare la libertà di movimento di merci e capitali. Più che domandarmelo sono fortemente scettico su questo. Limitare la libertà di scelta delle persone, perché di questo si tratta ed è innegabile, a mio modo di vedere, riduce sempre le loro possibilità di stare meglio.
La globalizzazione amplia il potere degli individui di scegliere e riduce quello degli Stati di obbligare con la forza. Limitare la libertà dei capitali e delle merci fa esattamente il contrario. Perché dunque dovrebbe stare meglio un individuo in un mondo con poca libertà di merci e capitali? Perché il suo Stato può fare quello che gli pare e piace? Dai per scontato che gli Stati funzionino tutti come moderne democrazie occidentali, ma non è affatto così. Nei Paesi poveri, nel periodo pre-globalizzazione gli Stati, con il potere di cui parli te, hanno soltanto peggiorato le condizioni dei rispettivi abitanti. Il perché è ovvio: non c'erano vincoli di alcun tipo.
Se un governo come quello di Mugabe ad esempio, e Dio sa quanti ce ne sono stati di despoti simili nei Paesi poveri, decide di svalutare brutalmente e/o di fare default, chi ha comprato buoni statali, e non si tratta di certo di ricconi brutti e cattivi, perde i risparmi in assenza di libertà di capitali. Se invece c'è libertà di capitali questi tiranni hanno meno potere sulle finanze degli individui. Forse dovremmo iniziare a pensare alla ricchezza non in termini di salari, stipendi, grandezze matematiche, ma prima di tutto come libertà di scelta. L'aumento della propria libertà economica è sempre ricchezza in più.
Sarà pure evidente ma non di tutti i lavoratori. Tu consideri i lavoratori come se fossero un'unica categoria. Negli Stati Uniti ad esempio è visibile che i lavoratori laureati al college dal 1980 in poi hanno ottenuto un aumento dei salari molto più consistente dei lavoratori non laureati (i quali in sostanza hanno visto addirittura una lievissima contrazione dal 1980 a oggi). Come dici tu il problema è quello dei lavoratori non qualificati prima di tutto.
Ma a questo punto io mi chiedo: e quindi? Cosa pensi, che esista un alternativa?
Te la dico io qual è l'alternativa: impedire ai Paesi in via di sviluppo di crescere. Lasciarli alla produzione ed esportazione di materie prime, impedire che evolvano alla manifattura ed evitare così che molte persone di tali Paesi escano dalla povertà.
Perché mi spiace dirlo ma è così: oggi i Paesi del c.d. sud del mondo stanno molto meglio rispetto a 40 anni fa, e molte persone in Cina, Indocina ecc. sono uscite dalla povertà.
Se vuoi che ci escano l'unico modo è fargli scalare i c.d. "industrial ladder". Il che implica passare dall'esportazione di materie prime grezze alla manifattura, ed implica anche che sui salari tu, Paese occidentale, non hai speranza di competere con loro.
La globalizzazione funziona come due vasi comunicanti: quello vuoto si riempie, quello pieno si svuota, finchè non si raggiunge un equilibrio. Si può anche dire che non è giusto che quello pieno si svuoti in parte, perché se no i lavoratori non qualificati come fanno? Benissimo.
Ma allora mi devi spiegare perché quelli che stanno dalla parte del vaso vuoto non hanno il diritto di riempirlo un po' anche loro. Perché loro devono invece rimanere poveri?
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
Dipende da come intendi la massa critica. Se è soltanto una questione di economie di scala in un ipotetico contesto di regressione della globalizzazione già una economia come il Canada può produrre internamente gran parte dei beni di consumo. Magari non avrai un mercato interno che consenta di produrre aerei, per quello tutta Europa si è dovuta mettere insieme, ma sono casi limitati.
La dimensione europea sarebbe la più adeguata, per di più abbiamo anche una tradizione di lungo termine di integrazione commerciale e industriale e moltissimi stati piccolissimi per i quali l'integrazione europea sarebbe comunque indispensabile.
Il Giappone è molto omogeneo politicamente e già adesso ha una economia relativamente chiusa e tecnologicamente avanzata, anche con i suoi 130 milioni di abitanti se la può cavare benissimo da solo. Basta che abbiano accesso alle materie prime, ma quelle non sono mai mancate nemmeno ai tempi dell'URSS.
Sui lavori a basso valore aggiunto ce li hanno anche loro per forza.
Perchè un lavoro a basso valore aggiunto lo fa anche il cinese che costa meno.
La realtà è che o alziamo barriere modello Star Trek e quindi lasciamo che i poveri (oggi magari ex-poveri) tornino ad essere veramente poveri chiusi nel loro mondo o inevitabilmente la competizione a livello globale farà sì che certi tipi di impieghi si svolgano necessariamente dove le poche competenze necessarie costino meno.
Peraltro... Con la rivoluzione "robotica" alle porte è anche possibile che certi tipi di impieghi possano essere svolti eclusivamente da macchine. Questo come li sistemiamo? Impedendo per legge alle aziende di dotarsi di queste tecnologie? Pare 'na battuta, ma il problema si porrà.
Beh, se la nostra evoluzione sociale arriva solo fino al punto che descrivi pazienza. Salterà il sistema e quando verrà ricostruito speriamo che la lezione precedente sia servita a qualcosa. Oppure si ricomincia.
I pomodori 1/10, gli iPhone 1, i televisori 2, i libri 2/10 e quando li sommi tutti io son già emigrato.
Qui però non ti seguo: prima si diventa nazionalisti perchè la globalizzazione ha indotto dinamiche che hanno creato problemi, poi si diventa nazionalisti anche se si torna indietro.
Se volevi indurmi al suicidio ci stai riuscendo.
A questo non risponderò, perchè rischierei di scivolare molto OT.
Quanto alla hard Brexit continuo a pensare che questo è stato votato, questo deve essere portato a compimento.
Sugli effetti maggiori o minori non mi esprimo. Per il momento prendo atto delle dichiarazioni di Airbus, per esempio.
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Intanto posso dire che notizie come questa mi rallegrano la giornata?
Effetto dazi: Harley-Davidson sposta alcune produzioni fuori dagli Usa - Repubblica.it
E' giusto che si raccolga sempre quel che si semina. Ci devono essere delle certezze nella vita...
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Che i lavoratori più qualificati non risentano troppo della concorrenza dei Paesi in via di sviluppo è ovvio, non ci sono orde di ingegneri cinesi disposti a lavorare a basso costo. Quindi i lavoratori più qualificati almeno inizialmente hanno beneficiato dei prodotti importati a basso costo senza vedere eroso il proprio potere contrattuale.
Non avevo dubbi che per te la limitazione della sovranità statale fosse un ulteriore vantaggio della globalizzazione
Ma il problema è sempre quello, la libertà è un lusso di chi se lo può permettere, anche nelle economie di mercato. Per chi è in condizioni economiche precarie la percezione non è quella di un mondo pieno di opportunità, ma quella di un mondo in cui il loro lavoro conta pochissimo e il loro voto ancora meno. Non è una questione solo economica, ma di potere. Il potere è sempre più in mano alle grandi multinazionali e alla frazione di individui più ricchi, che lo sfruttano per piegare gli Stati ai loro interessi. Loro si che hanno libertà di scelta.
I despoti però non hanno nulla a che fare con la globalizzazione né in un senso né nell'altro, quelli sono frutto della guerra fredda con USA, URSS e talvolta Cina che appoggiavano il dittatore di turno e alimentavano guerre civili pur di sottrarre uno staterello alla sfera di influenza altrui. Una economia liberalizzata nei PVS non tutela dal malgoverno più di una economia relativamente chiusa, in entrambi i casi l'esito dipende principalmente dalle risorse della società e dalla presenza o assenza di interferenze esterne.
Quello dello sviluppo dei PVS è un argomento valido, ma ci possono essere molte vie di mezzo tra lasciarli nella povertà e l'apertura indiscriminata, che peraltro ha anche creato problemi e crisi finanziarie per i rapidi afflussi e deflussi di capitali.
Se poi ci tieni tanto a far crescere i PVS, perché non fare in modo che si mantenga il consenso per la globalizzazione smettendo di piegare il sistema fiscale dei Paesi industrializzati sempre più a favore di chi già ha redditi elevati? Magari con scelte diverse non si sarebbe arrivati a questo punto, infatti per ora il sistema politico regge di più dove il welfare funziona meglio.
Ma perché dovrebbero regredire i poveri? Una volta che hanno acquisito le competenze, una base industriale e un minimo di mercato interno non tornerebbero a fare i contadini solo perché non possono vendere in occidente.
Di per se non è nemmeno un problema la divisione globale del lavoro, in parte è fisiologica.
Diventa un problema quando fa livellare verso il basso le condizioni di lavoro a favore dei profitti, perché l'impresa avrà sempre un Paese con minori tutele per i lavoratori o con minori tasse in cui spostarsi, mentre un sindacato globale per tutelare i lavoratori è impensabile. Ma non dovresti azzerare il commercio globale per limitare questo fenomeno.
L'automazione è una questione più complicata, ma sotto sotto diventa soltanto un problema di ripartizione tra redditi da capitale e da lavoro. Se effettivamente l'economia non riuscisse a sostituire i lavori eliminati con lavori nuovi si dovrebbe tassare pesantemente il capitale, ma in assenza di una tassa globale si farebbe solo spostare la produzione. Oppure il costo del lavoro dovrebbe scendere così tanto da rendere non competitiva la sostituzione. Per ora il problema non c'è, ma se ci fosse esaspererebbe il problema di cui stiamo parlando.
Con questa logica potresti giustificare anche lo schiavismo.
A parte le battute, magari guadagneresti di più, difficile da prevedere.
Il mio timore è che gli atteggiamenti protezionistici di qualcuno provochino una reazione nazionalista degli altri con crescendo di accuse reciproche e un aumento di conflittualità, con la ricerca del nemico esterno per giustificare il danno economico. È anche uno dei motivi per cui la disgregazione dell'Euro rischierebbe di finire male dal punto di vista politico, tutti darebbero la colpa agli altri e ci sarebbero conflitti enormi su come ripartire i costi della rottura.
Intanto spread a 250.Quello spagnolo è persino in diminuzione.
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