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  1. #23721
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da NoSync Visualizza Messaggio
    Beh, sì e no. Il Delaware non mi sembra molto differente dall'Irlanda, onestamente.
    Il meccanismo è identico, la differenza è la dimensione del fenomeno. Se hai una base federale del 21% che non puoi assolutamente eludere in quel modo la concorrenza fiscale la fai su quel 6-10% di imposte statali, non sull'intero importo. Praticamente 2/3 in meno.

    E in ogni caso volendo gli altri Stati potrebbero contrastare il fenomeno cambiando il loro sistema di tassazione, cosa in parte possibile anche in Europa.
    Delaware as a Tax Haven - The Atlantic

    Se l'UE decidesse di finanziare con una imposta federale analoga a quella americana dei programmi di spesa distribuiti tra Paesi membri in proporzione al PIL il gettito proveniente dall'Irlanda sarebbe enormemente superiore alla spesa effettuata in Irlanda. Gli altri stati sarebbero in grado di compensare l'imposta federale con un calo delle aliquote statali lasciando invariate le aliquote effettive pagate dalle aziende, in Irlanda l'aliquota effettiva crescerebbe enormemente.

  2. #23722
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da virganevosa Visualizza Messaggio
    Verissimo. Ma non so se sia colpa dei "sindacati" oppure semplicemente del fatto che la stragrande maggioranza delle aziende italiane assume ingegneri senza averne realmente bisogno (perchè sono aziende medio/piccole, tradizionali e spesso di carattere artigianale anche se con centinaia di dipendenti). E li assume proprio perchè costano quanto i periti

    Sugli straordinari posso dire che molti dipendenti pretendono di farli per poter integrare il loro misero stipendio. Alla fine, a molti, sta bene così
    La colpa direi che è soprattutto di Confindustria perché, quella descritta da kima, non è altro che l'attualizzazione delle idee di Angelo Costa, che fu alla guida dell'organizzazione per ben tre lustri. Costa non vedeva per l'Italia alcun vero sviluppo industriale, ma solo un tessuto diffuso di piccole e piccolissime aziende a bassissimo valore tecnologico (per lui l'Italia doveva puntare essenzialmente sul tessile, mentre nelle isole e all'estremo Sud pensava che l'economia di sussistenza basata sul latifondo fosse praticamente l'unica possibile). Costa pensava a una competizione basata su un fortissimo dumping salariale, vedeva come la peste bubbonica la qualificazione dei lavoratori (che per lui significava conferire loro maggiore potere contrattuale), riteneva che lo stato non dovesse investire in formazione tecnica ("L'Italia non è un paese per aziende metalmeccaniche") e pensava che i competitor naturali dell'Italia dovessero essere l'India, la Turchia e (non sto scherzando) la Siria...

    Per carità, Costa era una persona integerrima e profondamente onesta, ma era anche una figura anacronistica di "Padrone delle ferriere" per la quale il capitalismo si era fermato agli anni '80 dell'Ottocento. Il problema non era solo la visione di Costa, ma anche quella alternativa della "Sinistra DC", che credeva invece nello sviluppo industriale, di tipo essenzialmente fordista, ma lo vedeva governato completamente (o quasi completamente) dallo Stato, tramite l'IRI di Enrico Mattei. Di fatto l'unico gruppo industriale che cercò una via terza fu la FIAT di Vittorio Valletta e bisogna dire che ci riuscì e non è un caso che i principali distretti industriali dell'Italia nord-occidentale, a partire da quelli del triangolo TO, MI, GE si sviluppano grazie alla FIAT e al suo indotto. Poi, certo, la FIAT all'interno delle dinamiche confindustriali finiva per sostenere le posizioni delle aziende pubbliche, ma questo perché erano le meno lontane dalla sua idea di sviluppo economico, anche perché la mancanza di un'industria pesante avrebbe impedito l'instaurarsi di un'economia di tipo moderno...

    Tuttavia a questa situazione "tarlata" all'origine derivano molti guai del sistema produttivo italiano, non ultima la dicotomia tra grande da una parte e piccolo/piccolissimo dall'altra.
    Ultima modifica di galinsoga; 28/06/2018 alle 10:11

  3. #23723
    Josh
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Ecco una bella dimostrazione degli sconquassi prodotti dal protezionismo commerciale:
    Perché i dazi di Trump rischiano di far esplodere la bolla degli «emergenti» - Il Sole 24 ORE

  4. #23724
    Josh
    Ospite

    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da galinsoga Visualizza Messaggio
    La colpa direi che è soprattutto di Confindustria perché, quella descritta da kima, non è altro che l'attualizzazione delle idee di Angelo Costa, che fu alla guida dell'organizzazione per ben tre lustri. Costa non vedeva per l'Italia alcun vero sviluppo industriale, ma solo un tessuto diffuso di piccole e piccolissime aziende a bassissimo valore tecnologico (per lui l'Italia doveva puntare essenzialmente sul tessile, mentre nelle isole e all'estremo Sud pensava che l'economia di sussistenza basata sul latifondo fosse praticamente l'unica possibile). Costa pensava a una competizione basata su un fortissimo dumping salariale, vedeva come la peste bubbonica la qualificazione dei lavoratori (che per lui significava conferire loro maggiore potere contrattuale), riteneva che lo stato non dovesse investire in formazione tecnica ("L'Italia non è un paese per aziende metalmeccaniche") e pensava che i competitor naturali dell'Italia dovessero essere l'India, la Turchia e (non sto scherzando) la Siria...

    Per carità, Costa era una persona integerrima e profondamente onesta, ma era anche una figura anacronistica di "Padrone delle ferriere" per la quale il capitalismo si era fermato agli anni '80 dell'Ottocento. Il problema non era solo la visione di Costa, ma anche quella alternativa della "Sinistra DC", che credeva invece nello sviluppo industriale, di tipo essenzialmente fordista, ma lo vedeva governato completamente (o quasi completamente) dallo Stato, tramite l'IRI di Enrico Mattei. Di fatto l'unico gruppo industriale che cercò una via terza fu la FIAT di Vittorio Valletta e bisogna dire che ci riuscì e non è un caso che i principali distretti industriali dell'Italia nord-occidentale, a partire da quelli del triangolo TO, MI, GE si sviluppano grazie alla FIAT e al suo indotto. Poi, certo, la FIAT all'interno delle dinamiche confindustriali finiva per sostenere le posizioni delle aziende pubbliche, ma questo perché erano le meno lontane dalla sua idea di sviluppo economico, anche perché la mancanza di un'industria pesante avrebbe impedito l'instaurarsi di un'economia di tipo moderno...

    Tuttavia a questa situazione "tarlata" all'origine derivano molti guai del sistema produttivo italiano, non ultima la dicotomia tra grande da una parte e piccolo/piccolissimo dall'altra.
    Sì,ottima analisi

  5. #23725
    Josh
    Ospite

    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Friedrich 91 Visualizza Messaggio
    Ma certo, il vero comunismo non è mai stato realizzato nella pratica, abbiamo sempre avuto solo delle brutte copie e dei tentativi sbagliati come no? Peccato che il comunismo sia ormai stato provato in tutte le forme possibili ed immaginabili, da quello industriale staliniano, resosi responsabile della morte di milioni di contadini, a quello agrario, e in nessunissima forma abbia prodotto altro che miseria, milioni di morti e impoverimento generalizzato.

    Una volta mi incazzavo, se non altro per rispetto verso le 90 e passa milioni di vittime causate, quando sentivo cantare le lodi di Marx, adesso non riesco neanche più a farlo, poiché ormai ho perso la speranza che in molti riescano a ragionare. Ma visto che, nonostante le nostre divergenze ideologiche, ho rispetto di te e ti considero un utente molto intelligente, voglio credere tu non faccia parte di coloro che dopo n-mila tentativi ancora non riescono a convincersi che se il comunismo ha fallito è perché la sua ideologia è contro la natura umana. E non perché sono stati gli uomini sbagliati ad averlo applicato.

    Ciò detto: ti sei mai chiesto perché i lavoratori hanno potuto ottenere quel che hanno ottenuto in termini di diritti nel mondo occidentale? Io non ho affatto la verità in tasca, però sono convinto che in un sistema capitalista, dove al lavoratore è comunque concesso di cambiare azienda e quantomeno ha la libertà di dire la sua, di manifestare ecc., il lavoratore abbia di per sé più potere contrattuale rispetto ad una società pianificata. Dove o le cose ti piacciono così oppure taci e non aprire bocca.

    Per farla breve ritengo che Marx ha sbagliato previsione proprio perché, come molti qua dentro, ha erroneamente ritenuto che la libertà ce l'avessero solo i padroni, nel capitalismo. Mentre ce l'avevano anche i lavoratori, e questo ha fatto si che i lavoratori dell'Inghilterra o dell'Italia, non quelli della Cina Maoista o della Corea del Nord, potessero ottenere più diritti. In un sistema socialista in cui comandava un lider maximo se lo sarebbero sognati.

    In compenso Von Mises, quando nel 1920 previde il tracollo del socialismo per l'impossibilità di fare il calcolo economico in un economia pianificata, non sbagliò affatto...ma a scuola non si studia e nelle facoltà economiche (più grave) nemmeno


    1) Per la miseria, addirittura. Io, che reputo di essere andato a scuola con persone normalissime, da quel che vedo dei miei coetanei, coloro che NON fanno l'università perlopiù non la fanno per mancanza di voglia di studiare, non per mancanza di capacità. Per chi non ha volontà sinceramente non penso ci sia niente da fare: se non vuoi "sbatterti" sai che dovrai accontentarti di poco, in media (poi ovviamente ci sono importanti eccezioni). Non penso che chi non vuole studiare sia così ottuso da non arrivare a capire un concetto del genere.

    Ma poniamo che ci siano diverse persone incapaci per limiti personali. Cosa possiamo fare per loro? Dobbiamo rinunciare ai vantaggi di tutti gli altri per questa fetta di popolazione, che peraltro non è a mio avviso così grande come dici tu? Qui emergono secondo me limiti legati ad una differenza di vedute incolmabile tra me e te.

    Tu ritieni che lo Stato debba comunque cercare di ridurre il più possibile le disuguaglianze tra i redditi ex post, io ritengo invece che una volta che le disuguaglianze nelle c.d. condizioni di partenza siano state per quanto possibile eliminate, il fatto che poi possano prodursi disparità di reddito diventa molto più accettabile socialmente. E questo tra l'altro è confermato, almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti, anche da diversi studiosi come lo stesso Rajan e Zingales.

    In ogni caso la soluzione per ridurre il gap non è di certo rendere tutti più poveri.

    2) Credo tu stia esagerando un poco quello che ho scritto. Non si tratta di aumentare in modo sproporzionato l'offerta di laureati, posto che comunque finché il progresso tecnologico va avanti e l'innovazione prosegue ci sarà sempre una discreta domanda di lavoratori laureati (ovviamente non infinita).

    Il fatto che il vantaggio si riduca è tutto da dimostrare, dai per scontato infatti che con una policy del genere l'offerta cresca più rapidamente della domanda, ma non c'è alcuna base per affermare ciò: anzitutto perché mica obblighi la gente a fare il college. Dai solo una mano a chi vorrebbe farlo ma non riesce per carenze economiche. E meno male che sono io quello di destra…

    Il protezionismo riduce le possibilità di tutti, primariamente di coloro che hanno talento e che potrebbero svilupparlo, oltre che ovviamente di tutti gli individui in quanto consumatori (lato che tendiamo spesso a dimenticare, eppure i lavoratori sono anche consumatori). Sicuramente era un'iperbole la mia sul ritorno agli anni '50, ma allo stesso modo non cambio idea sul protezionismo.

    In ultimo, ti faccio notare che gli anni fra il 1945 e il 1970 circa non sono stati comunque anni di vero e proprio protezionismo. Anzi, la tendenza è stata in quel quarto di secolo verso sempre meno protezionismo.

    C'era meno libertà di capitali, c'era meno libertà delle merci rispetto ad oggi, verissimo, ma ce n'era ad esempio molta di più rispetto al periodo tra le due guerre. Inoltre proprio in tali anni si sono fatti passi avanti verso la globalizzazione decisamente importanti: creazione del GATT, creazione della CEE, senza contare che eravamo all'interno di un sistema di cambi fissi con il dollaro, a sua volta legato all'oro (Gold Exchange standard), il che ha in genere come effetto quello di limitare l'incertezza valutaria sui mercati mondiali, cosa che sicuramente - ceteris paribus - favorisce gli scambi tra Paesi. Insomma: nel 1970 c'era molto più libero commercio globale che nel 1945 malgrado tutto.

    Come del resto mostrato anche qui:A Remarkable Prospect: Opportunities and Challenges for the Modern Global Economy, McKenna Lecture by Anne O. Krueger, First Deputy Managing Director, IMF
    Sono perfettamente d'accordo.Pure in altro intervento hai citato il sistema di Bretton Woods,rispondendo a @snowaholic ma dubito fortemente che lui ne sia un estimatore.

  6. #23726
    Josh
    Ospite

    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Ad ogni modo,un modo per governare la globalizzazione, @snowaholic, potrebbe essere la regionalizzazione,ossia la focalizzazione degli scambi su mercati regionali.Ma anche questa strategia è difficoltosa,se si pensa alle difficoltà che hanno le organizzazioni sovranazionali a carattere regionale come l'UE ed il Mercosur.Nel caso dell'UE,forse le integrazioni rafforzate sono l'unico antidoto possibile contro la dissoluzione ma occorre ponderare gli obiettivi e smetterla di illudersi di poter fare tutto in 27.Dopotutto,come dice Franco Venturini,meglio un'Europa più ristretta che nessuna Europa.

  7. #23727
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Josh Visualizza Messaggio
    Sono perfettamente d'accordo.Pure in altro intervento hai citato il sistema di Bretton Woods,rispondendo a @snowaholic ma dubito fortemente che lui ne sia un estimatore.
    E perché non dovrebbe piacermi? Era un sistema tutto sommato ragionevole nella sua impostazione complessiva. Il sistema di cambi fissi legati all'oro era strutturalmente insostenibile nel lungo termine, infatti è collassato spontaneamente nel 1971, ma non ha fatto particolari danni perché comunque era un sistema flessibile all'occorrenza.

    Il meccanismo di governance incentrato su FMI e Banca Mondiale non era e non è perfetto, sono stati fatti molti errori soprattutto nei Paesi emergenti ma criticarne alcune scelte non implica che tutto il sistema sia da buttare.
    Posso non condividere molte scelte del WTO dall'Uruguay round in poi e il collasso dei negoziati del Doha round non mi è dispiaciuto affatto, ma nel dopoguerra aveva una sua logica.

  8. #23728
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Josh Visualizza Messaggio
    Ad ogni modo,un modo per governare la globalizzazione, @snowaholic, potrebbe essere la regionalizzazione,ossia la focalizzazione degli scambi su mercati regionali. Ma anche questa strategia è difficoltosa,se si pensa alle difficoltà che hanno le organizzazioni sovranazionali a carattere regionale come l'UE ed il Mercosur. Nel caso dell'UE,forse le integrazioni rafforzate sono l'unico antidoto possibile contro la dissoluzione ma occorre ponderare gli obiettivi e smetterla di illudersi di poter fare tutto in 27.Dopotutto,come dice Franco Venturini,meglio un'Europa più ristretta che nessuna Europa.
    La regionalizzazione è una risposta logica ed è anche stata perseguita in parte, probabilmente lo sarà maggiormente in futuro. Ma l'approfondimento su base regionale non servirebbe comunque a molto in assenza di un passo indietro a livello globale.

    La piena integrazione politica comunque non sarebbe indispensabile in un'ottica di regionalizzazione di questo tipo, lo diventa soltanto se si vuole anche l'unione monetaria.
    L'UE se non si fosse imbarcata nella moneta unica troppo frettolosamente avrebbe molti meno problemi, adesso invece la cooperazione rafforzata tra i 19 diventa indispensabile, ormai chi è dentro l'Euro deve trovare un modo di farlo funzionare, chi non vuole la moneta unica dovrà adattarsi in qualche modo.
    Il Mercosur invece ha più problemi per instabilità politica dei singoli membri che per le attività dell'associazione che sono comunque minime. In ogni caso la geografia è un grosso ostacolo nel Sudamerica, i vantaggi dell'integrazione non sono forti come per l'UE

  9. #23729
    Vento forte L'avatar di nevearoma
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da kima Visualizza Messaggio
    Produttività italiana, l’impietosa classifica dell’Ocse - Il Sole 24 ORE

    Ecco, la produttività.
    A mio parere questo è uno dei parametri che meglio ci descrive. Un paese che per venti anni, almeno, si è fatto tutti gli sconti possibili e ha rimandato i compiti difficili a un domani mai arrivato.
    La bassa produttività è lo specchio delle nostre inefficienze
    Una precisazione: la produttività italiana è abbastanza bassa, ma non bassissima in assoluto. Il problema è che da 20 anni non cresce più, caso unico nel mondo occidentale.
    "In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."

  10. #23730
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da nevearoma Visualizza Messaggio
    Una precisazione: la produttività italiana è abbastanza bassa, ma non bassissima in assoluto. Il problema è che da 20 anni non cresce più, caso unico nel mondo occidentale.
    Va di pari passo al PIL stagnante. Niente di cui stupirsi.. Ecco perchè bisogna prendere questo dato con le pinze pur essendo l'unica misura possibile di produttività.

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