Intanto però guarda caso lo spread italiano da maggio è quello che aumenta di più al primo stormire di fronde. Mica vendono i titoli sloveni o spagnoli per primi. Lo stigma,per dirla alla Seminerio, è sugli asset italiani.Cosa che un anno fa non succedeva. Sono di oggi le illuminate dichiarazioni di Borghi,per il quale la BCE dovrebbe dichiarare di non tollerare spread sopra i 150 punti "altrimenti salta tutto". Preoccuparsi loro di non fare promesse irrealizzabili mai?
Spread a 289
Quota 300 non è lontana...
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Stiamo raggiungendo lo spread ungherese. D'altronde è il modello del nostro popolarissimo ministro dell'interno. Dico bene, @snowaholic ?
Modello non direi, gli ungheresi hanno un debito pubblico sotto il 70%, in rapido calo grazie alla robusta crescita economica, accoppiato con un ampio avanzo delle partite correnti, non proprio segnali di populismo economico.
Si trovano solo sull'immigrazione (nel senso che entrambi non vogliono immigrati a casa loro), ma in politica economica ci sono poche somiglianze.
Devi anche considerare che la politica monetaria in Ungheria è meno espansiva rispetto alla BCE quindi almeno 90 punti di spread rispetto ai titoli tedeschi sono dovuti a quello (i tassi ufficiali sono +0,9 contro lo zero della BCE). Hanno anche un target di inflazione più alto al 3% rispetto al 2% della BCE, quindi i tassi nominali tendono ad essere più alti. Il resto è rischio di cambio, che noi non dovremmo avere.
In pratica il nostro spread è dovuto al rischio politico e di ridenominazione, il loro è piuttosto fisiologico rispetto alle condizioni economiche e monetarie, un po' come quello USA.
Certo, ma io più che altro volevo evidenziare che lo spread sui Bund non è significativo per Paesi non appartenenti all'eurozona.
Più che la politica fiscale rifletteranno le aspettative su inflazione e tassi di cambio e la politica monetaria. Tassi elevati possono anche essere sintomo di una economia forte che consente una politica monetaria più normale, come gli USA che hanno tassi sui titoli decennali attorno al 3% e comunque sono tassi storicamente bassi.
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