Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Certo che facevano la fame, in un Paese a medio reddito con una disuguaglianza elevatissima colpito da una crisi del genere alcuni segmenti di popolazione fanno la fame (qualcuno la fa anche senza la crisi). Anche in Grecia c'era chi faceva la fame all'apice della crisi, ma partendo da un reddito medio quasi doppio e disuguaglianza molto più bassa certi estremi non li raggiungi mai (ma la povertà estrema può prendere anche altre forme, ad esempio molti sono rimasti senza riscaldamento). Ma il problema in quel caso è stato il default o il decennio precedente di politiche che hanno portato ad avere una mole enorme di debiti denominati in dollari? Il FMI nel suo rapporto dopo la crisi ha criticato fortemente la strategia di cambio fisso con il dollaro degli anni 90. La crisi a quel punto era inevitabile, la cosa sorprendente è la ripresa che è arrivata dopo.
Il resto sono pure e semplici falsità, non so se le scrivi per ignoranza o in malafede.
Distruzione definitiva della classe media e dell'industria domestica?
Il manifatturiero negli anni 90 era crollato dal 26.8% del PIL nel 1998 al 16.5 del 2000, dopo il default è rimbalzato al 22.5 nel 2003 (dati World Bank) per poi scendere gradualmente di attorno al 15% negli anni successivi, anche a causa del boom delle materie prime. Dopo il 2013 la quota del manifatturiero ha ricominciato a scendere grazie alle sconsiderate politiche della presidenta, ma rimane comunque al di sopra dei vicini Brasile e Cile.
Nel 2015 il 73% delle esportazioni Argentine erano classificate come manifatturiere, 42% prodotti agricoli lavorati e 31% industriali. Nel 2013 in argentina sono stati prodotti quasi 800 mila autovetture, oltre la metà destinate all'esportazione.
Il PIL pro capite a prezzi costanti nel 1980 (picco ciclico precedente) era di 12700 dollari, nel 2000 era 13000 dollari, nel 2020 secondo il FMI sarà 15600 dollari dopo un picco di 17000 nel 2011-2013 prima che la Kirchner iniziasse a fare danni (ricordo che il marito è morto nel 2010). Per gli standard argentini il periodo che comprende il default è stato il periodo di maggiore crescita economica dagli anni 60.
Se hai dei dati che dimostrino il contrario puoi postarli, altrimenti delle sensazioni e dei luoghi comuni non me ne faccio niente.
La seconda che hai detto.
Il problema è che per te se qualcuno non cresce la responsabilità è solo ed esclusivamente sua a prescindere.
Credi davvero che le condizioni macroeconomiche (finanziarie e monetarie soprattutto) siano uguali in Grecia rispetto agli altri Paesi? Dopo che li hai tenuti per anni alla canna del gas, con un sistema finanziario al collasso, senza QE, costretti a mantenere avanzi primari esorbitanti per pagare un debito che non potranno mai pagare. Con tutta l'incertezza sul futuro che ancora non si riesce a dissipare, come è evidente dalla permanenza di uno spread ancora elevato nonostante ormai il debito pubblico sia quasi interamente detenuto dalle istituzioni internazionali. Se in Grecia non c'è un contesto favorevole agli investimenti produttivi la responsabilità non è soltanto dei greci stessi.
Riguardo all'Italia lo ho ripetuto molte volte che abbiamo fatto da soli in questi ultimi anni, ma tra il 2011 e il 2014 abbiamo principalmente pagato colpe non nostre, ovvero i limiti di un sistema monetario mal concepito e una fragilità finanziaria che partiva principalmente dai Paesi core, le nostre banche avevano retto meglio delle altre la crisi del 2009 ma non potevano reggere un calo del PIL del 10% in pochi anni. E i conti pubblici italiani non avevano bisogno di dosi massicce di austerity, la situazione era già sotto controllo e sarebbe bastato contenere la crescita della spesa durante la ripresa per avere un calo notevole del rapporto debito/PIL. Però poi è arrivata la seconda parte della crisi, anche quella non è partita dall'Italia ed era interamente evitabile se le istituzioni europee fossero state adeguate.
Noi siamo stati più colpiti degli altri perché eravamo più vulnerabili, con debito alto e problemi strutturali che limitano la crescita economica. Ma le condizioni non sono state uguali per tutti, quelli che erano già più deboli hanno pagato un prezzo enorme, perché le condizioni monetarie non erano uguali in tutta l'Unione almeno fino all'inizio del QE. Potevamo fare di meglio nonostante questi problemi? Certamente. Ma non possiamo fare finta che questi problemi non esistano e il campo di gioco sia uniforme, perché non è così. Qualcuno gioca in salita, qualcuno in discesa.
In una unione monetaria che funziona (vedi USA) ci possono essere anche notevoli divergenze di performance economica, ma se il Nevada o la Florida subiscono una grave crisi economica a causa di una bolla immobiliare i sussidi di disoccupazione, le pensioni e il sistema finanziario non vengono messi in discussione perché sono federali.
Sono d'accordo sui luoghi comuni e la retorica demagogica (lasciamo stare la profonda ignoranza sui derivati) di cui è pieno anche il suddetto articolo, però prima della politica monetaria espansiva è arrivata la deregolamentazione e il trattamento fiscale estremamente favorevole verso capitali e rendite finanziarie (e redditi alti in generale), che risale agli anni 80/90 mentre la politica monetaria ultra espansiva è molto più recente, fino allo scoppio della bolla della new economy nei primi anni 2000 non c'erano né spinte deflazionistiche particolarmente evidenti né politiche monetarie molto espansive. E quella bolla speculativa difficilmente può essere attribuita alla politica monetaria troppo espansiva.
L'eccesso di capitali (anche chiamato global savings glut in inglese) è stato anche alimentato dalla risposta alle crisi dei Paesi emergenti di fine anni 90, visto che nel mondo liberalizzato e globalizzato se non hai un avanzo delle partite correnti e massicce riserve valutarie rischi di essere vulnerabile ad ogni cambiamento di umore dei mercati finanziari. Da qui sono arrivate politiche volte a tenere bassi i consumi che hanno influenzato le condizioni monetarie a livello globale.
Quindi è pienamente plausibile che la relazione sia inversa. Il tasso di interesse strutturale sta scendendo spontaneamente, perché la domanda di capitali per investimenti è bassa rispetto all'offerta che è invece in rapida crescita, anche a causa dell'aumento delle disuguaglianze (sia sui redditi sia sulla ricchezza) che portano ad avere troppi capitali rispetto alle opportunità di investimento disponibili. Il mercato liberamente asseconda creando opportunità di investimento anche quando non ve ne sono, generando le numerose innovazioni finanziarie possibili anche grazie alla deregolamentazione (ed inventandosi anche asset astrusi come Bitcoin).
Questa ipotesi peraltro è anche compatibile con le spinte deflazionistiche. Le banche centrali sono costrette a seguire, perché ogni tentativo di inasprire la politica monetaria si traduce subito in gravi crisi economiche, il Giappone è un caso esemplare di questo ed ha anticipato gli altri Paesi industrializzati.
Teoricamente non c'è alcun motivo di ritenere che il tasso di interesse naturale non possa diventare negativo, se hai troppa abbondanza di capitali (ovvero risparmio). Sarebbe in violazione della legge di Say, ma la legge di Say vale solo sotto ipotesi platealmente false quindi non mi preoccupa troppo.
Non è facile intervenire su un fenomeno di questo tipo, ma la leva fiscale e la regolamentazione non possono essere liquidati facilmente come fai tu.
Se il sistema fiscale avvantaggia il finanziamento a debito rispetto al capitale ad esempio non si può pensare che questo non abbia effetto, senza la deducibilità degli oneri per interessi sarebbero molto meno convenienti schemi finanziari tipo leveraged buyout, in cui compro un'azienda senza avere i soldi e finanzio l'investimento con i flussi di cassa dell'azienda stessa che sto comprando.
Fermo restando che hai delle indubitabili ragione nel definire mal concepita l'unione monetaria, non sono tanto d'accordo sul fatto che tra il 2011 e il 2014 abbiamo pagato colpe non nostre.
Se non avessimo dilapidato il dividendo dato dal crollo degli interessi passivi a inizio 2000 e avessi sistemato decentemente la finanza pubblica non saremmo arrivati come siamo arrivati alla crisi del 2009 e non saremmo stati costretti a rimanere pro-ciclici anche durante la crisi. Certo... Il sistema ha avuto le sue colpe (la FED non ha esitato a stimolare quando è stato il momento, al contrario della BCE mossasi in colpevole ritardo), ma non dobbiamo dimenticare come ci siamo arrivati: ovvero di chi ha gestito la finanza pubblica come se fosse convinto che le crisi fossero un ricordo del secolo precedente...
Ferme restando le nostre debolezze che citi. E che ci siamo rigorosamente ben guardati dal cercare di sistemare quando era il tempo per farlo. Ora è sicuramente molto più difficile.
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Le mie affermazioni potranno anche essere falsissime, ma i tuoi dati non le contraddicono in alcun modo. Non provano che siano rimaste un'industria domestica né una classe media degne di tale nome. Prendere il PIL pro capite a dimostrazione dell'esistenza di una classe media non ha il minimo senso e faccio finta di non averlo letto
Come se prima del 2007 ci fosse un contesto favorevole. La Grecia è forse il paese più anti-business che esista in Europa occidentale, questo strutturalmente, mica da ieri. Anzi forse adesso lo è un po' meno, grazie al calo degli stipendi e ad alcune riforme che il governo ha attuato in tempo di crisi (ovviamente perché non poteva fare altro).Se in Grecia non c'è un contesto favorevole agli investimenti produttivi la responsabilità non è soltanto dei greci stessi.
Ultima modifica di nevearoma; 15/10/2018 alle 11:12
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
Mi pare che siamo abbastanza d'accordo, noi ci siamo messi da soli in una situazione di vulnerabilità.
Ma se stai dentro un sistema che già è rigido e non ha alcuno strumento compensativo per ovviare a queste rigidità non puoi permettere che chi è in difficoltà si prenda mazzate aggiuntive del tutto evitabili. E nemmeno dimenticarsi che quelle mazzate sono arrivate quando si va a fare un bilancio ex-post.
Stai spostando il discorso. I dati di GNI sono sostanzialmente in linea con quelli del GDP, tutti i primi quattro quintili di reddito hanno aumentato la loro quota a discapito del 20% più ricco che però non sarà certo rovinato se la sua quota di reddito scende dal 55% al 45% mentre il reddito totale cresce del 20% (trovi tutto tra i indici di sviluppo della world bank). Quindi a meno di ridefinire il termine "classe media" e il termine "distruzione definitiva" non vedo come si possano trovare dati a supporto della tua affermazione.
Sull'industria domestica intendi la proprietà? Difficile trovare dati, ma anche se fosse sarebbe veramente rilevante? Anche in Irlanda non c'è molto di irlandese, ciò che conta di più è la produzione.
Ho scritto "soltanto" proprio perché non ho mai negato la parte di responsabilità dei greci e i problemi strutturali della loro economia. Ma questo non ha nulla a che fare con il contesto macroeconomico che sul breve termine ha un impatto predominante rispetto ai problemi strutturali.Come se prima del 2007 ci fosse un contesto favorevole. La Grecia è forse il paese più anti-business che esista in Europa occidentale, questo strutturalmente, mica da ieri. Anzi forse adesso lo è un po' meno, grazie al calo degli stipendi e ad alcune riforme che il governo ha attuato in tempo di crisi (ovviamente perché non poteva fare altro).
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
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