la mia esperienza alla facoltà di legge de La Sapienza, come qualcuno ha già scritto, è uguale a quella di molti altri.
io almeno mi sono risparmiato gli anni di lavoro gratis e finte prospettive, non ho dato l'esame da avvocato e mi sono dedicato ad altro.
ho fatto bene? ho fatto male?
onestamente io l'ho fatto perchè non mi piaceva quel tipo di lavoro, ma ho comunque intuito il grandissimo problema dietro all'avvocatura e tutto ciò che le ruota attorno. Per cui quel tipo di carriera non mi interessava e non rimpiango nulla.
Certo, un tempo, i laureati in legge potevano aspirare ad un ampio elenco di prospettive lavorative: in banca, ad esempio, altro grandissimo mercato del lavoro in crisi nerissima (esuberi a go-go), o pubblica amministrazione (che non bandisce concorsi dai tempi degli anni di piombo). Ora cosa rimane da fare?? Appendi il tuo bel titolo di studio tanto sudato e vanto dei tuoi genitori per fare un lavoro sottopagato, se si è fortunati, o per stare a casa e cullarsi nella prospettiva del radioso futuro da avvocato che la società ti aveva promesso.
Ultima modifica di marco85; 24/08/2018 alle 17:44
Dicembre 1996: la perfezione
Febbraio 2012: l'apoteosi
Febbraio 2018: la sorpresa
Indubbiamente
"You are not entitled to your opinion. You are entitled to your informed opinion. No one is entitled to be ignorant." (Harlan Ellison)
ma guarda che non parlo di me, parlo in generale. Si cresce con l'idea che ti inculcano fin da piccoli, dello studio, del successo, del fatto che sia NORMALE E LOGICO che se ti laurei in legge diventerai avvocato e farai una bella vita. Ma è una balla, questa società non ha pià nulla da offrire. Ingegneri che fanno i camerieri, avvocati che si reinventano a fare i becchini, architetti albergatori...triste da dire ma è la realtà.
Pochi giorni fa un mio ex collega di università mi chiama, era da tanto che non ci sentivamo. Lui fa parte di un ottimo studio legale, ma guadagna una miseria, 1000 euro se va bene. Mi racconta che si sta per trasferire a Berna, nella civilissima Svizzera, dove verrà assunto per 4000 franchi al mese.
Ultima modifica di marco85; 27/08/2018 alle 09:00
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La realta' e' che se uno pensa che TUTTI i laureati avranno successo e soldi... ha vissuto fuori dal mondo.
Pur avendo in Italia livelli di istruzione ridicoli il numero di laureati e' ovviamente aumentato... oramai la scelta va fatta non solo su COSA studiare ma anche sul DOVE farlo. Pur senza andare all'estero ci sono in Italia Atenei che hanno ottimi tassi di occupazione. Cito il Politecnico di Milano semplicemente perche' e' quella che conosco meglio e qui i laureati migliori sono contesi ben prima della laurea. Certo che se uno esce con un 66 dall'universita' di Fenegro' (che ovviamente non esiste) non puo' pretendere che "la societa' gli regali chissa' cosa"...
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Che ci siano lauree ed atenei con i quali è più facile trovare lavoro, o e più facile trovarne di pagato decentemente, è ovvio ed accade in tutto il mondo.
Laurearsi col massimo in Ingegneria Aerospaziale al MIT non è come laurearsi con un voto mediocre in Storia dell'Arte in una qualche università pubblica sfigata dell'Alabama.
Detto questo, che si usi questo concetto come giustificazione per il trattamento che riceve una buona parte di laureati in Italia (sostanzialmente tutti, tranne i laureati alla Bocconi, in alcune ingegnerie o professioni sanitarie e qualche altra nicchia fortunata) è aberrante. Si lasciano passare le peggiori storture da secondo mondo con l'assioma "beh non sei laureato STEM con 110 e lode nella migliore università d'Italia, che pretendevi".
Nessuno si aspetta che gli venga regalato nulla, ma che lo stato almeno non butti completamente nel cesso la sua formazione e in più gli dia del cretino per averla intrapresa magari sì.
Ultima modifica di nevearoma; 27/08/2018 alle 10:53
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
Residenza: Altavilla Vicentina (VI)
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il punto non è il successo, è forse vedersi riconoscere un minimo di credito per quello che si è fatto. Il problema è anche di come sono strutturate le nostre università: all'estero molto spesso si crea già durante gli studi l'inserimento nel mondo del lavoro, negli usa ad esempio il corso di studi è molto più pratico rispetto all'Italia, dove si pensa solo di doversi studiare infiniti volumi per credere di essere preparati.
In questo senso l'educazione italiana dovrebbe essere modernizzata, aggiornata, rivolta al nuovo mondo del lavoro: credere che basti studiare ed essere preparati per trovare lavoro è da miopi, ora il mercato corre veloce, serve gente già con una esperienza pregressa, serve un aiuto all'inserimento che parta già dalle fondamenta, nelle università, lungo i corridoi, nelle aule. Diversamente continueremo ad evere gente che si prepara per un qualcosa senza futuro, un indubbio accrescimento personale che però rischia di diventare fine a sè stesso.
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