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  1. #131
    Vento fresco L'avatar di Presidente
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    Predefinito Re: quel confine tra lazio e campania....

    Citazione Originariamente Scritto da Emanuele da Alatri ( FR ) Visualizza Messaggio
    Forse ormai solo qualche persona molto anziana. Già i veneto-pontini di seconda generazione non lo parlavano più. È rimasto in qualche parola, in qualche modo di dire a livello familiare specialmente nelle zone rurali di Latina, ma di fatto credo che si possa considerare ormai scomparso e assorbito dal romanesco pontino, che ancora oggi viene parlato solo nelle città di neofondazione, dove è nato negli anni 30. Per fare un esempio, a Sabaudia si parla questa variante del romanesco, ma a San Felice, comune adiacente, si è mantenuto vivo il dialetto locale, di tipo mediano con inflessioni campane.
    Qui da me, a due passi da Formia, succede l'opposto. Dialetto di tipo meridionale ma a vocali piene con alcuni influssi mediani
    Addo' arrivamo, mettemo glio' pezzùco
    Luccicantella calla calla, mitti fuoco alla cavalla, la cavalla dé glio' ré, luccicantella mmàni a mmé!!

  2. #132
    Vento fresco L'avatar di Presidente
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    Predefinito Re: quel confine tra lazio e campania....

    Citazione Originariamente Scritto da original pio Visualizza Messaggio
    molto interessante....immagino le risse paesane
    I cittadini di Gaeta centro storico parlano praticamente napoletano, mentre quello della parte del Borgo di Elena parlano come detto un dialetto Campano -pugliese con qualche parola ciociara. Quelli di Gaeta "nuova", cioè di Elena, chiamano quelli del centro storico "na palaat i paan", cioè il modo di dire di del centro storico per la pala con cui si inforna il pane o la pizza. Ad Elena, invece, si direbbe "na ciocche de pane" che è completamente diverso e non è certo napoletano
    Addo' arrivamo, mettemo glio' pezzùco
    Luccicantella calla calla, mitti fuoco alla cavalla, la cavalla dé glio' ré, luccicantella mmàni a mmé!!

  3. #133
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    Predefinito Re: quel confine tra lazio e campania....

    Questo dialetto è presumibilmente di Castro dei Volsci (Frosinone).
    E' un mistone incredibile di dialetti e cadenze, per questo mi suona un po' "ridicolo" nella pronuncia, ma lo capisco al 100% essendo per molti versi simile a quasi tutti i dialetti alto-meridionali.

    Questa volta parliamo di uomini - Manfredi da indicazioni stradali - YouTube

  4. #134
    Vento fresco
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    Mele - Fado (GE), 280 m
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    Predefinito Re: quel confine tra lazio e campania....

    Citazione Originariamente Scritto da EnnioDiPrinzio Visualizza Messaggio
    in altro forum,proprio dopo aver sentito questo signore corso,che tra l'altro è ormai uno dei pochi che si salva dall'accento francese,ed avendo anch'io pensato a contaminazioni siculo-liguri, fui attaccato da un corso che rigettava qualsiasi influenza meridionale,asserendo che la parentela del corso era semmai da ricercare nel toscano.
    Io continuo a sentire una influenza calabrese e siciliana con influssi liguri.
    Ora provo a darmi una spiegazione,tanto per,visto che non sono un esperto:
    i dialetti siculi e calabresi affini,come pure quelli salentini,fanno parte di un ceppo di dialetti mediterranei antichi,che nella penisola italiana si sono conservati solo nell'estremo sud,mentre nel centro sud lingue più recenti(i dialetti osco-umbri e l'etrusco) li hanno del tutto soppiantati.Queste lingue mediterranee più a nord continuano appunto in corsica,influenzate però da apporti centro settentrionali,mentre in Liguria,l'antico ligure è oramai rimasto in tracce soppiantato dalla lingua leponzia non troppo distante dalla lingua dei galli(i liguri parlano un dialetto del nord non propriamente gallo italico ma con influenze gallo italiche.
    Cosa fosse il "ligure" non lo sa nessuno, sicuramente le popolazioni che occupavano la Liguria ai tempi delle guerre puniche (III-II secolo A.C.) parlavano una lingua indoeuropea, strettamente affine al celtico anche se forse distinta dalle lingue celtiche di tipo schiettamente gallico, parlate in Val Padana. I famosi termini con "sostrato" mediterraneo e non indoeuropeo sono una manciata, quasi tutti toponimi, contenuti in pochissimi testi di epoca imperiale e repubblicana, il problema è che i toponimi e anche gli etnonimi non indicano nulla. Il ligure che si parla attualmente è invece un insieme di dialetti di tipo gallo-italico a tutti gli effetti (e Biondelli, che ha creato questo gruppo linguistico non aveva nessun dubbio in proposito), anche se con alcune particolarità fonetiche, come la tendenza all'apocope delle vocali finali, che nella maggior parte dei dialetti liguri è solo parziale e non completa come nell'Emiliano o nel Lombardo (è però completa nei dialetti di tipo "roiasco" delle Alpi Liguri meridionali), mentre palatizzazione/affricazione/spirantizzazione di PL-, BL- e FL- non seguono affatto il modello meridionale ma uno proprio, come fanno del resto alcune varianti del portoghese/galiziano. In sostanza la voce di Wikipedia è abbastanza imprecisa. Tra le parlate dell'Italia settentrionale l'unica a non essere di tipo gallo-italico è quella veneta, compresi i suoi dialetti "extraregionali", come quelli veneto-trentini, veneto-giuliani e veneto-istriani.
    Ultima modifica di galinsoga; 20/05/2018 alle 17:10

  5. #135
    Vento fresco
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    Mele - Fado (GE), 280 m
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    Predefinito Re: quel confine tra lazio e campania....

    Citazione Originariamente Scritto da original pio Visualizza Messaggio
    pero' il ligure non si avverte nella parlata corsa,almeno a giudicare dalle volte che l'ho sentito....
    A livello lessicale è rimasto qualcosa, ad esempio "Carrughju" usato anche nella toponomastica bilingue franco/corsa con il significato di "vicolo", ma in effetti di ligure nel corso c'è davvero poco.

    Gli studiosi del corso attribuiscono la mancata influenza ligure a ragioni precise:

    1) quando alla fine del XIII secolo i genovesi presero possesso della Corsica la costa era scarsamente popolata e le località costiere abitate erano in gran parte colonie pisane, praticamente le famiglie più ricche dell'isola e tutto il ceto dirigente dell'isola erano fedeli a Pisa e in buona parte di origine pisana;

    2) i genovesi a differenza dei pisani si interessarono poco all'amministrazione delle zone interne;

    3) molti pisani restarono in Corsica, i genovesi invece fondarono un numero limitato di colonie, che interessavano loro principalmente come empori commerciali, i rapporti tra genovesi e corso-pisani si mantennero comunque difficili per un paio di secoli, anche perché Genova, non fidandosi degli ex-nemici, abolì privilegi e franchigie alle ex-colonie pisane e attuò politiche a tratti molto dure e restrittive (divieti di navigazione, confische e bandi), i corsi da parte cercarono protezione rivolgendosi prima ai Medici e poi ai francesi;

    4) i genovesi negli atti amministrativi della Repubblica utilizzavano più il latino del genovese (che veniva impiegato quasi solo per la registrazione di atti interni al Senato e con discontinuità), probabilmente in Corsica usarono il pisano nelle comunicazioni pubbliche;

    5) già nel XVI secolo i genovesi iniziarono a sostituire il latino e il genovese con il fiorentino nella registrazione degli atti amministrativi e anche come "lingua di cultura", cosa di cui tra l'altro si lamentarono non pochi patrizi genovesi conservatori.

    In Corsica esiste l'isolato alloglotto di Bonifacio, dove si parla ancora un dialetto ligure, un po' come avviene a Carloforte e a Calasetta in Sardegna (colonie tabarchine del XVIII secolo) ma il bonifacino ha caratteristiche più conservative del tabarchino e presenta molti arcaismi (che lo avvicinano agli attuali dialetti intemelii dell'estremo Ponente) e alcune innovazioni peculiari. Per il resto i dialetti del corso sono sostanzialmente due: quello oltremontano (parlato nel Sud e anche in alcune aree della Sardegna settentrionale) e quello cismontano (nel Nord) con in mezzo una zona cuscinetto.

    Il corso oltremontano presenta una sintassi di tipo italo-romanzo, un lessico fortemente influenzato dal toscano e una fonetica sul modello meridionale-estremo (quello del siciliano e del calabrese meridionale e centro-meridionale, che comunque concorda molto da vicino con la fonetica del sardo).

    Il corso cismontano è imparentanto con le parlate dell'arcipelago toscano, ormai praticamente estinte, e probabilmente con il dialetto pisano che si parlava nel Medioevo, mentre il pisano attuale ha subito prima l'influenza del fiorentino, poi quella dell'italiano standard.

    Ci sono alcuni linguisti che hanno ipotizzato una continuità tra dialetti meridionali estremi, corso e sardo, in pratica costoro hanno congetturato che il tardo-latino, che si parlava in Tunisia, Libia e Algeria tra età tardo-antica e basso medioevo, fosse parlato in forme molto simili anche nel Salento e in Calabria (parallelamente al greco), in Sardegna e in Corsica. Con l'arrivo degli arabi nel Maghreb l'unità linguistica si sarebbe spezzata: Salento, Sicilia, Calabria e Corsica avrebbero subito maggiormente (in epoche diverse e in diverse "ondate") l'influenza dei "volgari" del meridione italiano continentale, del toscano e dell'italiano moderno, rientrando nell'orbita delle parlate italo-romanze. Invece in Sardegna, il tardo-latino sardo, inizialmente simile a quello corso e siciliano, si sarebbe poi trasformato in un sistema linguistico autonomo rispetto all'italiano, mantenendo molte caratteristiche arcaiche ed evolvendo verso strutture sintattiche peculiari e distinte. L'ipotesi è decisamente intrigante e verosimile, ma manca di solidi fondamenti documentali (problema comune alla dialettologia che si occupa di parlate che lasciano scarsa traccia scritta).
    Ultima modifica di galinsoga; 21/05/2018 alle 10:19

  6. #136
    Vento forte L'avatar di Fabio68
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    Predefinito Re: quel confine tra lazio e campania....

    Citazione Originariamente Scritto da galinsoga Visualizza Messaggio
    Ci sono alcuni linguisti che hanno ipotizzato una continuità tra dialetti meridionali estremi, corso e sardo, in pratica costoro hanno congetturato che il tardo-latino, che si parlava in Tunisia, Libia e Algeria tra età tardo-antica e basso medioevo, fosse parlato in forme molto simili anche nel Salento e in Calabria (parallelamente al greco), in Sardegna e in Corsica. Con l'arrivo degli arabi nel Maghreb l'unità linguistica si sarebbe spezzata: Salento, Sicilia, Calabria e Corsica avrebbero subito maggiormente (in epoche diverse e in diverse "ondate") l'influenza dei "volgari" del meridione italiano continentale, del toscano e dell'italiano moderno, rientrando nell'orbita delle parlate italo-romanze. Invece in Sardegna, il tardo-latino sardo, inizialmente simile a quello corso e siciliano, si sarebbe poi trasformato in un sistema linguistico autonomo rispetto all'italiano, mantenendo molte caratteristiche arcaiche ed evolvendo verso strutture sintattiche peculiari e distinte. L'ipotesi è decisamente intrigante e verosimile, ma manca di solidi fondamenti documentali (problema comune alla dialettologia che si occupa di parlate che lasciano scarsa traccia scritta).

    ottima disquisizione sul corso (a me, sentendolo sulla tv francese, il corso sembra la parlata di un sardo che si esprime in francese)

    per quanto riguarda la Sardegna e l'evoluzione della lingua nei secoli, bisogna tener conto anche dello spagnolo che ha influenzato molto il dialetto (o lingua), specialmente nelle zone centrali e meridionali (Oristanese e Cagliaritano)
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  7. #137
    Vento forte L'avatar di Ilio
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    Predefinito Re: quel confine tra lazio e campania....

    Citazione Originariamente Scritto da Julio Visualizza Messaggio
    Questo dialetto è presumibilmente di Castro dei Volsci (Frosinone).
    E' un mistone incredibile di dialetti e cadenze, per questo mi suona un po' "ridicolo" nella pronuncia, ma lo capisco al 100% essendo per molti versi simile a quasi tutti i dialetti alto-meridionali.

    Questa volta parliamo di uomini - Manfredi da indicazioni stradali - YouTube
    è semplicemente il Ciociaro. Un pò italianizzato per motivi di comprensione del film, immagino. Tipo "al crucevia" sarebbe stato" aglie crucevia".

    qua si sente meglio. Questa volta pariamo di uomini - il ciociaro Manfredi e la briscola - YouTube
    "I romanisti non servono a ricordarci che esistono, lo sappiamo già.....servono a ricordarci che non bisogna essere come loro!" [Roberto Benigni] https://www.youtube.com/watch?v=qZFE...embedded#at=25

  8. #138
    Burrasca L'avatar di paxo
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    Predefinito Re: quel confine tra lazio e campania....

    Citazione Originariamente Scritto da Julio Visualizza Messaggio
    Questo dialetto è presumibilmente di Castro dei Volsci (Frosinone).
    E' un mistone incredibile di dialetti e cadenze, per questo mi suona un po' "ridicolo" nella pronuncia, ma lo capisco al 100% essendo per molti versi simile a quasi tutti i dialetti alto-meridionali.

    Questa volta parliamo di uomini - Manfredi da indicazioni stradali - YouTube
    Però è un dialetto molto italianizzato (simile a quello che si sente qui da me ma con un suono un po' diverso), non credo capiresti al 100% il dialetto stretto che parlavano gli anziani di una volta.

  9. #139
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    Predefinito Re: quel confine tra lazio e campania....

    Citazione Originariamente Scritto da galinsoga Visualizza Messaggio
    A livello lessicale è rimasto qualcosa, ad esempio "Carrughju" usato anche nella toponomastica bilingue franco/corsa con il significato di "vicolo", ma in effetti di ligure nel corso c'è davvero poco.

    Gli studiosi del corso attribuiscono la mancata influenza ligure a ragioni precise:

    1) quando alla fine del XIII secolo i genovesi presero possesso della Corsica la costa era scarsamente popolata e le località costiere abitate erano in gran parte colonie pisane, praticamente le famiglie più ricche dell'isola e tutto il ceto dirigente dell'isola erano fedeli a Pisa e in buona parte di origine pisana;

    2) i genovesi a differenza dei pisani si interessarono poco all'amministrazione delle zone interne;

    3) molti pisani restarono in Corsica, i genovesi invece fondarono un numero limitato di colonie, che interessavano loro principalmente come empori commerciali, i rapporti tra genovesi e corso-pisani si mantennero comunque difficili per un paio di secoli, anche perché Genova, non fidandosi degli ex-nemici, abolì privilegi e franchigie alle ex-colonie pisane e attuò politiche a tratti molto dure e restrittive (divieti di navigazione, confische e bandi), i corsi da parte cercarono protezione rivolgendosi prima ai Medici e poi ai francesi;

    4) i genovesi negli atti amministrativi della Repubblica utilizzavano più il latino del genovese (che veniva impiegato quasi solo per la registrazione di atti interni al Senato e con discontinuità), probabilmente in Corsica usarono il pisano nelle comunicazioni pubbliche;

    5) già nel XVI secolo i genovesi iniziarono a sostituire il latino e il genovese con il fiorentino nella registrazione degli atti amministrativi e anche come "lingua di cultura", cosa di cui tra l'altro si lamentarono non pochi patrizi genovesi conservatori.

    In Corsica esiste l'isolato alloglotto di Bonifacio, dove si parla ancora un dialetto ligure, un po' come avviene a Carloforte e a Calasetta in Sardegna (colonie tabarchine del XVIII secolo) ma il bonifacino ha caratteristiche più conservative del tabarchino e presenta molti arcaismi (che lo avvicinano agli attuali dialetti intemelii dell'estremo Ponente) e alcune innovazioni peculiari. Per il resto i dialetti del corso sono sostanzialmente due: quello oltremontano (parlato nel Sud e anche in alcune aree della Sardegna settentrionale) e quello cismontano (nel Nord) con in mezzo una zona cuscinetto.

    Il corso oltremontano presenta una sintassi di tipo italo-romanzo, un lessico fortemente influenzato dal toscano e una fonetica sul modello meridionale-estremo (quello del siciliano e del calabrese meridionale e centro-meridionale, che comunque concorda molto da vicino con la fonetica del sardo).

    Il corso cismontano è imparentanto con le parlate dell'arcipelago toscano, ormai praticamente estinte, e probabilmente con il dialetto pisano che si parlava nel Medioevo, mentre il pisano attuale ha subito prima l'influenza del fiorentino, poi quella dell'italiano standard.

    Ci sono alcuni linguisti che hanno ipotizzato una continuità tra dialetti meridionali estremi, corso e sardo, in pratica costoro hanno congetturato che il tardo-latino, che si parlava in Tunisia, Libia e Algeria tra età tardo-antica e basso medioevo, fosse parlato in forme molto simili anche nel Salento e in Calabria (parallelamente al greco), in Sardegna e in Corsica. Con l'arrivo degli arabi nel Maghreb l'unità linguistica si sarebbe spezzata: Salento, Sicilia, Calabria e Corsica avrebbero subito maggiormente (in epoche diverse e in diverse "ondate") l'influenza dei "volgari" del meridione italiano continentale, del toscano e dell'italiano moderno, rientrando nell'orbita delle parlate italo-romanze. Invece in Sardegna, il tardo-latino sardo, inizialmente simile a quello corso e siciliano, si sarebbe poi trasformato in un sistema linguistico autonomo rispetto all'italiano, mantenendo molte caratteristiche arcaiche ed evolvendo verso strutture sintattiche peculiari e distinte. L'ipotesi è decisamente intrigante e verosimile, ma manca di solidi fondamenti documentali (problema comune alla dialettologia che si occupa di parlate che lasciano scarsa traccia scritta).
    molto interessante il tuo intervento..in effetti la dorsale montana corsa ,fa intuire che nei secoli ci sia stato un percorso culturale,storico e linguistico diverso fra la popolazione....della Corsica si puo' dire che piu' ti sposti verso i paesi dell'interno,piu' ti avvicini all'anima isolana senza contaminazioni subite nei secoli dai centri della costa.

  10. #140
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    Predefinito Re: quel confine tra lazio e campania....

    Citazione Originariamente Scritto da Fabio68 Visualizza Messaggio
    ottima disquisizione sul corso (a me, sentendolo sulla tv francese, il corso sembra la parlata di un sardo che si esprime in francese)

    per quanto riguarda la Sardegna e l'evoluzione della lingua nei secoli, bisogna tener conto anche dello spagnolo che ha influenzato molto il dialetto (o lingua), specialmente nelle zone centrali e meridionali (Oristanese e Cagliaritano)
    come fa notare giustamente Galinsoga,i dialetti corsi variano molto per le piu' svariate ragioni...la domanda pero' sorge spontanea,quale dovrebe essere la lingua corsa ufficiale una volta raggiunta un ipotetica indipendenza, se in realta l'isola e' un crogiolo di dialetti anche moto diversi fra loro?

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