Ma non sono minimamente d'accordo.
Preferisco di gran lunga i paesi europei che la dittatura in Cina, se è questo che intendete.
Gli effetti del 1968 sono stati usati male, ma quelle rivolte furono giuste.
No mi pare proprio che gli stati del centro e nord Europa siano assistenzialisti e pieni di debiti, anzi, gli USA hanno il doppio del debito di tutta l'UE
Parole sante! Io conosco diverse persone che lavorano in proprio nel settore dell'edilizia che se non facessero un po' di nero non manderebbero avanti la baracca: la crisi, la concorrenza con i lavoratori autonomi stranieri (albanesi e rumeni su tutti) che lavorano per pochi euro l'ora e ti domandi come fanno "a salvarsi", hanno costretto tutti i lavoratori autonomi italiani ad abbassare notevolmente i propri prezzi pur di prendere qualche lavoro, aggiungici le tasse elevatissime e si comprende come senza un po' di evasione un lavoratore autonomo non camperebbe. Io sono convinto che però non sia questa l'evasione fiscale da combattere, ma bensi quella di coloro che non dichiarano nulla, ma proprio nulla allo stato e poi sono possessori di macchine di lusso, megaville, terreni ecc...
Inoltre, sempre nel campo dell'edilizia (ma non solo, naturalmente) ci sono da contare anche le spese per la sicurezza sul lavoro, peccato che a volte esse superano e non di poco il costo del lavoro di per se. Ad esempio se io devo cambiare qualche tegola su un tetto, il lavoro mi costerà al massimo qualche centinaia di euro, mentre le spese per la sicurezza (linea vita su tutti) possano ammontare anche a 2000€!
Ma no, nessuno vuole la dittatura, ma la loro forma mentis è vincente, sembra la nostra dei libri di storia.
Attualmente al confronto con loro sembriamo bambine viziate.
Cmq è semplice, finiti i soldi i giovani dei prossimi 15-20 anni daranno il giro alla baracca, come è giusto che sia.
Odio la nebbia !!!
E' un topic cui andrebbe dedicato un libro, bel thread.
Sono d'accordo con quanto hai scritto, vivendo in Cina dal 1996 e generalmente via dall'Italia. E' sconcertante la mentalita' europea, ma soprattutto italiana, per certi aspetti.
Stefano: nessuno si augura che il nostro sistema cambi come sia in Cina, ma credo Alby83 abbia semplicemente fatto una accurata fotografia asettica della situazione attuale. La competizione qua e' molto piu' intensa che in Italia, almeno 50 volte tanto ! La competizione tiene viva la fiamma del lavoro. Il considerarsi "arrivati" consacra la fine dei giochi...
...chat con James Reynolds, www.typhoonfury.com
Always looking at the sky...James says:
http://www.wmo.int/pages/mediacentre...nfo_58_en.html
Simone says:
holy s**t....
James says:
now that's something I'd like to film!!
Ci schiacceranno, chi?
Mi sembra un po un luogo comune un tanto al kg, ma del resto il thread è quello.
La crescita economica di certi paesi, Cina in primis, ha poco a che vedere con la supposta "fame" o "aggressività" dei giovani, così come la crisi italiana ha poco a che vedere con il suo contrario.
Ci sono paesi occidentali che continuano ad andare più che bene, così come se da un lato c'è la Cina dall'altro ci sono paesi come le Filippine dove i giovani "affamati" e "aggressivi" finiscono a lavare il sedere ai vecchi in provincia di Caserta, ma libero di pensare che in un futuro non meglio definito ci schiacceranno.
Poi magari fra 5 anni la Cina entra in crisi, cosa peraltro più che probabile, e i giovani cinesi verranno improvvisamente descritti come dei bamboccioni.
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
Diciamo che però qualche ragione ce l'hanno, quando si dice che molti italiani - dalla classe dirigente, ai sindacati, a molte persone comuni ecc. - "costringono" il paese ed anche chi è più attivo e competitivo, ad un regime economico sociale ingessato, asfittico, semi-immobile. In Italia, ma anche in altri paesi europei (in misura un po' minore forse), si vuole che ognuno stia al suo posto, si accontenti del suo, e faccia "l'albero" che mette radici e rimane lì immobile; la ricchezza ed il dinamismo vengono confusi con l'avidità e l'arrivismo, e l'ambizione ha un'accezione negativa e quasi criminale. Ringraziamo che il blocco ex-Comecon è ancora indietrissimo sull'imprenditorialità e anche su alcune cose dello stato di diritto, sennò come fame e dinamismo ci darebbero la paga... Poi in Italia ed in Europa manca quella cultura "positiva" del fallimento che hanno gli americani: qui, fallire è un'umiliazione, una sconfitta spesso definitiva, che ti segna socialmente; lì è vissuto come un'esperienza utile, perché solo chi non fa non sbaglia, da cui imparare e riprovare. Anche avendo fame, i giovani da noi troverebbero comunque ostacoli culturali e non; poi ci sta, che un giovane con casa-famiglia-lavoro già pronti, abbia meno voglia di rischiare tutto e mettersi in proprio.
Secondo me i giovani devono fare un periodo di un anno due di lavori umili ma anche formativi dal lato della maturazione psicologica e delle relazioni interpersonali.
Passato questo periodo,ove i soldi servono a pagarsi le spese,devono pensare al futuro di loro stessi e se non trovano lavoro dipendente,devono entrare nell'ottica di diventare imprenditori di se stessi(la società siamo noi, e noi non abbiamo nessun obbligo materiale e morale di far trovare la pappa pronta ai giovani che si affacciano nel mondo del lavoro).
Devono pensare che l'imprenditore a cui chiedono lavoro,è stato un giovincello pure lui e se è arrivato fin lì lo ha fatto con le sue capacità autonome cresciute nel tempo con molta volontà di emergere.
Ma come si fa ad inventarsi un lavoro dove non c'è?
Si analizzano i lavori più sviluppati in altri Paesi,si copiano i modelli,si studiano le forme di finanziamento comunitario,si organizzano cooperative,startup per raggiungere gli obbiettivi prefissati,con tanti sacrifici,motivati dalla voglia di emergere,stringendo la cinghia e facendo la fame per un pò.
Se poi uno vuole il posto fisso a tutti i costi,si mette in fila ed aspetta.....senza dare fastidio a chi ha voglia di impegnarsi in prima persona.
Segnalibri