e secondo te che succede se il fondo non è sufficiente a coprire il 100% dei conti fino a 100000€?
il tuo ragionamento filerebbe se fosse lo stato o un organismo con patrimonio pressoché illimitato a garantire il 100%, ma va da se' che garantire il 100% tramite un fondo che è semivuoto è ridicolo
Ultima modifica di marco85; 13/09/2017 alle 13:41
Dicembre 1996: la perfezione
Febbraio 2012: l'apoteosi
Febbraio 2018: la sorpresa
È ovvio che non potrebbe garantire nulla in caso di panico e crollo, ma per coprire il fallimento di una manciata di banchette stile popolari tedesche o Cassa di Risparmio di Casalpusterlengo, basta ed avanza. In ogni caso è ben diverso dire che non potrebbe garantire dal crollo del sistema intero (grazie tante) e invece dire, come hai fatto tu, che non è detto che l'intera somma venga rimborsata.
gli Usa stanno affogando in un mare di debito, anche privato...
e le borse festeggiano verso nuovi record...
finanza ormai completamente scollata dall'economia reale. Magari non oggi, non domani, ma prima o poi un forte correttivo è obbligatorio, non so fin quando possano fare nuovi massimi con un disastro simile.
Dicembre 1996: la perfezione
Febbraio 2012: l'apoteosi
Febbraio 2018: la sorpresa
considera che l'ammontare dei depositi di mps, banca in enorme difficoltà, ammontavano ad inizio 2016 a circa 123mld di euro. Immaginiamo che oggi si sia ulteriormente ridotto. Restano comunque cifre altissime. Quel fondo non basterebbe nemmeno se saltassero Etruria, Carige, Banca Marche ecc ecc. Forse basterebbero per una cassa rurale piccolissima e locale. Quel fondo è praticamente vuoto. Ed il bello è che c'è chi crede al rimborso in toto dei 100000 euro...ma con quali soldi eventualmente ciò sarebbe garantito? Dovrebbero spiegarcelo. Altrimenti è solo un creare un po' di fumo negli occhi dei correntisti meno avveduti che dormono tranquilli sopra il bubbone del proprio istituto di credito.
Ultima modifica di marco85; 13/09/2017 alle 17:30
Dicembre 1996: la perfezione
Febbraio 2012: l'apoteosi
Febbraio 2018: la sorpresa
altro giro altra corsa (è proprio vero che il crollo del 2007 non ha insegnato nulla!!!).
Allarme Moody's: 549 miliardi di titoli tossici in 5 banche
5 banche europee si dividono 550 miliardi di titoli tossici. Troppi per Moody's che lancia l'allarme. Ecco i nomi degli imputati.
L'allarme di Moody's
Abs, Cdo, Npl e mutui subprime cartolarizzati sono le voci negative e spesso troppo pesanti, ancora presenti nei conti delle banche europee nonostante le tante opere di messa in sicurezza del panorama di credito del vecchio Continente e i diversi esami e stress test della Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) . Moody's se ne è accorta e ha messo sotto torchio 5 grandi istituti, nello specifico Deutsche Bank (IOB: 0H7D.IL - notizie) , Royal Bank of Scotland (Londra: RBS.L - notizie) , Barclays (Londra: BARC.L - notizie) , Credit Suisse (IOB: 0QP5.IL - notizie) e Ubs (Londra: 0QNR.L - notizie) che avrebbero in pancia troppe sofferenze e, oltre alle perdite, dovranno registrare anche i costi delle attività di smaltimento delle tossicità. Con tutte le conseguenze sulla redditività. Numeri alla mano Ubs dal 2012 ad oggi sarebbe riuscita a smaltire non oltre il 30% della zavorra mentre Barclays (Swiss: BARC.SW - notizie) è riuscita a fare meglio puntando al 50%. eppure, nonostante questo, è proprio Barclays a dover registrare ancora il maggior numero di titoli tossici per un controvalore che supera i 300 miliardi, seguita a ruota dalla Royal Bank of Scotland, già salvata dal governo inglese durante i momenti più bui della crisi, ma che non è riuscita a risollevarsi del tutto visto il suo fardello di tossicità "fermo" a 133 miliardi. Ubs e Credit Suisse seguono a ruota appaiate tra 57 e 56 miliardi rispettivamente. La più efficiente? Deutsche Bank: titoli tossici in pancia non oltre i 5,8 miliardi. Questi numeri, però, non rappresentano solo un peso, un punto interrogativo dettato dalla potenziale illiquidità degli asset e una serie di costi, come detto, per le banche stesse ma anche un vento contrario vista la svalutazione praticamente obbligatoria cui sono soggetti di anno in anno e che, solo nel primo trimestre 2017, hanno registrato perdite cumulate per oltre 3 miliardi di dollari che diventano addirittura 132 se si sommano le perdite aggregate di tutti e 5 gli istituti negli ultimi 6 anni.
L'evoluzione della crisi bancaria
Era il 2007 e i primi sintomi di un malessere generalizzato sul sistema bancario europeo erano palesi. Nulla si fece, fino a quando non furono gli Usa a rendere manifesta la crisi con i mutui subprime che erano ormai distribuiti come caramelle. Da allora sono stati fatti tanti progressi sul controllo delle norme che regolano l'ambiente finanziario e anche grazie ai diversi provvedimenti messi in piedi dalle barie banche centrali, gli istituti maggiori sono stati messi in sicurezza. Non solo, ma dall'altra parte dell'oceano, complice anche la struttura stessa dell'economia Usa, meno bancocentrica, le banche a stelle e strisce hanno potuto liberarsi dei titoli tossici e, ancora di più, sfruttare le condizioni favorevoli dettate dai tassi bassi. Sì, perchè a differenza di quello che si potrebbe pensare, le banche Usa non vedono nel margine di interesse il guadagno maggiore, preferendo invece le attività di trading e gestione del risparmio, queste ultime enormemente favorite dalle politiche di accomodamento delle banche centrali, Fed in primis. Una conferma è arrivata eni giorni scorsi proprio dal report reso noto dal Comitato di Basilea e dal quale si evince che nel giro di 10 anni, ovvero dall'adozione delle misure di protezione del credito ad oggi, gli istituti mondiali hanno visto un rafforzamento del capitale da 1.600 miliardi, un cuscinetto che ha permesso al Common Equity Tier 1 delle prime 200 banche mondiali di arrivare dai precedenti 2,12 trilioni del 2011 agli attuali 3,73 milioni di fine 2016. Sebbene il risultato sia un'implicita conferma che le misure adottate abbiano portato risultati positivi, dagli Usa arriva la tentazione di abolire quegli stessi paletti che ne hanno permesso il raggiungimento. Magari approfittando proprio del fatto che in questi 10 anni le banche Usa hanno visto vantaggi maggiori e migliori performance. Numeri alla mano, infatti, per l'Europa si ha un Cet1 a +56,8%, la metà di quello registrato sia in Usa che nel resto del mondo.
Rossana Prezioso
14 settembre 2017
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Ovvero, a parte DB della quale abbiamo già parlato e che comunque sta rappezzando la situazione, 4 banche su 5 non in area euro e a breve nemmeno in EU - in altre parole, con gli stress test ECB non c'entrano una fava, casomai la signora si riferisce agli accordi di Basilea. Insomma, il problema c'è, ma questo tipo di giornalismo approssimativo non fa un servizio alla causa.
tranquilli, va tutto bene.
sta solo per fallire il gigante americano dei giocattoli Toys, che chiederà l'accesso al chapter 11...
e il bond subordinato toys in scadenza 2021 diciamo che corregge leggermente...
ma è tutto il retail americano che è di fronte ad un cambiamento epocale. Cosa succederà all'economia di Europa e Italia quando accadrà qui?
These haunting photos of the retail apocalypse reveal a new normal in America
The American retail apocalypse in photos
Ultima modifica di marco85; 19/09/2017 alle 17:10
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si procede spediti fino a nuovi massimi, sta big bubble sfida tutte le leggi di gravità
Morgan Stanley: S&P 500 a nuovi record, poi crollo
28 settembre 2017, di Mariangela Tessa
Per Wall Street la fase Orso arriverà presto, ma non prima aver toccato nuovi record. Ne è convinto Mike Wilson, analista di Morgan Stanley che, in un’intervista alla Cnbc, ha detto si aspettarsi che lo S&P 500 raggiunga il record di 2.700 punti a inizio anno, ovvero 200 punti oltre i livelli attuali. Per poi, a metà del 2018, ritornare a scendere, con un deprezzamento atteso intorno al 20%.
Una correzione di questa ampiezza – dice l’esperto – è normale per un mercato toro che dura ormai da otto anni. Un declino del 20% da 2.700 punti significa che lo S&P 500 raggiungerà quota 2.250 punti. In ogni caso, il target 2.700 rappresenta un incremento del 300% da marzo 2009, ovvero dal picco dell’ultima crisi finanziaria.
A sostenere la nuova ondata di rialzi, secondo Wilson, saranno soprattutto i risultati di bilancio relativi al terzo trimestre, che dovrebbero confermare una fase di espansione degli utili anche la riforma fiscale di Donald Trump, i cui primi dettagli sono emersi ieri durante un comizio del presidente Usa nell’Indiana. A questo proposito, l’analista ha detto:
“questo creerà euforia solo nelle prossime due settimane, ma non è escluso che dopo un paio di settimane ci sia l’inevitabile delusione”.Per lo strategist di Morgan Stanley, lo S&P 500 riuscirà a toccare il target di 2.700 all’inizio del 2018, soprattutto se la riforma fiscale sarà approvata.
“Dopo il raggiungimento dell’obiettivo, l’inizio del mercato orso potrebbe verificarsi in qualsiasi momento”.
wallstreetitalia.com
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Febbraio 2012: l'apoteosi
Febbraio 2018: la sorpresa
E esattamente chi e' il visionario che si aspettava che il mercato del retail sarebbe rimasto florido com'era all'epoca pre-internet?
Abbiamo avuto (e abbiamo ancora) tutto il tempo di aggiustare il tiro prima che il retail si spezzi definitivamente, e se Amazon ancora non ha messo le cose in chiaro, ora ci stanno pensando i vari alibaba e wish a piantare un altro chiodo nella bara. Lamentarsi sarebbe come se nel 2017 la kodak si lamentasse del crollo del mercato dei rullini.
"You are not entitled to your opinion. You are entitled to your informed opinion. No one is entitled to be ignorant." (Harlan Ellison)
si ma tutto questo in cosa si traduce a livello occupazionale? quanto è favorevole e quanto danneggia l'economia? quali effetti ha sul tessuto sociale?
Qui non si tratta di passare dalle macchine fotografiche standard a quelle digitali, questa è una rivoluzione nel commercio che porterà a sconvolgimenti importanti nel medio-lungo termine.
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