La questione secondo me è un po' più complessa, ed è stata in quel dibattito troppo semplificata.
L'identità c'entra, e alla fine, antropologicamente parlando, è alla base di tutto.
Intendo con identità il fatto che un gruppo umano si riconosce come tale - e forma quindi una società - sulla base di valori condivisi, di una visione del mondo comune, ed esprime questa base comune in una serie di comportamenti, di riprovazioni, ma anche di riti e di simboli, non ultima la costruzione di un mito delle origini. Questo anzi è uno degli elementi che si ritrova in quasi tutte le culture o i gruppi umani, probabile che sia intrinseco alla specie, diciamo "cromosomico". Roma si era inventata Enea, tanto per fare un esempio, ma nel mondo greco classico ci sono esempi anche più fantasiosi.
Il modo di concepire la gestione economica affonda di fatto nelle convinzioni, nella visione del monde del gruppo che la attua. E' noto ad esempio il dibattito storico sulle relazioni fra etica protestante e sviluppo della rivoluzione industriale, del capitalismo etc.; qualunque siano le conclusioni che si adottano, resta il fatto che un certo tipo di sviluppo economico in certi secoli - dal Rinascimento in poi - si è avuto principalmente proprio là dove le convinzioni filosofico-religiose spingeva ad agire in quella direzione.
Sempre sbozzando con l'accetta, laddove hai un atteggiamento verso la vita fatalistico e di accettazione del destino, è molto meno facile trovare lo spunto per intraprendere alcunché, pensa ad esempio al mondo russo prerivoluzionario.
Insomma, se un gruppo si riconosce come tale, attorno a dei valori condivisi, quei valori ricadono giocoforza anche sulle sue decisioni in campo economico. Quindi, laddove ci si riconosce in un'identità, è conseguenza che si cerchi di esprimerla e svilupparla in autonomia in tutti i campi , anche quello della gestione economica. L'Uomo non è fatto a compartimenti stagni. Tutto qui.
Quindi la questione è mal posta, secondo me.
Condivido quello che hai detto alexeia e ti ringrazio
In questa discussione, ma anche in sede di trattativa Regione - Stato, è molto difficile spiegare queste cose, soprattutto il fatto che l'autonomia non è una richiesta egoistica ma basa i propri principi su ragioni e questioni molto profonde, come appunto questioni storiche, identitarie, linguistiche, ecc. e solo detto e tenendo ben a mente queste questioni si può certamente affermare che rientra anche la questione fiscale
Per me qualcuno ti ha inculcato queste idee tipo lavaggio del cervello, ripeti le stesse cose in continuazione. Adesso ritorno ai miei affari, ovvero organizzare una secessione della provincia di teramo dall'abruzzo ed anche un'annessione di ascoli e provincia, per uno stato autonomo ed indipendente, d'altronde c'è scritto nello statuto di teramo, un'opera meravigliosa e complessa scritta da peppino la cotica, nu purchettar di colledara.
Vai convinto
Rispetto profondamente anche le tue opinioni, ma ti informo che ti sbagli
Ritengo invece grave che non capiate (o non vogliate accettare) la situazione del Veneto.
Amen, parleranno i fatti, la mia Regione di certo non interrompe la trattativa solo perchè voi siete convinti che sia "tutta una questione di soldi"
Già ci hanno pensato <<Addio all'Abruzzo e a Teramo>> - Teramo - Il Centro
Sarò molto tranchant......
Autonomia per le regioni che hanno dimostrato di sapersi gestire : tutte quelle del nord, poi Toscana ,Marche Umbria, mentre non ne sono all'altezza Lazio ed Abruzzo.(ci vedrei un commisario dello Stato centrale).
Nel sud alcune regioni seguirebbero il destino di Lazio e Abruzzo, ossia un bel commissario (Basilicata ,Molise e Sardegna) per le altre ci vuole prima di ogni cosa, l'esercito per sradicare le varie mafie, (manu militari) che ne soffocano ogni possibilità di sviluppo economico.
In sintesi credo in uno Stato centralista per la difesa ed i temi di indirizzo macroeconomico, mentre ci vuole un sistema federale per tutto il resto (con le limitazioni di cui ho detto all'inizio).
Ultima modifica di EnnioDiPrinzio; 26/09/2018 alle 15:56
Notizia fresca di stampa, visto anche che oggi è la Giornata delle Lingue Minoritarie, istituita nel 2001.
Il Presidente del CRV per la Regione del Veneto
CRV- Ciambetti :"Difendere le lingue regionali" - Press Release - Veneto - ANSA.it
Io sono sicuramente nel primo insieme: continuo a non capire cos'abbia di diverso il Veneto da ogni altra regione (a parte un residuo fiscale abbastanza elevato; in questo assieme a poche altre regioni).
E, prevengo, "ma allora gli altoatesini" non è una risposta.
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Io invece (e purtroppo sottolineo) penso che molti tra cui anche te ricadiate in chi non accetta la questione veneta. Il punto non è esser diversi dalle altre Regioni come se io avessi detto che siamo "i migliori e tutti gli altri peggiori".
Siamo diversi semmai per questa identitá, questa storia, queste lingue che qua vengono parlate, questa civiltá veneta che da quell'annessione del 1866 non ha mai avuto una risposta forte e decisa.
Lo Statuto del Veneto che non a caso vi ho tanto nominato in questa discussione, parla chiarissimo e se appunto vi prendete un po' di tempo per leggerlo e lo confrontate con altri Statuti capite che qualcosa di particolare e "diverso" c'è, come il fatto che si parli di auto-governo, di popolo veneto, di lingua veneta, di civiltá veneta, ecc..
Insomma, niente se non quello che i veneti si dicono da soli, e che sono bravi tutti a dirsi.
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
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