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Secondo me vanno distinti due casi:
1: Tempo di risposta in una fase calda
Esaurite eventuali spinte residue, la quantità di ghiaccio che fonde alla fronte non è compensata dal ricambio di massa di ghiaccio proveniente dall'alto. Il movimento del ghiacciaio è generalmente poco accentuato e nelle variazioni frontali dell'anno influiscono la morfologia (quanto è spessa la fronte quell'anno) che fanno sì che la fronte, muovendosi di pochi metri all'anno se su pendenza modeste, non riesca a compensare che meno del 10-20% dei cm di ghiaccio persi per ablazione alla fronte che si aggirano tra i 300 e i 600cm (per i ghiacciai delle nostre zone delle Alpi)
Le fronti ripide tendono ad assottigliarsi più velocemente e quindi fratturarsi e intercettando più calore vedranno aumentare la velocità di scomparsa in misura maggiore di quanto duvuto solamente alla situazione climatica.
2: Tempo di risposta in una fase fredda.
Gli accumuli nevosi, presenti, si trovano ad una quota variabile. In un anno come il 2001 la snow-line era spesso al di sotto delle fronti, ma quand'anche essa fosse posta più in alto ha potuto portare a delle avanzate durante lo stesso anno=tempo di risposta 0. (vedi caso del ghiacciaio di Dosegù)
Quando la massa nevosa si accumula per più anni al di sopra della quota della fronte (diciamo in un range dai 200 ai 400m per darci una idea) bisogna non solo calcolare quanto tempo questi accumuli pluriennali impiegheranno per raggiungere la fronte, ma anche, dopo soli pochi anni, la
vis a tergo maggiore prodotta dall'incremento di massa che farà aumentare la velocità di flusso del ghiaccio e per morfologie ripide innescherà delle modalità di trasferimento di massa molto rapide come i crolli o valanghe di ghiaccio.
Le alte temperature non hanno effetti sempre univoci.
A noi è sembrato che l'estate del 2003 abbia temporaneamente aumentato la velocità dei flussi. Questo però potrebbe essere messo in relazione anche alla quantità di neve del 2001 presente e alle modalità di ablazione della stessa che possono aver temporaneamente aumentato a valori molto elevati la quantità di frazione d'acqua liquida a quote elevate, soprattutto nell'interfaccia col substrato del ghiacciaio.
Oppure: l'aumento della crepacciatura riscontrata è un effetto solamente del minor innevamento che normalmente la maschera in parte.
Negli ultimi anni la temperatura ha portato a una perdita tale di massa che il flusso sembra diminuito molto di entità. I pochi dati rilevati di velocità lo confermano. Ma anche ad una semplice osservazione si riesce a capire che si è interrotto il trasferimento di massa pe ril semplice motivo della scomparsa dei bacini di accumuulo, divenuti bacini di minore ablazione.
L'ablazione differenziale tra la quota più alta e quella più bassa di un ghiacciaio produce un meccanismo di rinforzo dell'ablazione, più visibile per ghiacciai di piccole dimensioni , ma più eclatante nei fenomeni per quelli di grandi.
Dove il ghiacciao è ripido, lo squilibrio tra forte velocità e mancanza di rimpiazzo a monte di ghiaccio porta a fratture del ghiacciao sui gradini ripidi e ad un aumento di pendenza degli scivoli ghiacciati, che favoriscono lo scivolamento di neve a valle, aumentando l'ablazione stagionale ed amplificando la crisi del bacino di accumulo.
Inoltre, la presenza di acqua liquida all'interfaccia ad inizio stagione <(fatto più volte constatato negli ultimi anni) favorisc la creazioni di grandi valanghe sui pendii glaciali a maggiore pendenza.
Altro fatto su cui meditare.
La mancanza di firn, che si comporta come una spugna, favorice una accelerazione del trasferimento delle frazioni di acqua libera sul ghiacccaio attraverso l'acquifero endo e subglaciale.
Quanta parte di queste acque verrebbero trattenute nel firn fino alla stagione fredda invece di dilavare o scorrere comunque a valle?
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