Ciao Matteo,
per come la vedo io, la questione è riassumibile in questi termini.
Premesso che nell'analisi delle serie storiche tutto ha valenza relativa, cioè trend, minimi, massimi, ecc ... sono riferibili ad un determinato range temporale, io insisto sempre nel sottolineare come non sia possibile scindere effetti osservabili da cause sottostanti nel definire un determinato fenomeno, proprio perché la relatività degli elementi rischia di portare fuori strada.
Se,ad esempio, consideriamo il trend della temperatura superficiale globale come effetto osservabile di fattori che agiscono in seno al sistema climatico sappiamo che esso (il trend) è frutto dell'interazione fra fattori cosmico-astronomici (esterni al sistema climatico) e fattori cosiddetti geografici (interni al sistema, tra cui anche il fattore uomo). Se da un lato i primi sono responsabili delle tendenze di lunghissimo periodo, non percepibili dall'uomo vista la scala temporale che le caratterizza, i secondi, invece,anche per effetto della presenza di misurazioni termometriche in taluni casi ultrasecolari, consentono di definire i contorni spazio-temporali di tali tendenze.
Seda un lato vi è numerosa documentazione scientifica che ritiene che,per effetto dei soli fattori astronomici (nell'ipotesi di relativa invarianza dei fattori interni) , nel prossimo futuro, dell'ordine di qualche decina di migliaia di anni, dovrebbe proseguire il trend al ribasso della temperatura superficiale globale iniziato circa 6.000 anni or sono, dall'altro lato il trend dell'ultimo secolo è decisamente rivolto al rialzo.
Quindi siamo in presenza di GW o GC ?
La risposta, come ovvio, è relativa alla scala temporale di riferimento. Qualcuno potrebbe pensare che questa relatività possa far comodo per ritenere normale o privo di significato qualsiasi trend osservabile, ma non è assolutamente così dal momento che tali trends, su scale temporali differenti, sono causa di altrettante cause/forzanti agenti sulle stesse differenti scale temporali.
Ora, la variabilità climatica anch'essa agisce su scale temporali differenti a seconda che sia rappresentativa di fattori esterni oppure interni al sistema climatico. Mentre i fattori astronomici tendono a produrre andamenti marcatamente ciclici, periodici,sinusoidali o trend marcatamente lineari o parabolici, i fattori interni al sistema non producono negli effetti osservabili andamenti così regolari, piuttosto tendono a presentare quasi-ciclicità,andamenti aperiodici, simil-sinusoidali e discontinuità talvolta nette (di qualsiasi segno) che appaiono improvvisamente.
Il problema è separare appunto i segnali dei fattori interni al clima che interagiscono simultaneamente su differenti scale spazio-temporali, appartenenti sia alla variabilità atmosferica sia alla variabilità climatologica in periodi di riferimento che per nostra comodità di esseri umani abbiamo fissato in qualche decina di anni.
Pertanto fai benissimo a parlare di cicli, stati climatici al netto del GW. Per analizzare le componenti che agiscono ed influenzano qualsiasi trend è indispensabile “detrendizzare” il tutto. Solo così è possibile isolare i differenti contributi dei differenti fattori del clima.
Tornando quindi alla tua questione:
come già sostenuto in altri posts, logicamente potremmo affermare che in quel determinato arco temporale è osservabile un raffreddamento, ma comprendere se tale contro-trend secondario è frutto della cessazione delle forzanti GW o dell'instaurarsi di contro-forzanti è cosa non da poco proprio a causa di questa interazione di fattori che agiscono su scale temporali differenti, spesso anche non aventi valenza climatologica ma rientranti sono nel carattere capriccioso del tempo atmosferico.
Ultima modifica di CausaEffetto; 04/10/2013 alle 20:44
[B]Lorenzo Smeraldi : [/B]le migliori idee sono sempre quelle che vengono realizzate
In questi termini, assolutamente d'accordo. Se la linearità del trend previsto dovesse presentarsi nella realtà maggiormente "curvilinea" allora un qualche problema di peso relativo fra le differenti forzanti simulate esisterebbe oppure potrebbe esistere un problema di stima dell'influenza temporale di tali forzanti.
[B]Lorenzo Smeraldi : [/B]le migliori idee sono sempre quelle che vengono realizzate
l'antropizzazione comunque è tutta "terrestre":
il petrolio sta nel sottosuolo, il cemento e l'asfalto derivano da materiale terrestre,ecc sono tutti derivati terrestri,
ciò che preoccupa maggiormente è la qualità dell'aria e gli effetti sulla nostra salute.
la CO2 è aumentata su tutti i pianeti del sistema solare..quello che è stato immesso nell'aria e nel terreno dall'uomo
ha un'effetto "visibile" (visibile almeno un +0,1°C annuale) nelle temperature globali? (escludendo il vivere su isola di calore
che fa parte di scelte del tutto personali da soggetto a soggetto)?
diciamo che la mia era una domanda:
siamo sicuri e abbiamo prove scientifiche che l'uomo possa contribuire di un aumento annuale di almeno un decimo di grado per anno?
Fig.A3.jpg
nel 2013 le variazioni di intensità verticale (da me elaborate) a confronto con il 2010:
Z_map_sv_2010.jpgZ_map_sv_2013.JPG
la costante forte anomalia di intensità verticale Atlantica sembra perdere forza, per ora solo -5 uT (causa della diminuzione del campo
magnetico nell'ultimo secolo sulla Baia di Hudson ),
in zona PWP sta prendendo piede una diminuzione del campo magnetico per l'avvicinarsi di un centro di anomalia negativo da est.
L'intensità in zona ENSO in timido aumento di +5 uT.
Ultima modifica di Alessandro(Foiano); 05/10/2013 alle 02:55
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Proprio su questo l'AR5 prova a dare una risposta:
“E’ estremamente probabile” (al 95-100%) che più della metà dell’aumento osservato della temperatura superficiale dal 1951 al 2010 sia stato provocato dall’effetto antropogenico sul clima (emissioni di gas-serra, aerosol e cambi di uso del suolo)."
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