E comunque ribadisco: il topic non vuole parlare di futuro (fumoso) ma del lontano passato (certo). Gradirei che trovaste le prove che c'erano dei ghiacciai nel periodo altomediovale
le nuvole alte non portano la pioggia. Papa Luciani
Non si trova in rete, ma ti posso consigliare la lettura della rivista Nimbus sul progetto ARCHLIM
http://www.nimbus.it/meteoshop/Estra..._estratto3.pdf
Per me è stato un lavoro illuminante
Dimostra come:
- il Medioevo, pur essendo stato un periodo più mite della successiva PEG, non fu poi così caldo come oggi pensiamo
- i ghiacciai Alpini fossero più in salute rispetto a oggi
Un lavoro veramente eccellente...chiaramente non si trova in rete. Devi avere la rivista
le nuvole alte non portano la pioggia. Papa Luciani
Le ricostruzioni glaciali alpine mostrano che all'epoca dell'insediamento antropico il clima doveva essere più mite perché i ghiacciai erano meno estesi rispetto ad oggi. Tuttavia va sempre relativizzato il concetto che noi diamo all'oggi, quando si parla di dinamiche glaciali. Se per oggi intendiamo il medio XX secolo, direi che la cosa ha un senso. Ben altro, invece, se per esso intendiamo gli anni attuali. Tenendo in considerazione il fatto che i ghiacciai (soprattutto quelli più grandi, ovviamente) non sono in equilibrio con le condizioni climatiche attuali e mostrano dinamicamente il risultato delle sollecitazioni climatiche di diversi decenni fa (per es. per l'Aletsch si parla di un tempo di risposta all'equilibrio di 50-100 anni!), è molto probabile che si sia già superato l'Optimum olocenico. Per giganti come l'Aletsch è solo questione di alcuni anni per vederli tornare ai livelli che avevano durante l'età del bronzo, il periodo preistorico che precedette la morte della mummia del Similaun.
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Indi, per rispondere alla domanda del titolo: per le Alpi direi di sì, o meglio, siamo tornati al massimo termico olocenico (prob. che dò al 90%) e forse lo abbiamo pure superato (prob. che dò al 60%).
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Anche se non ho ancora letto tutti i link postati all'interno di questa discussione, sono sicuro siano studi interessanti, tuttavia lo studio dei ghiacciai alpini non è l'unico elemento utile per rispondere al titolo del thread in quanto servirebbero in parallelo degli studi sulla flora dell'epoca. Aggiungo inoltre che andrebbe posto lo sguardo anche oltreconfine per capire se si tratta veramente di un GW in termini assoluti. Se qualcuno dunque avesse notizie in merito, intervenga pure.
Riguardo alla flora posso purtroppo solo citare un articolo dal National Geographic. Anni fa hanno ritrovato i resti carbonizzati di legno di larice in Val di Rabbi (TN), frutto di produzione di carbone a quote decisamente superiori all'attuale limite di vegetazione del larice. Con le datazioni del C14 sono arrivati alla conclusione che c'era uno sfruttamento intensivo dei boschi nel periodo medioevale, e che il bosco stesso aveva dei limiti di altitudine molto maggiori dell'attuale. Si può inoltre citare il fatto che , guardando la Valtellina, i terrazzamenti sono ben presenti sino a mille metri di quota, indice che segale e grano saraceno venivano coltivati fino a quelle quote....
le nuvole alte non portano la pioggia. Papa Luciani
Questo però non ci permette di inferire granché, dal punto di vista climatico. Andrebbe inserito in un quadro d'insieme assai più vasto e completo (come le ricostruzioni plaeoclimatiche in effetti fanno), utilizzando collateralmente altre informazioni vicarianti (proxy da isotopi glaciali, da sedimenti lacustri, da studi pollinici, proxy dendro etc etc).
Quando si fanno questo tipo di comparazioni arboree/vegetative, non si può non tener conto delle distorsioni indotte dal fatto che:
1) il ritrovamento di resti carbonizzati di legno di larice è avvenuto anni fa, la comparazione con il clima attuale è già imperfetta in partenza;
2) avendo origini antropiche e associate a pratiche di land use, c'è una possibilità che i resti siano stati lasciati in loco da transiti locali di manodopera impegnata a trasportare legna o da altre pratiche di land use;
3) la crescita arborea, nel Medioevo, era possibile solo se le T medie della stagione vegetativa erano più alte rispetto a quelle del periodo del ritrovamento a parità di regime pluviometrico. In effetti, la sensibilità climatica delle treelines dipende anche da altri fattori condizionanti la stagione vegetativa, oltre alle T estive: quantitativi di precipitazione differenti (ma localmente anche altri fattori, quali ad es. copertura nevosa tardoprimaverile, topografia, venti) possono anche modificare le condizioni di contorno che permettono al bosco di colonizzare i versanti alpini in base ad un'assunzione di decrescita delle T con la quota;
4) comparare perfettamente una ricostruzione del limite superiore della vegetazione arborea di quasi 1000 anni fa con una treeline odierna o di appena pochi decenni fa è impresa improba. Le implicazioni di tipo antropico, nello sfruttamento boschivo recente, costituiscono un bias non indifferente e, in ultima analisi, forse troppo forte. È probabile, per es. che si tenda a sottovalutare la quota del limite arboreo recente a causa delle forti perturbazioni antropiche dovute alle pratiche pastorizie (e nelle molte zone di alpeggi abbandonati, il bosco riprende massicciamente il "suo" territorio e avanza velocemente).
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