Ottobre è un mese dove ancora è viva la fenomenologia ad alta convettività, per cui non vedo grossi legami con le saccature atlantiche. Bernacca contava le perturbazioni sarebbe curioso sapere i conteggi medi di ottobre.
Ma questo lo vedi bene anche dalle anomalie zonal wind che di solito ad ottobre è ancora lievemente in anomalia negativa.
Ai nostri tempi avrai notato come i fenomeni convettivi sono più frequenti anche a Gennaio e Febbraio (nel 2010 e 2012 ho visto neve con lampi e tuoni)..
Tuttavia Ottobre, per come lo abbiamo conosciuto in passato, è un mese piovoso che contribuisce ad alimentare falde e rete idrogeologica. ED è pertanto corretto che se un modello prevede una struttura stabilizzante permanente la si legga come anomalia (cosa che non farebbe a Luglio o Agosto)
Tornando alla carenza di piogge, non devi immaginare una linea di trend rettilinea con pendenza negativa.
Devi immaginare che non tutti i territori mostrano lo stesso andamento. Ad esempio la fascia tirrenica sta soffrendo molto di lunghi periodi di secca e rotture con alluvioni.
Periodi di secca ed alluvioni climaticamente non si compensano.... I periodi di secca sono periodi di secca ed anche se finiscono con 300 mm di alluvione lampo impattano sull'ambiente (scarso contributo alle falde freatiche) come periodi di secca.
Insomma per concludere il nostro discorso, inviterei gli appassionati assidui come sei tu, a cercare di scorgere i cambiamenti climatici, caratterizzarli, capirli, non a cercare di "normalizzare il tutto".
SE qualche forumista si lamenta che non piove ad ottobre, dopo che in vaste aree non piove da inizio anno...., cercherei di capire perchè ad una siccità invernale abbia fatto seguito una primavera siccitosa, una estate arida...ed ora un autunno che sembra puntare alla stabilità.....
è vero che in alcune aree piove ed ha piovuto nella norma o poco più ....ma noi dobbiamo puntare l'attenzione su quelle aree dove non piove continuativamente in modo normale da Dicembre 2016....che sta succedendo?
Ultima modifica di Climavariante; 05/10/2017 alle 20:16
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Ho imparato negli anni che discutere di meteo e cambiamenti climatici con chi si è avvicinato a questo hobby per amor di freddo e neve...alla fine è tempo perso.
Niente, sfiga configurativa, la stessa che c’è in inverno sul NI da qualche anno. Cambieranno un po’ di cose w tornerà a piovere anche dove non piove da dicembre (oh, parli di dicembre scorso eh, mica 15 anni fa... che tendenze devi fare con 10 mesi di roba?). Ricordo che laddove non sta piovendo (tipo Piemonte, ad esempio) un paio di anni fa si è chiuso un ciclo di anni ben sopra la media un po’ ovunque al N. Come vedi in poco tempo è cambiato tutto questo perché sono pattern più o meno bloccati... sono 3 anni che abbiamo l’anticiclone che spinge troppo da W, perché al S Italia hanno inverni belli?
Si vis pacem, para bellum.
Trovo perfettamente inutile dialogare con chi sostiene che plot e interi set di dati siano insufficienti o inadeguati perché non coincidono con le sue soggettive convinzioni... oppure vede "linearità" dove non ce n'è affatto... Se andiamo bene a vedere quanto avvenuto negli ultimi 2 anni e mezzo (diciamo dalla primavera 2015) è una diversa distribuzione delle anomalie termiche e pluviometriche, soprattutto nel semestre freddo, rispetto a quanto era avvenuto nel periodo 2008/2013. Distribuzione diversa e talvolta quasi opposta su aree estese del continente europeo, mentre altri fattori climatici e meteorologici hanno visto una significativa continuità. Il che fa pensare a cicli poliannuali, che in un contesto generale di riscaldamento globale (tendenza, questa sì relativamente lineare) avranno probabilmente una connotazione (in senso quantitativo e forse in partr anche qualitativo) diversa a quanto era possibile osservare fino all'inizio degli anni '70. Detto questo leggere cose aberranti, tipo quello sul clima inglese attuale simile a quello italiano di 30 o 40 anni fa, riesce solo a farmi perdere la pazienza...
P.S. prima di fare certi paragoni occorrerebbe prendersi la briga di confrontare le medie (minime, massime e giornaliere) di Manchester (1981/2010) e di confrontarle con quelle di Roma (magari quelle del trentennio 1951/80, teoricamente "Esente da GW") e poi aprire bocca (o porre le dita sulla tastiera).
Ultima modifica di Climavariante; 06/10/2017 alle 06:56
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Non prendete tutto alla lettera, altrimenti diventa pesante se uno deve sempre spiegare A,B,C
IL mio era un ragionamento legato ad un processo di invasione biologica. 30 anni fa la zanzara tigre non trovava le condizioni per naturalizzarsi in Italia....le ha trovate dal 1990 (Liguria) ed oggi è presente su tutto il nostro territorio fino ai 700 -800 m di altitudine forse anche più..
Invece ancora non ci sono le condizioni ideali per molti paesi del NEuropa tra cui UK..., che per questo aspetto risultano per la zanzara come l'Italia di 30 anni fa. NOn ho parlato di sovrapponibilità climatologica.
Detto questo lo ribadisco il clima si studia anche con gli indicatori biologici...
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Scusami, ma come indicatore biologico prendi una specie classificata come esotica invasiva? La zanzara tigre 30 anni fa non trovava le condizioni per diffondersi semplicemente perché non aveva ancora un vettore di diffusione a disposizione, infatti la sua presenza in Italia è stata per la prima volta riscontrata a Genova nel 1990. Potresti obiettare che pneumatici d'importazione ne arrivavano anche negli anni '70. Certo, ne arrivavano anche allora, ma non si erano verificate le condizioni perché la specie proliferasse, condizioni che con il clima possono entrarci come non entrarci affatto, ad esempio il fenotipo italiano (ed europeo) di Aedes albopictus è quello dotato di diapausa invernale (diffuso in Cina fino alla latitudine di Pechino e in Giappone fino alla parte settentrionale dell'isola di Honshu) e non è quello dell'Asia meridionale (India, Sud-Est asiatico) che non avendo di diapausa invernale non sopravvive al di fuori delle aree con clima tropicale.
Insomma la zanzara tigre si è diffusa in Italia (e in Europa e Nord America orientale, fino alla zona di Chicago) quando è approdato il tipo adatto e ha trovato le condizioni sufficienti alla sua diffusione. Ti faccio un altro esempio noto: la cocciniglia del pino marittimo (Matsucoccus feytaudi) è originaria delle coste atlantiche del Marocco e dell'Europa sud-occidentale ed è arrivata in Italia (verosimilmente) nel 1973/74, partendo dalla zona di Tolone, mentre il primo dato di rilievo epidemiologico, che coincide con il
rinvenimento ufficiale della specie, data del 1977 (Monte Nero, Bordighera). Matsucoccus feytaudi compare poi nel Genovese (1985) e infine nello Spezzino (1992) mentre diventa un problema epidemiologico rilevante solo dalla metà degli anni '90, quando sono compromesse buona parte delle pinete liguri e toscane.
C'entra qualcosa il clima nella diffusione della cocciniglia del pino marittimo? Non possiamo saperlo con assoluta certezza, ma tenendo conto della biologia di questo insetto è estremamente improbabile che i fattori climatici abbiano avuto un peso rilevante, mentre di rilevanti ce ne sono senz'altro di sicuri: la velocità con cui si espande la specie in assenza di concorrenza e di antagonisti biologici (6 Km/anno) e le condizioni generali in cui la sua espansione è avvenuta (disinteresse sostanziale delle autorità competenti, fino a quando non c'è stato un impatto ecologico e quindi economico).
Sulla biologia di Aedes albopictus e su come questo problema sia stato sottovalutato, ti consiglio di leggere questo paper, che essendo del 2001, è particolarmente significativo, proprio perché spiega le ragioni della sua diffusione incontrollata e propone scenari inquietanti che, a distanza di 16 anni, stanno in qualche modo prefigurandosi (vedi i recenti focolai di chikungunya a Roma e dintorni):
http://www.iss.it/binary/publ/publi/...1108978978.pdf
Ultima modifica di galinsoga; 06/10/2017 alle 09:27
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