Anche in valle dei laghi i lecci son molto diffusi.
All'istituto agrario di San Michele ce n'è uno enorme in giardino.
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prospetticamente le carte mostrano una potenziale tendenza verso alte potenzialità di prospettiva....
Come letto qualche messaggio fa, ebbene sì, il problema principale dell'ulivo risiede nella sua scarsa resistenza all' umidità. E' una pianta notoriamente xerofita che adora i versanti sud, assolati, secchi e preferibilmente pietrosi, motivo per cui appunto potrebbe essere molto meno diffuso nel versante nord dell'Appennino; non per nulla, credo si possa 'misurare' e confrontare il soleggiamento preappenninico e quello prealpino attraverso l' osservazione della diffusione del cerro e della roverella: il primo ama il poco sole, la seconda adora le tintarelle tutto l'anno. E più o meno la diffusione dell' ulivo ricalca questa differenza!
Poi conta anche la questione genetica, non solo selezionata, ma anche naturale, dal punto di vista eco-geografico; gli ulivi diffusi nel nord Italia non sono gli stessi del centro e del sud, come per ogni altra pianta sia coltivata sia presente allo stato spontaneo (ad esempio, il leccio della provincia di Ferrara o del litorale veneto non è lo stesso delle colline sarde, e così vale per ogni altra pianta, con capacità di adattamento diverse a seconda del clima).
Detto ciò, quindi, l'ulivo resiste bene al freddo (più che altro secco), poi credo sia sottinteso che il fusto va coperto in inverno quando la pianta è giovane, anche se non so fino a quanti anni rischia.
Infatti, almeno dalle mie parti, è mediamente diffusa la sua coltivazione, con filari spesso piantati persino su pendii-sempre esposti a sud-molto bassi e poco inclinati (talvolta anche solo 1-3 metri al di sopra della piana sottostante), sui quali le temperature minime ad occhio dovrebbero limitarsi a soli 0.5°-2°C in più rispetto al piano di campagna in condizioni anticicloniche.
Spesso vengono piantati addirittura in pianura, purché goda di esposizione meridionale grazie all' immediata vicinanza di un pendio o di un dosso a nord, il cui soleggiamento diurno possa irraggiare calore verso le piante nelle (mezze) ore comprese tra il tramonto ed il ripristino serale dell' inversione termica; un po' come se fosse un 'muro' di cemento, riscaldato durante il giorno.
Tale fenomeno, che ho individuato empiricamente, è spesso confuso con un altro fenomeno molto diffuso a livello popolare, che vede nella vicinanza di colline a nord un elemento di protezione dai venti freddi; dinamica assolutamente errata, in quanto solitamente la pianura immediatamente pedecollinare registra, a ciel sereno e condizioni inversionali, escursioni termiche diurne moderatamente maggiori, con temperature massime più alte (buone per l'ulivo) e minime più basse, sia per la minor ventilazione rispetto ai posti aperti, sia per la minore umidità serale e notturna dovuta proprio al maggiore soleggiamento durante il giorno.
Ottimo anche l'ultimo intervento.
Cambiando argomento, mi sono sempre piaciuti i fossi piantati a platani da ceduo, tipici della pianura lombarda. Qui una foto di ieri mattina ad Est di Brescia
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Ottimo l'intervento di Duff! Grazie molte. Però mi chiedevo se non rischiano abbastanza gli olivi sulla riva del lago di Garda con freddi intensi, infatti li l'umidità è molto elevata...
"All truths are easy to understand once they're discovered. The point is to discover them." ~ Galileo Galilei
Fondatore di Centro Meteorologico Bolognese
Sito di Centro Meteorologico Bolognese: https://centrometeobolognese.com/
Sito personale: https://martinmb.wixsite.com/*******martinmb
Stazione meteo: http://www.meteosystem.com/dati/sanchierlo/index.php
Comunque ho ottenuto questa mappa delle ecoregioni italiane da ambiente e natura, associazione che mi sembra quanto seria. A me sembra che finalmente abbia un buon livello di precisione, sicuramente più di altre, che dite? received_957952901034751.jpg
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Per pungitopo immagino tu non commetta l'errore (che purtroppo molti fanno) di confonderlo con l'agrifoglio (che ho trovato molto diffuso nelle Prealpi Bresciane), e quindi parli del basso cespuglio di sottobosco. Ebbene io l'ho visto diffusissimo una volta che visitai il Bosco Fontana a Nord di Mantova circa 30 anni fa, dove tra l'altro la vegetazione arborea era costituita per il 50% da carpino bianco, per il 40% da farnia e per il 10% da frassino (non potrei ora dire se maggiore o meridionale) tutti quanti alti circa 20 m.
Ultima modifica di alnus; 06/03/2018 alle 08:58
Bravo Martin!
Belle foto ed argomento interessante!
Direi che le hai fatte dalla Autobrennero all'inizio della Vallagarina, nella prima potrebbe essere il Monte Pastello o il Monte Pastelletto, quindi ancora in Veneto, ma comunque i lecci continuano abbondanti anche in Trentino, e credo anche in Alto Adige.
Anche a me piacciono molto quei popolamenti e mi hanno aiutato a capire che le querce devono essersi differenziate sicuramente dopo la comparsa degli uccelli sulla terra.
Infatti è pieno di lecci anche in fessure di pareti veramente verticali, dove sicuramente le ghiande non possono essere cadute dai pendii soprastanti, occupati tra l'altro non da lecceta ma da orno-ostryeto, ma bensì esservi state infilate da ghiandaie e gazze per dispensa, essendo questi volatili i veri diffusori di tutte le querce, assieme probabilmente ai roditori.
Ultima modifica di alnus; 06/03/2018 alle 10:52
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