Il leccio nella fascia costiera e collinare abruzzese c'è in forma sporadica e o isolata oppure mista insieme alle roverelle o altre caducifoglie, queste ultime prevalgono quasi dappertutto salvo alcuni lembi costieri (ad esempio i tratti di lecceta pura presso le pendici costiere di Torino di Sangro).
Allo stesso modo è facile vedere lecci aggrappati a falesie verticali di arenaria,lungo.la costa, mentre tutto intorno , sui terreni normali c'è il bosco misto di quercie caducifoglio fino al mare.
Insomma il leccio resiste dove le quercie gli lasciano dei siti marginali inospitali.
Tutto questo avviene sui terreni non calcarei,(arenarie, conglomerati ed argille plioceniche) mentre non appena emergono le prime rocce calcaree dalle argille, a circa 20 km all'interno (un bell'esempio si trova in località Guarenna di Casoli in prov. di Chieti), con precisione chirurgica, dove emergono le rocce calcaree, su esposizioni a sud, e sotto i 400 m si assiste al cambio vegetazionale repentino (dal bosco caducifoglio a vere e proprie isole sempreverdi mediterranee) ove l'albero per eccellenza è il leccio con un corredo significativo di arbusti mediterranei ( ginepro rosso, cisto,lentisco).
Una bella formazione in tal senso si trova presso il lago artificiale di Casoli, oppure sulle basse pendici esposte a sud ovest del monte Pallano.
Procedendo verso l'interno della val di Sangro, queste formazioni rapidamente scompaiono, ma lecci isolati ,in forma cespugliosa, si trovano ancora su alcune rupi calcaree esposte a sud, fin verso i 700 m.
Sono rupi protette ed elevate sul fondovalle per cui non subiscono l'inversione termica con le forti gelate tipiche dei fondovalle.
Ecco come fa il leccio a spingersi all'interno. (sempre e rigorosamente su pendici esposte a sud).
Olivo e Vite allo stato spontaneo esistono, sono piante autoctone entrambe (anche se coltivate da millenni si sono un po' modificate diciamo così rispetto alle specie spontanee).
Allo stato spontaneo assieme alal vegetazione indigena, come detto sopra, trovi l'ailanto, la robinia, l'Agave americana, localmente anche il pino strobo (Pinus strobus), ecc., ma non saranno mai considerate specie del posto
Senz'altro Filtur, verissimo, è che solitamente queste mappe riguardano la vegetazione zonale, cioè quella la cui diffusione è dettata esclusivamente dalla componente climatica-altitudinale, escludendo quindi le successioni ecologiche intermedie comprese tra il climax e il suolo scoperto e anche le specie di diffusione secondaria, che spessissimo interessa le specie mediterranee che ritroviamo nelle nostre lande (e che, come anche tu dici, sanno muoversi bene anche in climi limitrofi al proprio, come la vite domestica, l' alloro, le betulle, ecc...)
Limite, sì. Ma secondo me quella linea segue proprio il confine con Liguria, Toscana, Umbria e Marche, poi in Romagna si spinge più all'interno ma solo in un' area molto più ristretta di quella che immaginavo all'inizio, come scritto da Alnus.
Vai tranquillo, le tue colline hanno foresta centroeuropea (meridionale, ma sempre temperata/centroeuropea)
Con questo caldo di fine aprile, davvero eclatante, il mio faggio in vaso è passato dall'abito invernale a quello primaverile- estivo in meno di una settimana.
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Un'altra cosa volevo chiedere, qual è la differenza tra la flora dell'Abruzzo interno e quella dell'Abruzzo orientale a quote di bassa montagna? Ad esempio se paragoniamo paesi come Pretoro, Tornareccio o Caramanico con L'Aquila quali differenze sostanziali emergono? La macchia mediterranea nell'interno fin dove si spinge?
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Di lecci ne ho visti addirittura in Trentino, sulle pareti rocciose esposte a sud non lontano dal confine col Veneto. In Abruzzo non ha problemi ad attecchire, mischiandosi spesso al querceto meno termofilo (cerro, farnia) e al castagneto.
Tra le querce è quella che gradisce di più le temperature miti ma resiste bene anche a -10/-15°c
In effetti sì. Guarda, a me piace la definizione di cui parlavamo l'altro giorno (G2, G3), che spiegano per filo e per segno la vegetazione e dalle quali si deduce la totale appartenenza dei boschi emiliano-romagnoli collinari alla foresta temperata decidua (per cui nettamente sbilanciata sul centroeuropeo). Stop, non c'è bisogno di altra mappa/spiegazione.
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