Perché il leccio è una specie climax, mentre il pino silvestre è pioniera, provvisoria. Si rinnova solo se si rinnovano periodici disturbi del suolo; solo raramente può essere climax, in qualche lembo del suo areale dove il suolo non consente di andare oltre (cioè all' abete rosso, principalmente). Lo stesso discorso del pino silvestre vale per betulla, nocciolo, robinia, ecc...
Ma comunque ho dubbioni anche sui popolamenti di leccio futuri.
Ripopolamenti a partire da quelle rupi significa che improvvisamente le condizioni pedologiche di quei roccioni migliorano di punto in bianco; se s'intende anche espansione nelle zone limitrofe, peggio ancora, perché dalle rupi (che sono anche poche) alle pianure il suolo, ma anche il microclima, cambiano totalmente.
Non so, ho l' impressione che, quando si parla di clima e vegetazione abbinati insieme, prevalga la modalità pilota automatico
Mi fa piacere non essere l' unico a notare certe stupidaggini...!!!
Che dispiacere comunque sta cosa dei pini... E questa moria veloce fa di nuovo pensare: che siano spontanei o piantati (come il 99% delle pinete di silvestre in Svezia e Germania)? Dubbio che attanaglia molti forestali, anche in ambiente universitario, docenti inclusi. Quante riflessioni astruse!
"All truths are easy to understand once they're discovered. The point is to discover them." ~ Galileo Galilei
Fondatore di Centro Meteorologico Bolognese
Sito di Centro Meteorologico Bolognese: https://centrometeobolognese.com/
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Certo. Perché sai, se la temperatura media annua ti passa da 13.9° a 14.1° allora la tua zona diventa da lecceta
Per quello ho alluso al pilota automatico prima, ossia: la t sale, la vegetazione cambia, di pari passo, decimo per decimo, che è un po' l' assunzione automatica che viene fatta ogniqualvolta si parli dell' abbinamento clima/vegetazione zonale.
Dunque la boccio.
Passando invece da clima a condizioni pedologiche, nettamente più influenti su quelle leccete, riconfermo quanto detto prima. Siccome si parla di leccete di rupe, richiedono anche un determinato suolo per crescere, quindi: o tutta la zona limitrofa cambia improvvisamente il suolo in peggio, o la rupe diventa improvvisamente fertile e poco inclinata.
Stai sciallo
Il leccio oltre a formare un climax specifico (quando è diffuso in modo massiccio in un dato territorio) partecipa come essenza minoritaria relegata in determinati microclimi ed ambienti (rocce strapiombanti esposte a sud).
Pertanto non è corretto ripopolare di lecci zone ora coltivate , partendo dai lecci accantonati sulle rupi, perchè la vegetazione spontanea dei terreni coltivati limitrofi a quelle rupi,molto probabilmente è costituita da querce a foglia caduca (in Abruzzo questa è la regola e credo anche in Emilia).
Sempre in Abruzzo,mancando il pino silvestre, c'è una conifera pioniera (il pino nero di Fara San Martino) che, tralasciando le estese piantagioni artificiali di pino nero austriaco, è presente in forma spontanea ed originaria su alcune rupi inaccessibili della Maiella, ove lì il faggio non gli può fare concorrenza.
In questo senso presumo che anche per il pino silvestre esistano aree marginali ove questo albero può costituire un climax definitivo (le valli "aride" del pino silvestre sulle Alpi)
Le monocolture di silvestre frequenti in Germania sono evidenti piantagioni.
Invece laddove il pino è misto a farnia, betulla, frassino ed acero, io non vedo proprio perchè angosciarsi e sospettare. Quello è un bosco naturale, ed è così in molta parte d'Europa (Germania compresa) ed anche in Brianza.
Anche riguardo alla Svezia starei abbastanza tranquillo: sono molte le avversità ambientali che in molti settori lo favoriscono rispetto al peccio (esiguità del suolo, vento, ecc.)
Oggi faccio un bel saltino alla riserva naturale del Contraffatte Pliocenico; vado a trovare qualche faggeta depressa
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Intanto iniziano a svegliarsi anche le jacarande qui
Ecco qua, ho fatto un salto e ho trovato dei bellissimi esemplari. Quelli in foto sono sui 300-320 mt di altitudine ma nei punti più favorevoli i faggi si spingono anche a 150 Mt, in ambiente di forra. Nella prima immagine invece ho fotografato un frassino minore (orniello) che si è spezzato, presumibilmente per la neve, ma non del tutto: infatti è ancora integro (la magia della natura )
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Qui e ad Andria negli ultimi anni sono state effettuate alcune limitate piantumazioni urbane a roverella che stanno rispondendo egregiamente (una proprio sotto casa mia).
Credo che nella scelta si ricorra ancora al leccio perchè più economico e più "conosciuto" da chi si occupa della manutenzione, almeno qui. Tuttavia da dieci anni a questa parte molti i lecci in città si sono ammalati della cosiddetta "peste del leccio" (epidemia favorita dalle potature scellerate) e quindi la gestione di queste alberature richiede un'ulteriore spesa per il trattamento antiparassitario. Quindi ben vengano le roverelle per alberare i viali urbani.
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