Facciamo che scendiamo verso il default:
Veneti: il Consiglio regionale approva
la legge sulla minoranza nazionale
Venexit, il Veneto vuole il bilinguismo e lo status di minoranza etnica - Repubblica.it
Finora in Italia, secondo una modalità tipicamente ottocentesca e "francese", ogni decisione e concessione è stata calata dall'alto. Sicilia, Valle d'Aosta ed Alto Adige sono stati resi autonomi da Roma, in seguito a terrorismo interno e/o trattati internazionali, ma non a partire dal voto democratico e autonomo dei rappresentanti delle popolazioni interessate. Allo stesso modo al Veneto è stata negata a più riprese dal parlamento e dal governo ogni ulteriore autonomia speciale (ultima volta, qualche mese fa).
Si tratta quindi di una prima volta e, per quanto legittima sotto il piano dei diritti delle minoranze (autoproclamate e non) e del diritto internazionale, a Roma potrebbero non prenderla bene, specie in Corte Costituzionale. Il Veneto dovrà giocare bene le sue carte, ma anche l'Italia dovrà evitare rigurgiti autoritari. Secondo me, una trattativa con concessioni significative ed un riconoscimento di Roma a Venezia sarebbe una soluzione win-win: e magari, lo dico a malincuore, la cosa potrebbe anche sgonfiarsi, e non avere il successo sperato dai promotori.
Viceversa, se a Roma vorranno ancora tenersi tutto e non concedere niente, andando quindi allo scontro istituzionale, non sarebbe solo il Veneto a perderci. Specie se la notizia filtrerà sulla stampa europea, e magari l'Italia dovrà difendere le proprie istanze davanti a qualche corte europea (dove, su temi simili, l'Italia è già risultata perdente negli anni scorsi). Di sicuro, Zaia tenterà di approfittare dell'attuale vuoto di potere centrale, sperando in un governo amico in primavera.
P.S. PD, FdI e FI erano tendenzialmente contrari da tempo nel consiglio regionale a Venezia, e coerentemente hanno votato contro o si sono astenuti. Il M5S era invece favorevole fino a nemmeno 2 settimane fa, e poi ha cambiato idea... Ormai è il partito del NO a tutto, perfino alle sue stesse istanze (vedi il referendum di domenica).
Intanto due belle tabelle di dati sulla spesa pubblica locale, intesa come somma della spesa statale più quella delle amministrazioni locali:
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"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
La mappa "ufficiale" della corruzione in Italia:
La mappa della corruzione: ora sono Comuni e Regioni l'habitat dei predatori - Repubblica.it
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(altri dati e grafici all'interno)
Sorprende anche me il valore così basso del Nord-Est (Triveneto + Emilia-Romagna) sorpresa positiva, ovviamente. Per il resto, si potrebbe dire una corruzione estesa, maggiore laddove girano più soldi (Lombardia) e soprattutto c'è controllo criminale su parte del territorio (Campania, Sicilia). Corruzione che oggi permea di più gli enti locali, rispetto ad un quarto di secolo fa.
E anche tu, dai giornali, non hai ovviamente capito nulla Attento alla frase: non è un insulto a te, ma ai giornali che hanno confuso minoranza nazionale e linguistica, obiettivo autonomista (anche finanziario, ça va sans dire) e obiettivo bilinguismo dialettale (che invece è solo un effetto accessorio della legge, ed anche ridotto rispetto alle intenzioni iniziali). Insomma hanno un po' preso fischi per fiaschi, equivocando almeno parte della questione L'obiettivo non è insegnare il dialetto a scuola, ma avere un'autonomia simil-trentina/sudtirolese.
Sull'insegnamento del dialetto, comunque, sbagli. Primo perché anche le lingue locali hanno propria diversità e dignità: curioso che, nel merito, nessuno prenda mai a riferimento i linguisti; e non ditemi che Chomsky o Cortellazzo sono leghisti. Secondo, perché in Italia succede già in Friuli e Sardegna: anche il friulano ed il sardo hanno i loro dialetti nel parlato, e per di più, vengono insegnati/trasmessi (es. Rai3) anche in zone di quelle regioni dove non si parlano storicamente. L'Italia è un po' il paese dei cittadini di serie A, con tutti i diritti, e di quell idi serie B, paga e taci (anzi, tasi) come si dice in Veneto...
No, semplicemente il dialetto, per definizione, non ha uno standard ed è proprio di contesti informali. Ergo non solo non sai cosa insegnare (quale dialetto precisamente? Quello del 70enne di Sappada o quello del 20enne di Adria? Quello di Bardolino o quello di Portogruaro?) ma anche provandoci ottieni solo un pastrocchio fasullo che non serve a nessuno, non è utilizzato da nessuno e non esprime assolutamente niente della cultura e della società che in teoria lo dovrebbe parlare.
Le lingue, prima di ogni altra cosa, sono un mezzo di comunicazione. Non ha alcun senso la loro conservazione fine a sé stessa e se scompaiono è perché tendenzialmente nessuno le vuole più parlare, a meno che non ci sia un regime dittatoriale che ne reprime attivamente l'uso, cosa che possiamo pacificamente escludere nel caso italiano.
Il tutto secondo me ricade nella solita fuffa figlia di quella mentalità localistica antistorica e stantia che sta rapidamente portando l'Europa verso l'irrilevanza e il declino.
Ultima modifica di nevearoma; 16/12/2016 alle 10:46
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
Non concepisci i ragionamenti glocal mi sa Tornando alla lingua/dialetto. Diciamo che esiste una famiglia linguistica locale (veneto), per altro non limitata alla regione amministrativa, nei suoi vari dialetti e sotto-dialetti, generalmente mutualmente intelleggibili.
Da un lato sono d'accordo con te, bisognerebbe trovare una forma linguistica standard (basata su... il veneto centrale? il veneziano?) come hanno fatto appunto le "grandi" lingue, spagnolo, francese, tedesco ed anche italiano, e anche ceco, slovacco, ungherese ecc. Anche perché ci sono forme linguisticamente più arcaiche di veneto a Treviso e soprattutto Belluno, con desinenze altrove abbandonate.
Dall'altro lato, però, non sono d'accordo per alcuni motivi:
- l'italiano viene di fatto imposto, in modo soft va bene, ma è presente ovunque (amministrazione, televisione, letteratura, scuola);
- il veneto (nei suoi dialetti) è invece ancora la lingua più comunemente parlata in ambito "personale", cosa che non è affatto triviale dato che non è comune alla maggioranza delle altre regioni italiane*;
- la diversità linguistica va protetta, non omologata, e secondo numerosi studi i bambini bi/trilingue hanno notevoli vantaggi nell'apprendimento scolastico come nel proprio QI;
- casi come quello del friulano e del sardo pongono una discriminazione di fatto, dove alcuni hanno riconosciuta una propria lingua standardizzata, ed altri no (a parte fiorentino/toscano e romanesco, i dialetti dell'italiano NON esistono);
- l'italiano, in un ragionamento economico ovvero europeo, è anch'esso a rischio "inutilità", dato che per me veneto può essere molto più utile non solo l'inglese ma anche il tedesco, salvo appunto che per la stantìa amministrazione italiana o per la programmazione televisiva.
Ti assicuro che in Veneto, di madrelingua italiani 100%, ce n'erano pochissimi nella mia generazione (anni '80), dove persino io dal centro città in realtà parlavo un italiano con forti elementi veneti; e in periferia ma soprattutto in campagna, l'italiano lo imparavi a scuola. Ora credo che ci siano molti più madrelingua italiana 100% nelle città più grandi della regione, ma rimane che l'italiano è per molti lingua ufficiale ma non parlata. Se 150 anni di tentata omologazione non hanno pienamente funzionato, con l'utilizzo di mezzi coercitivi e non, e dei più grandi media di massa mai visti, forse qualche concessione si può pure fare...
* Poi ognuno decide/richiede per sé. In Liguria ed in Emilia, ad esempio, non vedo tutta questa richiesta di attenzione alla lingua locale, e soprattutto è molto meno usata.
Non ha alcun senso parlare di coercizione, non siamo nella Russia degli anni '30. Il dialetto si parla sempre meno perché da 150 anni l'italiano vince da ogni punto di vista e permette di comunicare agevolmente con 60 milioni di persone e di accedere ad un vastissimo universo culturale, sociale e lavorativo anziché farti sentire estraneo due valli più in là.
Anche in Alto Adige il dialetto lo parlano tutti ma nessuno, giustamente, si sogna di insegnarlo a scuola o di utilizzarlo negli uffici pubblici e nei media, anche perché è di fatto impossibile, appunto.
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
Bastavano l'Italia e la Francia di pochi decenni fa a scuola e nei tribunali Infatti non ho parlato di nessuna coercizione, ho parlato di imposizione soft. Nel Veneto del '700, prendendo due intellettuali non da poco come Goldoni e Casanova, essi scrivevano in veneto (veneziano), francese ed italiano. Casanova in veneziano ci aveva addirittura tradotto l'Iliade... Oggi, scuola, mass media ecc. Non riconoscono alcuna dignità alla lingua locale, e spesso nemmeno alla cultura. Io posso essere d'accordo col tuo punto che un vero bilinguismo non è fattibile, questo lo trovo anche corretto. Ma non sono per nulla d'accordo sull'omologazione di massa né soprattutto sul considerare i dialetti come un fenomeno folkloristico da vecchi bacucchi
Comunque, no: sei rimasto fermo agli anni '60, mi spiace dirtelo. I 60 milioni di italiani (i quali in gran parte non hanno neanche grandi rapporti interregionali, tra l'altro) non sono un vastissimo universo del tuo libro cuore. Sono un gruppo ristretto - magari uno dei più ampi, dei gruppi ristretti - dei 500 milioni di europei: coi quali spesso, certi italiani (parlo specialmente del Triveneto) hanno anche maggiori rapporti. E quindi, se per insegnare una lingua mettiamo da parte i fattori culturali locali e giudichiamo solamente la sua utilità pratica, come dici tu, a quando la transizione graduale da italiano a tedesco?
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