Nei Paesi dell'est,se guardi il PIL procapite della regione che comprende la capitale,esso arriva ad essere 4/5 volte quello delle regioni periferiche.
E' una situazione "alla cinese",più che all'europea.
Nella Repubblica Ceca,anche le regioni periferiche sono più ricche di quelle del nostro sud.
Non così in Slovacchia e meno ancora in Polonia e in Ungheria.
Almeno per ora.Poi magari fra 5 anni il discorso cambia.
Resta invece piuttosto povera la Croazia nel suo complesso ma soprattutto è lo Stato dell'Europa centrp-sud-orientale che più è stato in stagnazione nell'ultimo decennio.
Cm,se il nostro sud perde posizioni,le regioni greche-isolette a parte-sprofondano:tranne zone come l'Attica,la Grecia continentale è quasi tutta sotto i 20.000 euro annui.Valore che raggiungeva già nel 2005.
No, non è lo stesso discorso del Québec: lì erano passati 15 anni E comunque dopo la sconfitta di misura del Sì nel 1995, ad oggi (22 anni) non c'è più stato nessun'altro referendum. Anche perché il caso del 1995 partiva dal fallimento di due accordi costituzionali federali (a margine, il successo del Sì avrebbe portato il Canada ed il Québec sull'orlo della guerra civile alias di secessione). La devolution britannica mi sembra invece un successo finora.
Siamo sempre là,siamo in tempi di insofferenza identitarista e chi di secessione ferisce (UK) di secessione potrebbe,prima o poi,perire.
Personalmente sono contrario alle secessioni:difficilmente sono storie di successo e spesso producono danni e rancori.
Sono invece per le forti autonomie e per le Confederazioni.Vale per l'UE(per me è sbagliato insistere con l'idea federale,si adotti l'idea di una Confederazione basata sulla cooperazione economica),varrebbe anche per l'Italia:la Lombardia ed il Veneto hanno tutto il diritto di agganciarsi all'Europa core,così come la Sicilia dovrebbe massa critica con altre realtà mediterranee,prima di tutte Malta.
La diversa specializzazione economica,in un quadro di liberi scambi,va favorita.
Ma bisogna considerare che sono nazioni che crescono da solo una quindicina di anni, quindi mi sembra normale che ci sia questo divario tra città e campagna, anche in Italia c'erano queste differenze negli anni del boom economico e infatti le campagne si spopolavano. Probabilmente nei prossimi anni la situazione migliorerà anche nelle zone rurali (lo spero visto che ho parenti proprio nelle zone più povere della Polonia.)
Per la serie "L'Italia che riparte", ecco l'indice di competitività delle regioni europee, versione 2016:
REGIO - Regional Competitiveness
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
La gente inizia a capire,
globalizzazione e liberismo vanno fermati
[Poi la cazzata finale]Il gruppo più cospicuo è quello degli «statalisti» (39,1%), particolarmente diffuso fra i 30enni, gli operai e chi vive nel Mezzogiorno: ritengono la competizione apportatrice di disuguaglianze e per combatterla è necessario incrementare l’intervento statale.
La libera competizione divide nettamente gli orientamenti. Per il 49,1% è il modo migliore per avviare lo sviluppo, ma per l’altra metà (50,9%) aumenta le disuguaglianze. La competizione sembra associata più alla «perdita», che al «merito». Prevale l’idea del più forte che schiaccia il più debole, rispetto a una prospettiva dove i talenti si sfidano e sollecitano a un miglioramento progressivo.
Ben due terzi fra gli italiani (65,3%) ritiene debba essere lo Stato a intervenire. È un orientamento particolarmente sostenuto dai più giovani, dagli studenti e dai disoccupati ossia da chi è ai margini del mercato del lavoro.
Dunque l’indirizzo prevalente su come sollevare le sorti del Paese è un maggiore intervento dello Stato. Comprensibilmente, nell’incertezza e nelle difficoltà, è rassicurante utilizzare gli schemi del passato.
Con la crisi delle risorse pubbliche, significherebbe aumentare la tassazione: chi paga?
http://www.lastampa.it/2017/02/27/economia/pi-stato-meno-mercato-italia-in-cerca-di-protezione-vL1z5bMPY2JwILZpXqIumL/pagina.html
Il gruppo più cospicuo è quello degli «statalisti» (39,1%), particolarmente diffuso fra i 30enni, gli operai e chi vive nel Mezzogiorno: ritengono la competizione apportatrice di disuguaglianze e per combatterla è necessario incrementare l’intervento statale.
ROTFL!
Aumentare l'intervento statale nello Stato dal mercato più ingessato del pianeta e nel quale lo Stato muove ben più del 50% del PIL?
Ma il meteorite tarda ancora molto?
Dai pur sempre la colpa al governo se questi dati sono veritieri......
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
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