A maggior ragione il modello degli stati nazionali è evidentemente sempre più obsoleto, viste le interconnessioni sempre più robuste tra le varie città-stato in potenza come appunto Londra. Il modello di governance attuale è assolutamente inadatto a gestire l'economia e la società moderna, e finché non si risolverà questo punto (cosa che non vedo succedere a breve, e non parlo solo di Italia e UK) i conflitti saranno sempre più grandi.
Se il tuo mercato è il piccolo (o meno piccolo) stato nazionale, certi investimenti semplicemente non hanno il ROI per essere effettuati, a parte probabilmente USA e Cina. Progresso tecnologico ci sarebbe sicuramente ancora, ci mancherebbe altro, ma ordini di grandezza inferiori a quanto si vede oggi.
Son certo di questo, ma siccome è la volontà popolare è giusto che così finisca.
A parole è molto sempllice : se ne cavalcano gli aspetti positivi per guadagnarci invece che ululare al male assoluto e subirla.
Purtroppo (o per fortuna) i lavoratori dovranno diventare più mobili.
Certo... Van poste la basi perchè questo possa avvenire con i minori traumi possibili. Chiudere i corsi in lingua inglese nelle università, per esempio, è il modo migliore per ottenere il contrario.
E' verissimo che non potranno mai essere tutti laureati.
Ma se basi il tuo sistema sulla protezione del basso valore aggiunto otterrai solo un basso valore aggiunto ad un costo più elevato. Quindi non sostenibile. In un circolo vizioso.
Beh, se dura 50 anni le conseguenze della scelta hanno anche tempo di sedimentarsi per bene!
Comunque se il discorso sono gli stati della natura, neppure le chiusure a riccio lo sono. Sono tutte scelte. Quello che vorrei io è che venisse il momento in cui qualcuno fosse davvero "accountable" per tali scelte. "Popolo" compreso.
Ultima modifica di FunMBnel; 25/06/2018 alle 11:43
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Ci sta eh un periodo di crescita forte su un cumulo di macerie.
Ok, ma l'alternativa qual è?
Perchè tu puoi anche chiuderti a riccio e decidere di pagare 3000 Euro al mese, invece di 2 Euro al giorno (paragone volutamente senza senso sia chiaro), quelli che raccolgono pomodori nei campi, ma devi trovare il modo di rendere sostenibile questo tipo di attività. A parte il moto perpetuo non vedo soluzioni...
Concordo.
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Vero. Ma sono convinto che esista una soglia per tutto.
E raccontare che "quando c'erano loro si stava peggio" funziona sempre fino a quando non stai davvero abbastanza peggio.
Non tutti i vaccini richiedono lo stesso tempo per agire: uno contro le allergie ai pollini o alle polveri ambientati può dover essere somministrato per decenni.
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27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Sono d'accordo, è obsoleto. Ma se non si trova un modello di governance che consenta di gestire democraticamente una economia fortemente integrata la reazione fisiologica sarà sfasciare l'integrazione economica.
Non sono d'accordo.
In una economia meno globalizzata (non autarchica, sia chiaro) gli investimenti in tecnologia potrebbero comunque essere utilizzati su scala globale, l'unica differenza significativa riguarderebbe la localizzazione delle attività produttive.
Una economia da 60-100 milioni di abitanti è già sufficiente per garantire buone economie di scala per quasi tutte le produzioni, il Giappone ad esempio è una economia molto chiusa pur avendo meno di 130 milioni di abitanti, ha importazioni poco superiori al 10% del PIL e sono principalmente materie prime. La zona euro poi ha più abitanti degli USA, avrebbe una massa critica più che sufficiente.
Il fatto di avere più autonomia politica non significa fare le scelte giuste.
La Cina di Mao ha sbagliato quasi tutto ciò che era possibile sbagliare, la Russia sovietica invece a livello strettamente economico-tecnologico ha ottenuto risultati impensabili nei primi decenni dopo la rivoluzione. Dipende tutto dalla tua capacità di sviluppare le competenze e le infrastrutture necessarie allo sviluppo economico, se in assenza di investimenti stranieri non sei in grado di farlo la chiusura è autolesionista. Le ex colonie (es. India) che venivano sfruttate come fonte di materie prime e come mercati di sbocco per la manifattura hanno concentrato i loro sforzi sulla sostituzione delle importazioni, ma non erano in grado di farlo in maniera efficiente quindi avrebbero dovuto concentrarsi sui settori in cui potevano avere un vantaggio competitivo. Avere meno globalizzazione non significa né autarchia né essere immuni dalla realtà economica.
Ciò che intendevo io è che in un contesto di liberalizzazione dei movimenti di merci e capitali è più facile spostare l'attività produttiva altrove, oppure spostare il proprio domicilio fiscale e le proprie ricchezze, perché le fonti di reddito da capitale sono molto meno legate al territorio dove si originano. Più barriere ci sono al movimento di merci e capitali più stretto sarà il legame tra l'imprenditore e la società in cui opera, vende i suoi prodotti e paga le tasse.
Questo cambia sostanzialmente i rapporti di forza politici oltre a quelli economici.
Il costo economico dei trasporti in questo discorso è un aspetto sostanzialmente irrilevante.
La globalizzazione ha già avuto una fase di regressione a metà novecento, l'economia del dopoguerra era meno interconnessa rispetto a quella degli anni 10-20, eppure gli operai negli anni 70 stavano meglio che negli anni 10. Secondo me stai confondendo globalizzazione e industrializzazione. L'industrializzazione e la tecnologia hanno innalzato il tenore di vita, che anche la globalizzazione faccia lo stesso o che sia indispensabile per lo sviluppo economico e tecnologico è tutto da dimostrare.
Ciò che invece è evidente è che la globalizzazione impatti il potere contrattuale dei lavoratori, si è visto concretamente con le concessioni ottenute minacciando la delocalizzazione dell'attività e anche la concorrenza fiscale è un fenomeno tangibile che ha prodotto redistribuzioni di ricchezza enormi.
Lascio stare il discorso monetario tanto non andremmo da nessuna parte. Per me la posizione dei lavoratori non qualificati dipende in primo luogo dalla loro capacità di contrattazione, che è molto ridotta dal fatto che a livello globale ci sono miliardi di potenziali lavoratori disposti a fare la stessa cosa ad una frazione del costo, così come fino agli anni 60 era ridotta dai contadini che andavano a fare gli operai a causa dell'automazione dell'agricoltura.
Io un corso in Inglese nella mia università l'ho fatto aprire, figurati. Non sono favorevole ad una chiusura verso l'esterno o alla difesa delle produzioni a basso valore aggiunto. Non pensare sempre al caso Italiano, le stesse difficoltà le hanno negli USA.
Il problema è innanzitutto sociologico, le persone spinte alla competizione estrema con tutti gli altri e le comunità che si sentono in balia di fenomeni fuori dal loro controllo diventano aggressive. La forte mobilità dei lavoratori ha costi nascosti enormi, indebolisce i legami sociali e le comunità locali. Se continuiamo a dire che bisogna adattarsi perché il sistema economico lo impone a un certo punto ti risponderanno di far saltare il sistema.
L'economia capitalistica di mercato è molto più flessibile di quanto pensi, se cambi qualcosa tutte le grandezze economiche si adattano e la distribuzione della ricchezza si muove di conseguenza. Pagare di più i lavoratori che raccolgono i pomodori o che producono gli IPhone avrebbe un impatto minimo sul prezzo finale, se pago 10 centesimi in più i pomodori al supermercato non casca il mondo. Probabilmente si comprimerebbero i margini di profitto, secondo le teorie economiche di Friedrich sarebbe una tragedia, ma ci sarebbe anche uno stimolo a risparmiare sul costo del lavoro aumentando la produttività.
Il vero problema è geopolitico, ovvero che un processo di inversione della globalizzazione rischia di produrre dinamiche nazionalistiche aggressive. La soluzione più logica dal punto di vista economico sarebbe quella di una integrazione politica regionale su aree economiche sufficientemente ampie, ma politicamente è molto difficile da realizzare, potenzialmente gli USA e il Giappone sono nella posizione migliore per gestire dinamiche simili.
Non credo che l'effetto economico sarebbe così forte, non abbastanza da compensare il consenso prodotto da altre politiche come i respingimenti in mare al largo della Libia. Basta che non esagerino e rinuncino alle promesse più strampalate. A meno di situazioni dirompenti come la Brexit senza accordo (e anche quella avrebbe effetti minori di quanto si creda a mio avviso) non credo si raggiungerebbe quella "soglia".
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