Concordo su tutto, anche se nel 2011 c'era un governo politicamente molto fragile, con una maggioranza debolissima in parlamento (garantita dalla pattuglia dei cosiddetti "responsabili" con Scilipoti, Razzi e soci) e ormai percepito come minoranza nel Paese, tra l'altro una minoranza tra minoranze, perché il PD, oltre ad essere uscito assai male dall'esperienza governativa del 2006/2008 era entrato in crisi d'identità dopo le elezioni politiche di quello stesso anno...
Per cui avevamo un Italia in recessione tecnica, un governo ormai alla canna del gas e una prospettiva di instabilità politica. E' vero che il governo Conte non ha una maggioranza molto più ampia di quella del governo Berlusconi quater (nel 2011), però, anche alla luce di quello che sta avvenendo nelle ultime ore nella "potenziale" alleanza di centro-destra, il governo Conte è "blindato" almeno fino alle Europee, perché la coalizione M5S+Lega è (di fatto) cementata da interessi comuni... e questo secondo me da non poca forza contrattuale a Conte, forza contrattuale che naturalmente sarà usata malissimo, anche peggio di quanto non abbia fatto Renzi...
Secondo me rispetto a 7 anni fa manca quell'elemento di fragilità politica (leggasi: crisi "al buio") che nel 2011 veniva percepita come potenziale detonatore di una spirale che sarebbe inevitabilmente terminata con il default sul nostro debito sovrano... Il fatto è che questo governo (e la sintonia Tria-Savona non mi conforta), qualora anche la prudenza diventasse la parola d'ordine, sta ignorando completamente il problema rappresentato dal deficit e, con il rallentamento della crescita, questo rischia di essere un errore fatale... specie se i "moltiplicatori" che pensano di attivare con provvedimenti come la flat-tax, dovessero rivelarsi "leggermente" sovrastimati, come molti economisti temono...
Non prendete il mio come un eccesso di ottimismo, perché secondo me dopo il 24 maggio 2019 c'è il rischio che l'Eurozona salti... e noi rischiamo di essere il detonatore innescato...
Ultima modifica di galinsoga; 03/08/2018 alle 16:59
Non credo che l'eurozona salti così,di punto in bianco,il 25.05.19 mattina...
Ma certamente c'è il rischio che,di fronte al dilagare delle forze sovraniste e neo-nazionaliste, prevalga la linea,già sostenuta da alcuni partiti dei Paesi c.d. del nord(i primi sono stati i liberali tedeschi ma altri li stanno seguendo,soprattutto in Germania,Olanda e Finlandia), per la quale è ora di fissare delle regole per chi vuole uscire dall'euro restando nell'UE.
In quel caso,sì,l'Italia è in assoluto il primo candidato all'uscita "regolata" ed i mercati inizino a prezzare quest'ipotesi molto prima di maggio.
Non credo che nel 2011 il problema fosse numerico, se il governo avesse avuto la capacità di prendere in mano la situazione con proposte coraggiose credo che i voti sarebbero saltati fuori. Il problema è stato l'atteggiamento del "tiriamo a campare e speriamo passi la tempesta" che era palesemente inadeguato e che ha portato a perdere voti man mano che la pericolosità delle politiche governative diventava più chiara. Se la situazione precipitasse avremmo lo stesso fenomeno oggi, grossi pezzi di base leghista e grillina non tollererebbero un avventurismo che mettesse a repentaglio crescita economica e moneta unica, i voti li perderebbero molto in fretta se i sondaggi girassero verso il basso.
La vera differenza è a livello europeo, veniamo da un periodo di forte crescita, il sistema bancario europeo è più solido, le altre situazioni critiche sono state messe più o meno in sicurezza e dall'altra parte c'è ancora la BCE che compra, se partisse una speculazione c'è sempre la possibilità che Draghi rispolveri il programma OMT, che rappresenta un forte deterrente. Il collasso finanziario del 2011 che aveva innescato l'effetto domino sui titoli di stato non è al momento ripetibile.
Per arrivare ad una crisi acuta serve un notevole peggioramento congiunturale oppure grosse cavolate da parte del governo (terza opzione una crisi politica di difficile soluzione), altrimenti si rimarrà su una situazione di logoramento a bassa intensità, anche costosa per stato e cittadini italiani ma potenzialmente piuttosto lunga.
E ricordiamo sempre il vecchi adagio dei macroeconomisti: le crisi ci mettono sempre più tempo di quanto ci si aspetti ad arrivare, ma quando arrivano accade tutto molto più in fretta.
P.S. Perché dopo le europee dovrebbe saltare l'eurozona? Secondo te un risultato clamoroso degli euroscettici potrebbe paralizzare le istituzioni europee? L'unica cosa che tiene insieme l'euro è il calcolo economico, una implosione della moneta unica non conviene a nessuno e questo non cambia con una elezione.
Per le ragioni indicate da Josh, ossia la possibilità che un'alleanza tra PPE e forze sovraniste (perché potrebbe essere questa la nuova maggioranza in sede al Parlamento europeo) fissi le famose "regole di uscita"... e come Josh penso che questo rischio potrebbe essere prezzato già prima... magari non "molto prima" (vista la natura "stocastica" dei processi di natura politica, qualsiasi tentativo di valutarne gli esiti è un azzardo), ma un po' prima sicuramente... La crisi politica di "difficile soluzione" è proprio uno degli elementi che hanno fatto scivolare drammaticamente la situazione nel 2011. Il Governo Berlusconi quater non era in grado di prendere decisioni, di nessun tipo e al contempo non era chiaro cosa sarebbe avvenuto dopo la sua crisi, fino a quando il Presidente della Repubblica, con una decisione secondo me costituzionalmente temeraria (ma inevitabile) ha deciso di pilotare la crisi... Poi ha inciso la mancanza di quegli strumenti che sono stati posti in opera della BCE di Draghi... la cui gestione ha segnato tra l'altro una discontinuità impressionante con il suo predecessore... Penso che il "redde rationem" non arriverà troppo prima di maggio per 2 ragioni: mi pare che, almeno negli ultimi anni i mercati anticipino, valutino (e prezzino) le scelte di natura macro-economica (segnatamente quelle legate alle politiche monetarie) ma si siano rivelati attendisti rispetto ai processi di tipo politico (proprio perché non prevedibili negli effetti), in secondo luogo penso che la formazione di una maggioranza, dopo le Europee dell'anno venturo, non sarà affatto un percorso semplice, anzi sarà una vera e propria navigazione "al buio"... La ragione di un eventuale anticipo di questa fase è quella che indichi nella tua disanima: un peggioramento drastico (e abbastanza improvviso) del quadro congiunturale. Secondo me nelle ultime 24 ore in Asia orientale sono successe un paio di cose che qualche timore lo suscitano...
Ultima modifica di galinsoga; 03/08/2018 alle 16:57
Che i mercati prezzino in anticipo una simile eventualità sarebbe una certezza.
Più difficile capire con quali tempi, per approvare questo meccanismo servirebbe una revisione significativa dei trattati con voto unanime e qualche referendum, quindi tempi molto lunghi anche se non credo mancheranno veti in grado di stroncare l'iniziativa sul nascere, ad esempio da Spagna, Grecia e Portogallo, ma anche la Francia finché regge Macron. Se ci fosse questo consenso certamente si reintrodurrebbe un rischio di ridenominazione sulle economie più deboli facendo saltare tutto quello che ha costruito Draghi in questi anni.
Sarebbe una china pericolosissima con probabilità che qualcosa vada storto pari al 100% ma dubito che verrà realmente percorsa.
Vedo più probabile uno stallo, che potrebbe diventare pericoloso se qualcosa va storto rendendo difficile la risposta delle istituzioni comunitarie in caso di emergenza. Un rischio di lungo termine quindi, non immediato.
È anche uscito l'interessante rapporto annuale del FMI sulla Grecia, che trovate qui, insieme ad una intervista al capo missione del fondo.
In estrema sintesi considerano ancora non sostenibile il debito nel lungo termine, ovvero oltre il 2032 quando dovranno tornare a finanziarsi sul mercato. Considerano irrealistico ottenere contemporaneamente gli elevati avanzi primari previsti dal programma europeo e una elevata crescita del PIL. La telenovela della crisi greca ancora non è finita.
Sono d'accordo con @snowaholic. Tutto sommato,anche con la parte in P.S.Anche perché in nessuno dei 19 Stati membri c'è un'opinione pubblica favorevole al ritorno alla moneta sovrana,eccetto l'Italia.
Tuttavia, non possiamo escludere che alla lunga un'alleanza fra i sovranisti(eventualmente esaltati dalla vittoria elettorale di maggio 2019) e i conservatori che stanno nel PPE porti all'idea che la permanenza nella moneta unica debba essere volontaria e per che chi vuole uscirne debba essere introdotto procedure ad hoc.Non sarebbe ancora il break up ma la sua naturale premessa.
In realtà un'opinione pubblica favorevole al ritorno alla moneta nazionale non c'è nemmeno in Italia, a meno di non considerare in blocco l'elettorato leghista e quello pentastellato come favorevole al ritorno alla lira con una percentuale secca del 100%, mentre la realtà è molto più "contrastata". Diciamo che nei sondaggi recenti la percentuale di italiani disponibili ad abbandonare l'euro oscilla attorno al 30% (a seconda dell'istituto e del metodo). Che poi gli euro-entustiasti non siano la maggioranza assoluta della popolazione è verissimo... inoltre, a seconda di come vengono formulati i quesiti, gli "euroentusiasti" possono essere anche molti meno degli "eurocritici"... ma un conto è pensare che il sistema della moneta unica abbia seri difetti ed evidenti mancanze (gli eurocritici più "informati" ti direbbero che riguardano la governance del sistema bancario e la scarsa omogeneità dei 19 sistemi fiscali) ma un conto è essere critici su come la moneta unica è stata concepita, un conto è volerne uscire... Quello che temo è che siano i "conservatori" dell'Europa centrale e settentrionale a considerare la permanenza dell'Italia nell'euro come costosa (e non posso dar loro completamente torto) e che un'alleanza del PPE coi sovranisti potrebbe, per questa ragione, portare alla situazione che descrivi...
Ultima modifica di galinsoga; 03/08/2018 alle 19:22
No, secondo la Banca Mondiale il dato islandese nominale a prezzi costanti era di circa 50mila dollari. Per confronto la Germania è a 47mila e la Svezia a 57mila:
Indicatori di sviluppo mondiale
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Google Public Data Explorer
Ma le varie istituzioni che forniscono i dati di PIL e PIL pro capite (World Bank, FMI, CIA...) calcolano uno ed un solo PIL PPA, quindi utilizzano un solo fattore di conversione che deriva esclusivamente dal cambio della moneta e dal livello dei prezzi.Secondo me in parte il problema nasce da un fraintendimento del termine PPA, che non rispecchia ciò che si intende comunemente per parità di potere d'acquisto. L'origine del termine è una teoria economica neoclassica (la Purchasing Power Parity appunto) che postulava l'uguaglianza del livello di prezzi tra diverse economie calcolato al tasso di cambio di mercato (o uguaglianza del tasso di cambio reale), in pratica è il corrispettivo macroeconomico della legge del prezzo unico. Questa teoria è evidentemente infondata ma ha dato origine alla ricerca per capire come correggere i dati per riflettere queste differenze. Questi indici quindi non valutano il potere di acquisto dei consumatori, ma cercano di rendere confrontabili dati che in partenza non lo sono. Per farlo ogni economia avrà una serie di indici di conversione anche molto diversi tra loro in base a quale elemento dell'economia vuoi confrontare.
Il punto è quale deve essere il fattore di conversione. Se mi interessa valutare la produzione non uso lo stesso fattore che uso per valutare i consumi, se per assurdo valutassi un solo settore dovrei usare un fattore specifico per quel settore. Dietro il fattore di conversione ci sono indici di prezzo complessi, se usi i fattori di conversione generici senza valutare cosa vuoi confrontare produci dati privi di senso.
Non capisco. Dovrebbe misurare il "valore" dell'output.Il PIL in termini reali (o a prezzi costanti) dovrebbe proprio misurare l'output invece.
Francamente non ci vedo assolutamente nulla di strano. E comunque tutto questo vale anche in PPA.Se un settore aumenta di prezzo a parità di produzione il suo contributo alla crescita del PIL a prezzi costanti è nullo, perché farebbe crescere nella stessa misura il PIL nominale e il deflatore. E se due servizi sono uguali dovrebbero essere valutati allo stesso modo per fare un confronto internazionale corretto, altrimenti escono effetti strani. Faccio un esempio numerico, sempre in termini pro capite.
Abbiamo una economia A che produce 30 nei settori commerciabili e 70 nei non commerciabili, con prezzi unitari. L'economia B produce 15 nei settori commerciabili e 70 nei non commerciabili, ma con prezzo 0,5 quindi la proporzione tra i due settori è la stessa. Il PIL nominale sarà di 100 nella prima economia e di 50 nella seconda, secondo il tuo ragionamento la reale proporzione tra le due economie è questa, A è il doppio di B. A PPA prendendo a riferimento i prezzi di A l'economia B varrebbe 85 quindi sarebbe l'85% di quella di B (in realtà neanche questo dato ha molto senso, ma ci ritorno dopo).
Se la produttività dei settori commerciabili di B raddoppia e la produzione aumenta a 30, mentre il settore non commerciabile raddoppia di prezzo senza che cambi la produzione l'economia sarà raddoppiata in termini nominali e sarà diventata identica ad A. Ma a prezzi costanti, l'economia B vale solo 0,65, perché il livello dei prezzi medio è aumentato del 53%. Quindi hai due economie identiche ma a prezzi costanti B risulta molto più piccola.
E' decisamente colpa del PPA! In valore nominale il PIL pro capite della Norvegia è quasi il triplo rispetto a quello italiano e l'ultima regione norvegese è quasi il 50% sopra alla prima italiana (vado a memoria, non ricordo perfettamente i dati).I dati disponibili ad un livello di aggregazione inferiore a quello nazionale sono totalmente inadatti per calcolare PPA, almeno in Europa, non so se negli USA facciano meglio con gli stati. L'allocazione del valore aggiunto regionale già presenta margini di errore enormi, anche gli indici di prezzo sono poco affidabili (in Italia le uniche stime veramente affidabili fino al livello provinciale sono quelle sulle forze di lavoro). Garbage in, garbage out, non credo sia colpa della metodologia PPA, a livello nazionale la Norvegia ha un PIL pro capite doppio rispetto al nostro anche in PPA, mi sembra una stima sensata.
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
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