Oppure, se mi consenti di girarla in un altro modo, qualcuno è magari costretto a vendere la seconda casa per ricavarne denaro per poter andare avanti e togliendosi di mezzo una "rogna" a livello di imposizione fiscale. L'ho scritto in maniera un pó grezza, ma era per dire di essere d'accordo.
Addo' arrivamo, mettemo glio' pezzùco
Luccicantella calla calla, mitti fuoco alla cavalla, la cavalla dé glio' ré, luccicantella mmàni a mmé!!
Spagna e Portogallo nel 2008 avevano economie molto sbilanciate alla vigilia della grande recessione, con un forte disavanzo delle partite correnti (attorno al 10% del PIL per entrambi) che veniva coperto tramite imponenti afflussi di capitale (prevalentemente aumento del debito del settore privato, anche se in Portogallo ha avuto un ruolo significativo anche quello pubblico). Con la crisi l'accumulo di debito da parte del settore privato si è fermato improvvisamente, producendo un crollo della domanda interna. Le entrate tributarie sono crollate, in Spagna in misura eclatante visto che il settore immobiliare contribuiva in maniera sproporzionata, tanto che le entrate dello stato spagnolo sono scese dal 41% al 35% del PIL. Portogallo questo è avvenuto in misura minore, in Italia il rapporto entrate/PIL è lievemente aumentato. Le spese invece tendono a crescere spontaneamente per effetto degli ammortizzatori sociali, producendo una esplosione del deficit.
Di conseguenza il saldo di bilancio italiano in proporzione al PIL tra il 2007 e il 2009 è peggiorato di quattro punti percentuali, quello portoghese di 7, quello spagnolo di quasi 13. Ma solo una minima parte del peggioramento era dovuto a politiche espansive (nel 2009 2,4% per la Spagna, 1,1% per il Portogallo secondo stime della commissione europea), la differenza è dovuta principalmente dal fatto che le economie iberiche hanno sopportato uno shock ben peggiore del nostro, Spagna in particolare.
Da parte loro era inevitabile lasciare salire il deficit per compensare il movimento opposto del settore privato, cercare di contrastare l'aumento del deficit con politiche pro-cicliche avrebbe prodotto un disastro economico senza peraltro rallentare la crescita del rapporto debito/PIL. Quindi l'Italia ha effettivamente supportato meno di loro l'economia, infatti il calo dell'PIL nel 2009 è stato del 5,5% per noi, attorno al 3% per loro, ma questo spiega solo in parte il loro maggiore deficit.
Dal 2010 in poi però loro, a differenza nostra, avevano bisogno di rientrare da un deficit elevatissimo, quindi le politiche fiscali di Spagna e Portogallo sono state più restrittive di quelle italiane, infatti la loro seconda recessione è stata peggiore della nostra. Queste sono le stime dello sforzo fiscale secondo la Commissione Europea, in percentuale al PIL, ottenute come somma delle misure di aumento delle imposte e quelle di riduzione di spesa (i dati negativi rappresentano gli anni in cui la politica fiscale è stata espansiva).
Alla fine della fase dell'austerity i risultati nostri e dei Paesi iberici erano assolutamente comparabili.
2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 ES 1.0% 1.6% 3.2% 2.8% 0.5% -0.3% 0.2% 0.2% IT 0.0% 0.5% 3.9% 1.3% 0.5% 0.5% -0.9% 0.4% PT 0.9% 4.6% 4.5% 2.9% 0.6% 0.8% 0.0% -0.4%
PIL-IT.png
La differenza tra i risultati economici italiani e quelli iberici emerge invece alla fine della fase dell'austerity, quando si vede la differenza tra chi fa riforme serie e chi ha perso tempo, chi impiega bene le poche risorse disponibili e chi le butta via in misure acchiappa consenso. Gli errori di politica monetaria e l'austerity eccessiva hanno colpito tutti fino al 2013, con sfumature diverse, ma se noi non siamo riusciti a crescere negli anni successivi è stato a causa dei nostri problemi strutturali, in gran parte presenti già prima della crisi. Ed è quella mancanza di crescita che ha reso ancora più complesso raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica, per quanto riguarda il deficit ma soprattutto il debito (con deficit al 3% il rapporto debito/PIL spagnolo scende, il nostro si impenna).
Ultima modifica di snowaholic; 11/06/2019 alle 08:30
Il ritorno alla lira senza bagni di sangue potrebbe avvenire solo in un'unica circostanza.. che l'uscita sia concordata con tutte le altre nazioni UE, che tornerebbero anch'esse alle loro valute e che, questo è più difficile anche da fare, gli altri stati più importanti del mondo, a livello d'economia, dessero un sostegno alla lira per evitare che una sua eccessiva svalutazione mandi l'Italia in fallimento, creando un effetto domino che partirebbe inevitabilmente dopo che succede qualcosa all'ottava economia del mondo.
Quindi magari le Banche centrali degli altri stati più industrializzati dovrebbero "lavorare" per noi..
E' un ragionamento del tutto ipotetico e credo sia poco attuabile, occorrerebbe considerare l'Italia ancora più importante di quello che è, ma ormai ci conoscono troppo bene... e oltretutto non si è mai parlato di uscita concordata con altri stati e neanche più di tanto (nonostante qualche partito politico aveva "sbraitato", in questo senso) di uscita dall'euro "sbattendo la porta".
Addo' arrivamo, mettemo glio' pezzùco
Luccicantella calla calla, mitti fuoco alla cavalla, la cavalla dé glio' ré, luccicantella mmàni a mmé!!
Addo' arrivamo, mettemo glio' pezzùco
Luccicantella calla calla, mitti fuoco alla cavalla, la cavalla dé glio' ré, luccicantella mmàni a mmé!!
Infatti tutto il dibattito sulla patrimoniale è abbastanza surreale. Gran parte del patrimonio non è liquido, sia mobiliare sia immobiliare, quindi una patrimoniale straordinaria sarebbe fortemente limitata negli importi realisticamente ottenibili senza provocare un collasso dei valori di mercato e bruciare enormi quantità di quel patrimonio virtuale. Peraltro non sarebbe molto meno recessivo di un qualunque altro aumento di imposte, specie se si raggiungessero importi elevati.
Una patrimoniale permanente avrebbe più senso, ma anche questo potrebbe portare pochi miliardi l'anno, anche perché sulle seconde case di fatto una imposta di carattere patrimoniale c'è già e si chiama IMU.
Insomma, si tratta sempre della solita discussione su un proiettile d'argento che non esiste, può essere una extrema ratio in casi di illiquidità di breve termine per ridurre il ricorso al mercato, ma ci sarebbero modi più intelligenti per risanare il bilancio dello stato.
Scusate una cosa eh, probabilmente sono stato semplicistico, ma non si è sempre detto che i soldi vanno cercati altrove e non sempre sui redditi?
Quindi se vogliamo abbassare il debito pubblico, non vedo altre soluzioni che una patrimoniale abbastanza pesante, del resto non si andrebbe a colpire chi ha una casa di proprietà per viverci, ma di più chi ha due, tre case, terreni sconfinati (e magari nemmeno li lavora ecc.), oppure chi ha le rendite.
Ripeto, i numeri li ha diffusi il Capitano stesso, 5 mila miliardi di come dire, soldi privati, il debito pubblico è 2 mila miliardi, il conto è presto fatto, levando metà di quei soldi ai cittadini il debito non c'è più
Non è tra l'altro una manovra tipica dell'area politica a cui appartiene il capitano.. comunque a parte le seconde case l'imu sarebbe forse da ripristinare su alcuni "terreni esenti ". Non porterebbe un granché come incasso, quindi la si potrebbe affiancare con una su chi ha un patrimonio mobiliare piuttosto sostanzioso. Il debito scenderebbe di un po', ma azzerarlo con l'imposizione è impossibile. La riduzione del debito avviene solo con una seria politica di investimenti che creino occupazione, cosa che non so da quanto tempo non si fa, da noi.. naturalmente gli investimenti si farebbero a debito, ma visto che la "manovra del popolo " alla fine è stata fatta così...
Segnalibri