Originariamente Scritto da
nevearoma
Riassumendo e semplificando molto:
l'Italia cresce meno della media del mondo occidentale da ormai una ventina d'anni, se non di più. Dal 2007-2008 ha preso a decrescere in senso assoluto, con una tendenza completamente divergente rispetto a quella di tutte le altre maggiori economie sviluppate.
Nessun paese ha seguito la stessa traiettoria. Alcuni andavano male prima e si sono ripresi dopo, come la Germania ed in parte il Giappone. Altri andavano bene prima e sono andati male dopo, come la Francia, la Spagna o la Finlandia. Solo l'Italia è andata male prima e dopo.
L'Italia è il paese al mondo che è cresciuto meno nel decennio '00, tolti casi disperati di failed state come lo Zimbabwe, ed il suo percorso di impoverimento è di una scala e di una rapidità senza precedenti. Oggi, in termini nominali, regioni come il Friuli o il Piemonte sono al di sotto del 90% della media UE15 per pil pro capite: ciò significa che, se l'UE fosse rimasta quella di 20 anni fa e non si fosse allargata ad est, oggi Piemonte e Friuli potrebbero essere destinatarie di fondi allo sviluppo. Vent'anni fa erano tra le più ricche d'Europa.
La mia idea è che l'Italia abbia avuto un successo incredibile nel mondo pre-globalizzazione, un mondo in cui Internet non esisteva, in Cina e India non c'erano altro che fame e povertà e la competizione era limitata ad Europa, USA e Giappone. Era un mondo in cui per sopperire alla mancanza di qualità o capacità bastava abbassare i prezzi. L'Italia, adattatasi a quel mondo, non ha saputo recepire in tempo gli sconvolgimenti globali post-crollo dell'URSS e non ha saputo riconvertire e ristrutturare la propria economia per proporsi come grande potenza anche all'interno del nuovo mondo digitale ed ipercompetitivo del XXI secolo.
Il Regno Unito degli anni '70 era un paesotto arretrato ed in declino, zavorrato da un settore pubblico mastodontico e da un'industria tecnologicamente obsoleta. Vent'anni dopo è stato in grado di trasformarsi in una moderna economia globalizzata, guidata da una città come Londra che è l'epitome di riconversione da centro industriale a capitale finanziaria. Il prezzo da pagare è stato un taglio netto dei rami secchi, con aumento della disoccupazione ed impoverimento e declino di intere regioni. Ma col senno di poi non c'era altro modo, forse.
La Svezia negli anni '90 ha dovuto rivoluzionare completamente il proprio modello economico e di welfare ipergeneroso ed a cui tanto si era abituata. Fu un periodo duro per il paese, che si vide crollare sotto i piedi tutte le certezze di superiorità ed "intoccabilità" che aveva acquisito nei suoi anni d'oro. Oggi è tornato ad essere uno dei paesi più competitivi del pianeta, oltre che uno di quelli in crescita più rapida tra le economie sviluppate.
L'Italia degli anni '90 era nella stessa situazione della Svezia ed aveva tutti, ma proprio tutti gli strumenti per affrontare la medesima trasformazione. E' mancato però qualcuno che lo sapesse fare e che fosse in grado di far ingoiare alla popolazione delle scelte pesanti e dolorose nel breve termine, ma positive nel lungo. Si è preferito illudersi che la crescita cinese fosse un bluff, che l'Europa dell'est continuasse per sempre ad essere una terra desolata e depressa, che internet non fosse importante. Si è preferito mantenere in piedi tutto un universo produttivo e sociale basato sui microimprenditori del tessile, sui notabili, sugli statali, sulle fabbrichètte, su classi di individui che abituati al loro piccolo mondo antico non avevano né la capacità, né l'interesse o la voglia di competere.
Il risultato è che oggi l'Italia è sul fondo di qualunque classifica occidentale in termini di competitività, technological readiness, qualità e preparazione della forza lavoro, innovazione, apertura al mercato e facilità di fare impresa. La produzione industriale è stata decimata (-25% rispetto al 2007), molte delle grandi aziende italiane del passato sono state comprate, se ne sono andate o sono miseramente fallite (l'Olivetti ne è un ottimo esempio), di startup di livello globale non ce n'è neanche l'ombra e nel futuro non si intravedono grandi cambiamenti.
Il tutto ha anche comportato una mancata riduzione, e soprattutto ristrutturazione, della spesa pubblica italiana che è rimasta quella improduttiva di sempre e che ha portato a sua volta ad una mancata riduzione del debito pubblico, questione esplosa con violenza nell'autunno del 2011 e causa principale della seconda recessione del paese.
Se a tutto ciò aggiungi anche la qualità da secondo mondo della classe politica e delle istituzioni, nonché la disastrosa situazione demografica, penso tu possa ottenere un quadretto abbastanza chiaro del perché l'Italia ha seguito quella traiettoria di crescita anziché stare al passo con gli altri.
Temo poi che il futuro non sarà migliore, anzi. Il QE della BCE non potrà durare per sempre, i tassi d'interesse prima o poi si rialzeranno e la questione debito prima o poi riesploderà. Alla prossima crisi, che non arriverà tanto tardi (non credo più tardi del 2019, ma prendilo per quel che vale, cioè zero), arriveremo in un contesto in cui anche i paesi migliori del mondo hanno i conti non propriamente in salute. A quel punto vedremo, come si suol dire, i sorci verdi.
A mio avviso, da un punto di vista puramente economico-lavorativo, non c'è un motivo razionale per cui un giovane al di sotto dei 30 anni dovrebbe rimanere in Italia.
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