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  1. #19471
    Josh
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da FilTur Visualizza Messaggio
    Parentesi ma: dopo 45 anni di esperimento reale e su larga scala, forse l'unico vero della storia umana, tra Germania Ovest e Germania Est, Cecoslovacchia e Nord Italia, Austria e Ungheria, Paesi Baltici e Finlandia, come si fa ancora a pensare al socialismo reale come un valido sistema? Non bastassero i 70 anni tra Corea del Nord e Corea del Sud, o i recenti "esperimenti" di Mugabe e di Chavez/Maduro... E per l'Europa non parliamo nemmeno di ultra-liberismo, anzi nemmeno di liberalismo classico, ma di social-democrazia, solo annacquata negli ultimi 20 anni.


    P.S.1: è vero che l'eredità corporativa e dirigista del fascismo "monarchico" fu in gran parte preservata e poi ampiamente sviluppata dalla social-democrazia italiana (che era quella DC-PSDI-PSI, non quella del PCI che era appunto comunista). Il risultato in termini di debito pubblico, crisi post-industriale (Taranto, Genova ecc.) e fragilità del sistema pensionistico, lo conosciamo tutti.


    P.S.2: il sistema economico nominalmente propugnato dal fascismo "repubblicano" era invece molto "leninista" nei suoi contenuti, ed è quello oggi recuperato dai gruppuscoli di estrema destra; il cui programma economico è infatti poco differente da quelli di estrema sinistra, se non per la salvaguardia della "piccola" proprietà privata.
    Ma straquoto

  2. #19472
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da nevearoma Visualizza Messaggio
    Nuovo grafico, stavolta con le ripartizioni territoriali italiane:

    Immagine
    Mi viene da chiedere: ma cosa c.... è successo in Italia??
    Lou soulei nais per tuchi

  3. #19473
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da FilTur Visualizza Messaggio
    Perché ne è la naturale degenerazione. Hai un sistema di feudatari, vassalli e valvassori e anche valvassini. Dai politici e dai grand commis ai grandi imprenditori e dirigenti legati a doppio filo allo Stato ed alle sue imprese (tra aiuti o sussidi o proprietà del Tesoro o di CdP, il dirigismo in Italia non è mai morto), giù giù fino ai burocrati a contatto col pubblico, agli uscieri e a chiunque ricopra un ruolo o vesta una divisa e si senta dunque investito di un minimo di potere sul pinco pallino qualunque (cit. Banana Joe). In realtà è un processo che era già in atto dalle sue origini, non penso che oggi la situazione sia peggiore degli anni '70. E' peggiorata magari la prospettiva, specie verso il futuro...
    Onestamente non ho idea di quale fosse questo tipo di situazione 40 anni fa, ma che la ricchezza siano anni (in particolare post-crisi) che si va sempre più concentrando in poche mani mentre la massa si impoverisce mi pare fortemente antitetico con il concetto "socialista" o "socialdemocratico".
    Probabilmente è già degenerato...
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
    27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.

  4. #19474
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da FunMBnel Visualizza Messaggio
    Onestamente non ho idea di quale fosse questo tipo di situazione 40 anni fa, ma che la ricchezza siano anni (in particolare post-crisi) che si va sempre più concentrando in poche mani mentre la massa si impoverisce mi pare fortemente antitetico con il concetto "socialista" o "socialdemocratico".
    Probabilmente è già degenerato...
    Tipica (ed amara) differenza tra teoria e pratica...

  5. #19475
    Vento forte L'avatar di nevearoma
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Lou_Vall Visualizza Messaggio
    Mi viene da chiedere: ma cosa c.... è successo in Italia??
    Quando ho 5-6 ore di tempo ti rispondo.
    "In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."

  6. #19476
    Vento forte L'avatar di nevearoma
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Lou_Vall Visualizza Messaggio
    Mi viene da chiedere: ma cosa c.... è successo in Italia??
    Riassumendo e semplificando molto:

    l'Italia cresce meno della media del mondo occidentale da ormai una ventina d'anni, se non di più. Dal 2007-2008 ha preso a decrescere in senso assoluto, con una tendenza completamente divergente rispetto a quella di tutte le altre maggiori economie sviluppate.
    Nessun paese ha seguito la stessa traiettoria. Alcuni andavano male prima e si sono ripresi dopo, come la Germania ed in parte il Giappone. Altri andavano bene prima e sono andati male dopo, come la Francia, la Spagna o la Finlandia. Solo l'Italia è andata male prima e dopo.
    L'Italia è il paese al mondo che è cresciuto meno nel decennio '00, tolti casi disperati di failed state come lo Zimbabwe, ed il suo percorso di impoverimento è di una scala e di una rapidità senza precedenti. Oggi, in termini nominali, regioni come il Friuli o il Piemonte sono al di sotto del 90% della media UE15 per pil pro capite: ciò significa che, se l'UE fosse rimasta quella di 20 anni fa e non si fosse allargata ad est, oggi Piemonte e Friuli potrebbero essere destinatarie di fondi allo sviluppo. Vent'anni fa erano tra le più ricche d'Europa.

    La mia idea è che l'Italia abbia avuto un successo incredibile nel mondo pre-globalizzazione, un mondo in cui Internet non esisteva, in Cina e India non c'erano altro che fame e povertà e la competizione era limitata ad Europa, USA e Giappone. Era un mondo in cui per sopperire alla mancanza di qualità o capacità bastava abbassare i prezzi. L'Italia, adattatasi a quel mondo, non ha saputo recepire in tempo gli sconvolgimenti globali post-crollo dell'URSS e non ha saputo riconvertire e ristrutturare la propria economia per proporsi come grande potenza anche all'interno del nuovo mondo digitale ed ipercompetitivo del XXI secolo.
    Il Regno Unito degli anni '70 era un paesotto arretrato ed in declino, zavorrato da un settore pubblico mastodontico e da un'industria tecnologicamente obsoleta. Vent'anni dopo è stato in grado di trasformarsi in una moderna economia globalizzata, guidata da una città come Londra che è l'epitome di riconversione da centro industriale a capitale finanziaria. Il prezzo da pagare è stato un taglio netto dei rami secchi, con aumento della disoccupazione ed impoverimento e declino di intere regioni. Ma col senno di poi non c'era altro modo, forse.
    La Svezia negli anni '90 ha dovuto rivoluzionare completamente il proprio modello economico e di welfare ipergeneroso ed a cui tanto si era abituata. Fu un periodo duro per il paese, che si vide crollare sotto i piedi tutte le certezze di superiorità ed "intoccabilità" che aveva acquisito nei suoi anni d'oro. Oggi è tornato ad essere uno dei paesi più competitivi del pianeta, oltre che uno di quelli in crescita più rapida tra le economie sviluppate.
    L'Italia degli anni '90 era nella stessa situazione della Svezia ed aveva tutti, ma proprio tutti gli strumenti per affrontare la medesima trasformazione. E' mancato però qualcuno che lo sapesse fare e che fosse in grado di far ingoiare alla popolazione delle scelte pesanti e dolorose nel breve termine, ma positive nel lungo. Si è preferito illudersi che la crescita cinese fosse un bluff, che l'Europa dell'est continuasse per sempre ad essere una terra desolata e depressa, che internet non fosse importante. Si è preferito mantenere in piedi tutto un universo produttivo e sociale basato sui microimprenditori del tessile, sui notabili, sugli statali, sulle fabbrichètte, su classi di individui che abituati al loro piccolo mondo antico non avevano né la capacità, né l'interesse o la voglia di competere.

    Il risultato è che oggi l'Italia è sul fondo di qualunque classifica occidentale in termini di competitività, technological readiness, qualità e preparazione della forza lavoro, innovazione, apertura al mercato e facilità di fare impresa. La produzione industriale è stata decimata (-25% rispetto al 2007), molte delle grandi aziende italiane del passato sono state comprate, se ne sono andate o sono miseramente fallite (l'Olivetti ne è un ottimo esempio), di startup di livello globale non ce n'è neanche l'ombra e nel futuro non si intravedono grandi cambiamenti.
    Il tutto ha anche comportato una mancata riduzione, e soprattutto ristrutturazione, della spesa pubblica italiana che è rimasta quella improduttiva di sempre e che ha portato a sua volta ad una mancata riduzione del debito pubblico, questione esplosa con violenza nell'autunno del 2011 e causa principale della seconda recessione del paese.

    Se a tutto ciò aggiungi anche la qualità da secondo mondo della classe politica e delle istituzioni, nonché la disastrosa situazione demografica, penso tu possa ottenere un quadretto abbastanza chiaro del perché l'Italia ha seguito quella traiettoria di crescita anziché stare al passo con gli altri.

    Temo poi che il futuro non sarà migliore, anzi. Il QE della BCE non potrà durare per sempre, i tassi d'interesse prima o poi si rialzeranno e la questione debito prima o poi riesploderà. Alla prossima crisi, che non arriverà tanto tardi (non credo più tardi del 2019, ma prendilo per quel che vale, cioè zero), arriveremo in un contesto in cui anche i paesi migliori del mondo hanno i conti non propriamente in salute. A quel punto vedremo, come si suol dire, i sorci verdi.
    A mio avviso, da un punto di vista puramente economico-lavorativo, non c'è un motivo razionale per cui un giovane al di sotto dei 30 anni dovrebbe rimanere in Italia.
    "In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."

  7. #19477
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Mi tolgo tutti i cappelli del mondo contemporaneamente.
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
    27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.

  8. #19478
    Josh
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da nevearoma Visualizza Messaggio
    Riassumendo e semplificando molto:

    l'Italia cresce meno della media del mondo occidentale da ormai una ventina d'anni, se non di più. Dal 2007-2008 ha preso a decrescere in senso assoluto, con una tendenza completamente divergente rispetto a quella di tutte le altre maggiori economie sviluppate.
    Nessun paese ha seguito la stessa traiettoria. Alcuni andavano male prima e si sono ripresi dopo, come la Germania ed in parte il Giappone. Altri andavano bene prima e sono andati male dopo, come la Francia, la Spagna o la Finlandia. Solo l'Italia è andata male prima e dopo.
    L'Italia è il paese al mondo che è cresciuto meno nel decennio '00, tolti casi disperati di failed state come lo Zimbabwe, ed il suo percorso di impoverimento è di una scala e di una rapidità senza precedenti. Oggi, in termini nominali, regioni come il Friuli o il Piemonte sono al di sotto del 90% della media UE15 per pil pro capite: ciò significa che, se l'UE fosse rimasta quella di 20 anni fa e non si fosse allargata ad est, oggi Piemonte e Friuli potrebbero essere destinatarie di fondi allo sviluppo. Vent'anni fa erano tra le più ricche d'Europa.

    La mia idea è che l'Italia abbia avuto un successo incredibile nel mondo pre-globalizzazione, un mondo in cui Internet non esisteva, in Cina e India non c'erano altro che fame e povertà e la competizione era limitata ad Europa, USA e Giappone. Era un mondo in cui per sopperire alla mancanza di qualità o capacità bastava abbassare i prezzi. L'Italia, adattatasi a quel mondo, non ha saputo recepire in tempo gli sconvolgimenti globali post-crollo dell'URSS e non ha saputo riconvertire e ristrutturare la propria economia per proporsi come grande potenza anche all'interno del nuovo mondo digitale ed ipercompetitivo del XXI secolo.
    Il Regno Unito degli anni '70 era un paesotto arretrato ed in declino, zavorrato da un settore pubblico mastodontico e da un'industria tecnologicamente obsoleta. Vent'anni dopo è stato in grado di trasformarsi in una moderna economia globalizzata, guidata da una città come Londra che è l'epitome di riconversione da centro industriale a capitale finanziaria. Il prezzo da pagare è stato un taglio netto dei rami secchi, con aumento della disoccupazione ed impoverimento e declino di intere regioni. Ma col senno di poi non c'era altro modo, forse.
    La Svezia negli anni '90 ha dovuto rivoluzionare completamente il proprio modello economico e di welfare ipergeneroso ed a cui tanto si era abituata. Fu un periodo duro per il paese, che si vide crollare sotto i piedi tutte le certezze di superiorità ed "intoccabilità" che aveva acquisito nei suoi anni d'oro. Oggi è tornato ad essere uno dei paesi più competitivi del pianeta, oltre che uno di quelli in crescita più rapida tra le economie sviluppate.
    L'Italia degli anni '90 era nella stessa situazione della Svezia ed aveva tutti, ma proprio tutti gli strumenti per affrontare la medesima trasformazione. E' mancato però qualcuno che lo sapesse fare e che fosse in grado di far ingoiare alla popolazione delle scelte pesanti e dolorose nel breve termine, ma positive nel lungo. Si è preferito illudersi che la crescita cinese fosse un bluff, che l'Europa dell'est continuasse per sempre ad essere una terra desolata e depressa, che internet non fosse importante. Si è preferito mantenere in piedi tutto un universo produttivo e sociale basato sui microimprenditori del tessile, sui notabili, sugli statali, sulle fabbrichètte, su classi di individui che abituati al loro piccolo mondo antico non avevano né la capacità, né l'interesse o la voglia di competere.

    Il risultato è che oggi l'Italia è sul fondo di qualunque classifica occidentale in termini di competitività, technological readiness, qualità e preparazione della forza lavoro, innovazione, apertura al mercato e facilità di fare impresa. La produzione industriale è stata decimata (-25% rispetto al 2007), molte delle grandi aziende italiane del passato sono state comprate, se ne sono andate o sono miseramente fallite (l'Olivetti ne è un ottimo esempio), di startup di livello globale non ce n'è neanche l'ombra e nel futuro non si intravedono grandi cambiamenti.
    Il tutto ha anche comportato una mancata riduzione, e soprattutto ristrutturazione, della spesa pubblica italiana che è rimasta quella improduttiva di sempre e che ha portato a sua volta ad una mancata riduzione del debito pubblico, questione esplosa con violenza nell'autunno del 2011 e causa principale della seconda recessione del paese.

    Se a tutto ciò aggiungi anche la qualità da secondo mondo della classe politica e delle istituzioni, nonché la disastrosa situazione demografica, penso tu possa ottenere un quadretto abbastanza chiaro del perché l'Italia ha seguito quella traiettoria di crescita anziché stare al passo con gli altri.

    Temo poi che il futuro non sarà migliore, anzi. Il QE della BCE non potrà durare per sempre, i tassi d'interesse prima o poi si rialzeranno e la questione debito prima o poi riesploderà. Alla prossima crisi, che non arriverà tanto tardi (non credo più tardi del 2019, ma prendilo per quel che vale, cioè zero), arriveremo in un contesto in cui anche i paesi migliori del mondo hanno i conti non propriamente in salute. A quel punto vedremo, come si suol dire, i sorci verdi.
    A mio avviso, da un punto di vista puramente economico-lavorativo, non c'è un motivo razionale per cui un giovane al di sotto dei 30 anni dovrebbe rimanere in Italia.
    Intervento da encomio solenne.

  9. #19479
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da nevearoma Visualizza Messaggio
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    l'Italia cresce meno della media del mondo occidentale da ormai una ventina d'anni, se non di più. Dal 2007-2008 ha preso a decrescere in senso assoluto, con una tendenza completamente divergente rispetto a quella di tutte le altre maggiori economie sviluppate.
    Nessun paese ha seguito la stessa traiettoria. Alcuni andavano male prima e si sono ripresi dopo, come la Germania ed in parte il Giappone. Altri andavano bene prima e sono andati male dopo, come la Francia, la Spagna o la Finlandia. Solo l'Italia è andata male prima e dopo.
    L'Italia è il paese al mondo che è cresciuto meno nel decennio '00, tolti casi disperati di failed state come lo Zimbabwe, ed il suo percorso di impoverimento è di una scala e di una rapidità senza precedenti. Oggi, in termini nominali, regioni come il Friuli o il Piemonte sono al di sotto del 90% della media UE15 per pil pro capite: ciò significa che, se l'UE fosse rimasta quella di 20 anni fa e non si fosse allargata ad est, oggi Piemonte e Friuli potrebbero essere destinatarie di fondi allo sviluppo. Vent'anni fa erano tra le più ricche d'Europa.

    La mia idea è che l'Italia abbia avuto un successo incredibile nel mondo pre-globalizzazione, un mondo in cui Internet non esisteva, in Cina e India non c'erano altro che fame e povertà e la competizione era limitata ad Europa, USA e Giappone. Era un mondo in cui per sopperire alla mancanza di qualità o capacità bastava abbassare i prezzi. L'Italia, adattatasi a quel mondo, non ha saputo recepire in tempo gli sconvolgimenti globali post-crollo dell'URSS e non ha saputo riconvertire e ristrutturare la propria economia per proporsi come grande potenza anche all'interno del nuovo mondo digitale ed ipercompetitivo del XXI secolo.
    Il Regno Unito degli anni '70 era un paesotto arretrato ed in declino, zavorrato da un settore pubblico mastodontico e da un'industria tecnologicamente obsoleta. Vent'anni dopo è stato in grado di trasformarsi in una moderna economia globalizzata, guidata da una città come Londra che è l'epitome di riconversione da centro industriale a capitale finanziaria. Il prezzo da pagare è stato un taglio netto dei rami secchi, con aumento della disoccupazione ed impoverimento e declino di intere regioni. Ma col senno di poi non c'era altro modo, forse.
    La Svezia negli anni '90 ha dovuto rivoluzionare completamente il proprio modello economico e di welfare ipergeneroso ed a cui tanto si era abituata. Fu un periodo duro per il paese, che si vide crollare sotto i piedi tutte le certezze di superiorità ed "intoccabilità" che aveva acquisito nei suoi anni d'oro. Oggi è tornato ad essere uno dei paesi più competitivi del pianeta, oltre che uno di quelli in crescita più rapida tra le economie sviluppate.
    L'Italia degli anni '90 era nella stessa situazione della Svezia ed aveva tutti, ma proprio tutti gli strumenti per affrontare la medesima trasformazione. E' mancato però qualcuno che lo sapesse fare e che fosse in grado di far ingoiare alla popolazione delle scelte pesanti e dolorose nel breve termine, ma positive nel lungo. Si è preferito illudersi che la crescita cinese fosse un bluff, che l'Europa dell'est continuasse per sempre ad essere una terra desolata e depressa, che internet non fosse importante. Si è preferito mantenere in piedi tutto un universo produttivo e sociale basato sui microimprenditori del tessile, sui notabili, sugli statali, sulle fabbrichètte, su classi di individui che abituati al loro piccolo mondo antico non avevano né la capacità, né l'interesse o la voglia di competere.

    Il risultato è che oggi l'Italia è sul fondo di qualunque classifica occidentale in termini di competitività, technological readiness, qualità e preparazione della forza lavoro, innovazione, apertura al mercato e facilità di fare impresa. La produzione industriale è stata decimata (-25% rispetto al 2007), molte delle grandi aziende italiane del passato sono state comprate, se ne sono andate o sono miseramente fallite (l'Olivetti ne è un ottimo esempio), di startup di livello globale non ce n'è neanche l'ombra e nel futuro non si intravedono grandi cambiamenti.
    Il tutto ha anche comportato una mancata riduzione, e soprattutto ristrutturazione, della spesa pubblica italiana che è rimasta quella improduttiva di sempre e che ha portato a sua volta ad una mancata riduzione del debito pubblico, questione esplosa con violenza nell'autunno del 2011 e causa principale della seconda recessione del paese.

    Se a tutto ciò aggiungi anche la qualità da secondo mondo della classe politica e delle istituzioni, nonché la disastrosa situazione demografica, penso tu possa ottenere un quadretto abbastanza chiaro del perché l'Italia ha seguito quella traiettoria di crescita anziché stare al passo con gli altri.

    Temo poi che il futuro non sarà migliore, anzi. Il QE della BCE non potrà durare per sempre, i tassi d'interesse prima o poi si rialzeranno e la questione debito prima o poi riesploderà. Alla prossima crisi, che non arriverà tanto tardi (non credo più tardi del 2019, ma prendilo per quel che vale, cioè zero), arriveremo in un contesto in cui anche i paesi migliori del mondo hanno i conti non propriamente in salute. A quel punto vedremo, come si suol dire, i sorci verdi.
    A mio avviso, da un punto di vista puramente economico-lavorativo, non c'è un motivo razionale per cui un giovane al di sotto dei 30 anni dovrebbe rimanere in Italia.
    Un bel ponte sullo stretto e passa la paura

  10. #19480
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da nevearoma Visualizza Messaggio
    Riassumendo e semplificando molto:

    l'Italia cresce meno della media del mondo occidentale da ormai una ventina d'anni, se non di più. Dal 2007-2008 ha preso a decrescere in senso assoluto, con una tendenza completamente divergente rispetto a quella di tutte le altre maggiori economie sviluppate.
    Nessun paese ha seguito la stessa traiettoria. Alcuni andavano male prima e si sono ripresi dopo, come la Germania ed in parte il Giappone. Altri andavano bene prima e sono andati male dopo, come la Francia, la Spagna o la Finlandia. Solo l'Italia è andata male prima e dopo.
    L'Italia è il paese al mondo che è cresciuto meno nel decennio '00, tolti casi disperati di failed state come lo Zimbabwe, ed il suo percorso di impoverimento è di una scala e di una rapidità senza precedenti. Oggi, in termini nominali, regioni come il Friuli o il Piemonte sono al di sotto del 90% della media UE15 per pil pro capite: ciò significa che, se l'UE fosse rimasta quella di 20 anni fa e non si fosse allargata ad est, oggi Piemonte e Friuli potrebbero essere destinatarie di fondi allo sviluppo. Vent'anni fa erano tra le più ricche d'Europa.

    La mia idea è che l'Italia abbia avuto un successo incredibile nel mondo pre-globalizzazione, un mondo in cui Internet non esisteva, in Cina e India non c'erano altro che fame e povertà e la competizione era limitata ad Europa, USA e Giappone. Era un mondo in cui per sopperire alla mancanza di qualità o capacità bastava abbassare i prezzi. L'Italia, adattatasi a quel mondo, non ha saputo recepire in tempo gli sconvolgimenti globali post-crollo dell'URSS e non ha saputo riconvertire e ristrutturare la propria economia per proporsi come grande potenza anche all'interno del nuovo mondo digitale ed ipercompetitivo del XXI secolo.
    Il Regno Unito degli anni '70 era un paesotto arretrato ed in declino, zavorrato da un settore pubblico mastodontico e da un'industria tecnologicamente obsoleta. Vent'anni dopo è stato in grado di trasformarsi in una moderna economia globalizzata, guidata da una città come Londra che è l'epitome di riconversione da centro industriale a capitale finanziaria. Il prezzo da pagare è stato un taglio netto dei rami secchi, con aumento della disoccupazione ed impoverimento e declino di intere regioni. Ma col senno di poi non c'era altro modo, forse.
    La Svezia negli anni '90 ha dovuto rivoluzionare completamente il proprio modello economico e di welfare ipergeneroso ed a cui tanto si era abituata. Fu un periodo duro per il paese, che si vide crollare sotto i piedi tutte le certezze di superiorità ed "intoccabilità" che aveva acquisito nei suoi anni d'oro. Oggi è tornato ad essere uno dei paesi più competitivi del pianeta, oltre che uno di quelli in crescita più rapida tra le economie sviluppate.
    L'Italia degli anni '90 era nella stessa situazione della Svezia ed aveva tutti, ma proprio tutti gli strumenti per affrontare la medesima trasformazione. E' mancato però qualcuno che lo sapesse fare e che fosse in grado di far ingoiare alla popolazione delle scelte pesanti e dolorose nel breve termine, ma positive nel lungo. Si è preferito illudersi che la crescita cinese fosse un bluff, che l'Europa dell'est continuasse per sempre ad essere una terra desolata e depressa, che internet non fosse importante. Si è preferito mantenere in piedi tutto un universo produttivo e sociale basato sui microimprenditori del tessile, sui notabili, sugli statali, sulle fabbrichètte, su classi di individui che abituati al loro piccolo mondo antico non avevano né la capacità, né l'interesse o la voglia di competere.

    Il risultato è che oggi l'Italia è sul fondo di qualunque classifica occidentale in termini di competitività, technological readiness, qualità e preparazione della forza lavoro, innovazione, apertura al mercato e facilità di fare impresa. La produzione industriale è stata decimata (-25% rispetto al 2007), molte delle grandi aziende italiane del passato sono state comprate, se ne sono andate o sono miseramente fallite (l'Olivetti ne è un ottimo esempio), di startup di livello globale non ce n'è neanche l'ombra e nel futuro non si intravedono grandi cambiamenti.
    Il tutto ha anche comportato una mancata riduzione, e soprattutto ristrutturazione, della spesa pubblica italiana che è rimasta quella improduttiva di sempre e che ha portato a sua volta ad una mancata riduzione del debito pubblico, questione esplosa con violenza nell'autunno del 2011 e causa principale della seconda recessione del paese.

    Se a tutto ciò aggiungi anche la qualità da secondo mondo della classe politica e delle istituzioni, nonché la disastrosa situazione demografica, penso tu possa ottenere un quadretto abbastanza chiaro del perché l'Italia ha seguito quella traiettoria di crescita anziché stare al passo con gli altri.

    Temo poi che il futuro non sarà migliore, anzi. Il QE della BCE non potrà durare per sempre, i tassi d'interesse prima o poi si rialzeranno e la questione debito prima o poi riesploderà. Alla prossima crisi, che non arriverà tanto tardi (non credo più tardi del 2019, ma prendilo per quel che vale, cioè zero), arriveremo in un contesto in cui anche i paesi migliori del mondo hanno i conti non propriamente in salute. A quel punto vedremo, come si suol dire, i sorci verdi.
    A mio avviso, da un punto di vista puramente economico-lavorativo, non c'è un motivo razionale per cui un giovane al di sotto dei 30 anni dovrebbe rimanere in Italia.
    Bellissimo intervento
    Lou soulei nais per tuchi

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