eh sì, siccome però non abbiamo tempo e risorse infinite questa divisione internazionale lascerà il segno.
Sopratutto quella tra Usa e Europa preannunciata dalla Madonna a Ida Peerdamnn, infatti parla di guerra commerciale, guerre valutarie. Probabilmente questo sarà il preludio all'uscita di alcune nazioni europee dalla Nato. L'Europa resterà sguarnita e il resto l'ho già detto
Che abbia motivazioni reali senza dubbio, che siano ben fondate invece non sono minimamente d'accordo.
Non c'è NESSUNO Stato al mondo che tragga svantaggio dalla globalizzazione, al contrario tutti ne possono trarre vantaggio, se ne colgono le opportunità.
Il problema è che in molti Stati non le si vuole cogliere. Si preferisce cercare, contro la storia, di difendere quel che si ha. Tanto per cominciare in quei Paesi in cui il tessuto industriale è vecchio, il tasso di innovazione è drasticamente basso e la politica industriale da anni è un qualcosa di sconosciuto (ogni riferimento all'Italia è puramente casuale) mi pare ovvio che non si sia capito un accidente secco di come funziona la globalizzazione.
Se pensi oggi di competere con i Paesi dell'Asia orientale e meridionale sul prezzo, sei completamente fuori strada. Devi sviluppare prodotti di alta qualità, a maggior contenuto tecnologico ecc. in altre parole devi smettere di produrre quello che producevi fino a poco tempo fa e produrre altro.
Ed è giusto così, anzi non solo è giusto, ma è un bene che sia così. Senza le varie ondate di globalizzazione che abbiamo avuto, di cui questa partita negli anni '80 è quella ovviamente più forte (anche se temo si stia esaurendo) oggi avremmo un reddito svariate volte più basso, non avremo ne computer, ne telefoni, ne automobili ecc.
E' ovvio che ci saranno persone che si sentiranno penalizzate dalla globalizzazione, ma il rimedio a tutto ciò non è bandire la globalizzazione e non è nemmeno raggiungere un compromesso con i no global, i quali rappresentano senza distinzione un branco di cialtroni venditori di fumo.
L'unica soluzione sarebbe la cultura, insegnare alle persone a darsi da fare, insegnare che il mondo non finisce dietro casa e che lo Stato non è la soluzione bensì il problema, ma ehmm….dimenticavo: le redini dell'informazione e della cultura sono in mano allo Stato, e lo Stato ama creare una massa di persone da esso dipendenti e asservite che vedono nella politica la soluzione a tutti i loro problemi, ed è quindi ovvio che la classe politica, non solo italiana, con i no global ci vada d'amore e d'accordo.
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Temo che faticherebbe molto a spostare anche in Italia. Oggi le elezioni le vince chi sa usare poche parole d'ordine. Si sta realizzando ciò che diceva quell'altro snob antipatico (prendo a prestito una riflessione di @snowaholic di qualche tempo fa) di Umberto Eco: il senso comune sta cambiando ovunque ma in Occidente lo fa in maniera più vistosa.
In merito alla parte che ho sottolineato questo articolo esprime un punto di vista interessante, secondo me.
Niente di troppo nuovo, ma ben scritto
Localization: a Strategic Alternative to Globalized Authoritarianism - Resilience
Sei ottimista. Se si arrivasse ad una rottura dell'ordine globale esistente tale da produrre gravi conseguenze economiche non sarebbe facile rimettere a posto i cocci.
E comunque tutti i temi critici legati alla globalizzazione rimarrebbero sul tavolo anche dopo un fallimento degli improbabili nazionalisti che spopolano nella politica odierna. Come si gestisce una economia globale quando a livello politico tutto è nazionale?
La globalizzazione limita moltissimo la capacità di uno stato di intervenire sulla distribuzione del reddito, di fissare una politica fiscale autonoma, di regolare il mercato e tutelare l'ambiente. I cittadini più ricchi e le imprese possono facilmente fare i bagagli e andare via. Il risultato è una concorrenza al ribasso sulle tasse, sull'ambiente, sulle condizioni di lavoro, molto difficile da contrastare senza ripensare i meccanismi di funzionamento dell'economia globale (o quantomeno europea).
Il capitale è molto mobile, i lavoratori no, quindi la globalizzazione cambia drasticamente i rapporti di forza visto che l'unica rappresentanza che i lavoratori possono sperare di avere è a livello nazionale.
Libertà di movimento dei capitali e apertura commerciale non è uno stato di natura, si può vivere benissimo e avere economie ricche e prospere anche con poco interscambio commerciale e controlli sui capitali (se non sei un microstato ovviamente). Ci rimetti qualcosa in termini di opportunità economiche ma ti restituisce maggiore controllo sull'economia. Siete proprio sicuri sicuri che non si possano formare maggioranze stabili a favore di una minore integrazione internazionale e quindi una eventuale fase di deglobalizzazione non durerebbe 50 anni come la precedente?
I benefici della crescita economica anche in questi ultimi anni tendono ad affluire in misura preponderante al 10% più ricco della popolazione e alle zone urbane fortemente interconnesse con l'economia globale (vedi Londra vs resto dell'Inghilterra), a livello politico le dinamiche rischiano di diventare sempre più esplosive.
Per quale motivo senza la globalizzazione non dovrebbe esserci progresso tecnologico? Forse la diffusione di certe tecnologie sarebbe leggermente più lenta perché senza sfruttare il lavoro a basso costo cinese alcuni prodotti sarebbero più costosi, ma si andrebbe avanti comunque. Il dopoguerra secondo i tuoi criteri avrebbe dovuto essere un periodo di fame e miseria, con tassazione astronomica sui redditi alti, scarsa integrazione commerciale, controlli sui movimenti di capitale e crescente intervento dello stato in economia, invece fu un periodo di crescita fortissima e diffusa in tutti gli strati della società.
Se da una parte è vero che le opportunità offerte dalla globalizzazione potrebbero essere sfruttate meglio, è anche vero che alcuni erano posizionati meglio per coglierle e altri molto meno, per specializzazione produttiva e per struttura del tessuto imprenditoriale oltre che per l'inefficienza del settore pubblico. E per quanto tu possa giustamente investire sulla cultura e sulla tecnologia, visto che non tutti possono diventare ingegneri una buona fetta di popolazione rischia di ritrovarsi in condizioni peggiori di prima.
Il discorso sulle masse asservite invece è privo di senso, senza intervento pubblico il livello di istruzione sarebbe ancora più basso, per motivi puramente economici. Lo Stato italiano è imperdonabile come atteggiamento verso istruzione e cultura, ma per fortuna siamo una eccezione.
In politica l'economia conta ma fino ad un certo punto. L'epoca dei social e la frammentazione dell'informazione inoltre ha generato realtà parallele impermeabili ai fatti.
Dopotutto anche il vaccino montanelliano non ha funzionato molto bene e il virus ha vinto o pareggiato tutte le elezioni a cui si sia presentato, fino alla sua decadenza dal senato e al raggiungimento di evidenti limiti anagrafici.
Quanto grassettato è molto discutibile. Innanzitutto anche in assenza di globalizzazione le differenze tra Stati sono sempre esistite, anzi erano molto più ampie di adesso: sicuramente non ti sogneresti neanche tu di dire che, ad esempio, la Cina dei tempi di Mao oppure l'India, per esempio, negli anni '60 fossero comunque dei Paesi in cui si creava ricchezza e si redistribuiva bene il reddito (o meglio, si, veniva redistribuita perfettamente la miseria, nel senso che erano tutti poveri).
Eppure c'era meno globalizzazione di oggi, moltissima di meno, e tali Stati avevano di conseguenza la possibilità di scegliere la politica che volevano sia a livello fiscale che ambientale, che lavorativa eccetera. Nonostante ciò quei Paesi erano poveri e continuavano a restare poveri. Mentre oggi, che non sono più tanto liberi di scegliere la loro policy hanno conosciuto un arricchimento senza precedenti. Mistero.
In secondo luogo, e qui mi riferisco alla frase per cui solo i cittadini ricchi e le imprese possono scappare, ti faccio notare come il costo di spostarsi da un Paese all'altro nel 2018 sia qualche decina di volte più basso rispetto a 50-60 anni fa, quando la globalizzazione era presente ma in forma ben più limitata di oggi. Quindi...possono fare i bagagli solo i ricchi? Forse ancora si, ma di sicuro 50-60 anni fa sotto questo aspetto era decisamente peggio, non meglio.
Vogliamo dire che il costo dei trasporti sia diminuito solo per cause esterne alla globalizzazione? Liberissimo di farlo, ma mi sembra evidente in questo caso invece il collegamento. Globalizzazione = maggiori trasporti = maggior offerta di imprese che si buttano sul settore trasporti = maggior concorrenza e tendenziale riduzione del prezzo grazie alle compagnie a basso costo.
Quello su cui dubito fortemente è quel qualcosa. Un operaio attuale ha un tenore di vita che un nobile del periodo precedente alla prima vera globalizzazione (tardo ottocento) si sognava. Ridurre drasticamente la globalizzazione significa perdere MOLTO più di qualcosa.
Io credo che si confonda molto il problema. Il fatto che i benefici della crescita economica vadano in misura preponderante al 10% più ricco è dovuto caso mai al sistema monetario fiat in cui siamo, con le banche centrali che operano una continua redistribuzione forzata dai settori lontani a quelli vicini ad essi (banche e multinazionali). In un sistema non globalizzato le perdite legate a questo sistema monetario sarebbero tuttavia ancora più vaste.
A me personalmente quello che mi lascia sgomento, ma non sorpreso, è proprio il fatto che si cerchi di prendersela con il commercio internazionale tra Paesi, che è quello che ci sta dando (forse dovrei usare il passato) anni di relativa pace e ci ha regalato un benessere senza precedenti, invece di prendersela con un sistema monetario basato sullo svilimento del denaro.
I politici a caccia di voti ovviamente cavalcano l'onda no-global, e spingono la popolazione a scagliarsi contro la globalizzazione, tutelando così gli amici del sistema bancario basato sulle banche centrali da qualunque critica (anzi c'è perfino chi li considera salvatori della Patria).
Il risultato potrebbe essere una brutta fine per chi da loro ascolto invece di cercare soluzioni personali e individuali come quelle indicate da Stefano Bassi nel video che ho postato.
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
Segnalibri