Ma certo, il vero comunismo non è mai stato realizzato nella pratica, abbiamo sempre avuto solo delle brutte copie e dei tentativi sbagliati come no? Peccato che il comunismo sia ormai stato provato in tutte le forme possibili ed immaginabili, da quello industriale staliniano, resosi responsabile della morte di milioni di contadini, a quello agrario, e in nessunissima forma abbia prodotto altro che miseria, milioni di morti e impoverimento generalizzato.
Una volta mi incazzavo, se non altro per rispetto verso le 90 e passa milioni di vittime causate, quando sentivo cantare le lodi di Marx, adesso non riesco neanche più a farlo, poiché ormai ho perso la speranza che in molti riescano a ragionare. Ma visto che, nonostante le nostre divergenze ideologiche, ho rispetto di te e ti considero un utente molto intelligente, voglio credere tu non faccia parte di coloro che dopo n-mila tentativi ancora non riescono a convincersi che se il comunismo ha fallito è perché la sua ideologia è contro la natura umana. E non perché sono stati gli uomini sbagliati ad averlo applicato.
Ciò detto: ti sei mai chiesto perché i lavoratori hanno potuto ottenere quel che hanno ottenuto in termini di diritti nel mondo occidentale? Io non ho affatto la verità in tasca, però sono convinto che in un sistema capitalista, dove al lavoratore è comunque concesso di cambiare azienda e quantomeno ha la libertà di dire la sua, di manifestare ecc., il lavoratore abbia di per sé più potere contrattuale rispetto ad una società pianificata. Dove o le cose ti piacciono così oppure taci e non aprire bocca.
Per farla breve ritengo che Marx ha sbagliato previsione proprio perché, come molti qua dentro, ha erroneamente ritenuto che la libertà ce l'avessero solo i padroni, nel capitalismo. Mentre ce l'avevano anche i lavoratori, e questo ha fatto si che i lavoratori dell'Inghilterra o dell'Italia, non quelli della Cina Maoista o della Corea del Nord, potessero ottenere più diritti. In un sistema socialista in cui comandava un lider maximo se lo sarebbero sognati.
In compenso Von Mises, quando nel 1920 previde il tracollo del socialismo per l'impossibilità di fare il calcolo economico in un economia pianificata, non sbagliò affatto...ma a scuola non si studia e nelle facoltà economiche (più grave) nemmeno
1) Per la miseria, addirittura. Io, che reputo di essere andato a scuola con persone normalissime, da quel che vedo dei miei coetanei, coloro che NON fanno l'università perlopiù non la fanno per mancanza di voglia di studiare, non per mancanza di capacità. Per chi non ha volontà sinceramente non penso ci sia niente da fare: se non vuoi "sbatterti" sai che dovrai accontentarti di poco, in media (poi ovviamente ci sono importanti eccezioni). Non penso che chi non vuole studiare sia così ottuso da non arrivare a capire un concetto del genere.
Ma poniamo che ci siano diverse persone incapaci per limiti personali. Cosa possiamo fare per loro? Dobbiamo rinunciare ai vantaggi di tutti gli altri per questa fetta di popolazione, che peraltro non è a mio avviso così grande come dici tu? Qui emergono secondo me limiti legati ad una differenza di vedute incolmabile tra me e te.
Tu ritieni che lo Stato debba comunque cercare di ridurre il più possibile le disuguaglianze tra i redditi ex post, io ritengo invece che una volta che le disuguaglianze nelle c.d. condizioni di partenza siano state per quanto possibile eliminate, il fatto che poi possano prodursi disparità di reddito diventa molto più accettabile socialmente. E questo tra l'altro è confermato, almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti, anche da diversi studiosi come lo stesso Rajan e Zingales.
In ogni caso la soluzione per ridurre il gap non è di certo rendere tutti più poveri.
2) Credo tu stia esagerando un poco quello che ho scritto. Non si tratta di aumentare in modo sproporzionato l'offerta di laureati, posto che comunque finché il progresso tecnologico va avanti e l'innovazione prosegue ci sarà sempre una discreta domanda di lavoratori laureati (ovviamente non infinita).
Il fatto che il vantaggio si riduca è tutto da dimostrare, dai per scontato infatti che con una policy del genere l'offerta cresca più rapidamente della domanda, ma non c'è alcuna base per affermare ciò: anzitutto perché mica obblighi la gente a fare il college. Dai solo una mano a chi vorrebbe farlo ma non riesce per carenze economiche. E meno male che sono io quello di destra…
Il protezionismo riduce le possibilità di tutti, primariamente di coloro che hanno talento e che potrebbero svilupparlo, oltre che ovviamente di tutti gli individui in quanto consumatori (lato che tendiamo spesso a dimenticare, eppure i lavoratori sono anche consumatori). Sicuramente era un'iperbole la mia sul ritorno agli anni '50, ma allo stesso modo non cambio idea sul protezionismo.
In ultimo, ti faccio notare che gli anni fra il 1945 e il 1970 circa non sono stati comunque anni di vero e proprio protezionismo. Anzi, la tendenza è stata in quel quarto di secolo verso sempre meno protezionismo.
C'era meno libertà di capitali, c'era meno libertà delle merci rispetto ad oggi, verissimo, ma ce n'era ad esempio molta di più rispetto al periodo tra le due guerre. Inoltre proprio in tali anni si sono fatti passi avanti verso la globalizzazione decisamente importanti: creazione del GATT, creazione della CEE, senza contare che eravamo all'interno di un sistema di cambi fissi con il dollaro, a sua volta legato all'oro (Gold Exchange standard), il che ha in genere come effetto quello di limitare l'incertezza valutaria sui mercati mondiali, cosa che sicuramente - ceteris paribus - favorisce gli scambi tra Paesi. Insomma: nel 1970 c'era molto più libero commercio globale che nel 1945 malgrado tutto.
Come del resto mostrato anche qui:A Remarkable Prospect: Opportunities and Challenges for the Modern Global Economy, McKenna Lecture by Anne O. Krueger, First Deputy Managing Director, IMF
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
OT, ma questa la dedico a @nevearoma
Ho finalmente letto tutto.Sono molto d'accordo con @Friedrich e @NoSync ma trovo interessanti gli spunti di @AspiranteMeteorologo . Di @snowaholic non riesco a condividere l'impostazione marcatamente neokeynesiana ma trovo degna di pregio l'osservazione relativamente all'impermeabilità ai fatti di una parte crescente dell'opinione pubblica,in genere ben presente sui social
Ultima modifica di Josh; 27/06/2018 alle 07:34
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
Dubito che i "social" siano veicoli elettivi dell'analfabetismo funzionale:
1) l'identikit, tracciato nella ricerca di Isfolcop, appartiene a una persona che potrebbe avere serie difficoltà di accesso al web e infatti secondo me quel profilo coincide, in larga parte, con quello di quel 22% di italiani (Eurostat, 2018) che non ha mai utilizzato Internet. Del resto il livello di alfabetizzazione informatica è una delle skill valutate in quella ricerca;
2) è vero, ci sono anche i cosiddetti "neet" che, per un fatto generazionale, dovrebbero essere dei "nativi digitali". In molti casi anche tra questi ragazzi il livello di alfabetizzazione informatica è sorprendentemente basso e te lo posso garantire per esperienza diretta, visto che per due anni ho lavorato nell'ambito di "Garanzia Giovani"... moltissimi dei ventenni che ho conosciuto in quel periodo avevano un approccio al mondo della rete estremamente "povero", in genere attraverso le funzioni di base dei social network e tramite lo smartphone (molti di quelli più "disagiati" non avevano mai avuto a che fare con un computer "vero" se non durante le ore di informatica, posto che nella scuola da loro frequentata ci fossero dei computer "veri" e non dei ferrivecchi con 128 k di memoria ram).
3) sono sicuro che se dovessimo fare un'analisi mirata, sugli influencer "nazional-popolari" più seguiti nei social e sui loro "seguaci", scopriremmo che tra i "follower" la percentuale di "analfabeti funzionali" è sensibilmente inferiore rispetto a quella presente nel complesso della popolazione italiana e lo sarebbe anche se facessimo una ricerca suddivisa per "classi d'età"...
Secondo me quello che invece emerge davvero come un problema gravissimo non è la bassa percentuale di scolarizzazione o l'alta incidenza dell'analfabetismo funzionale rispetto agli altri paesi OCSE (una volta veniva chiamato "Analfabetismo di ritorno" ed è un fenomeno noto e monitorato da almeno mezzo secolo) ma la scarsa cultura politica ed economica tra coloro che analfabeti funzionali non sono affatto e che dovrebbero essere al centro dell'offerta politica dei partiti, perché dovrebbero essere la maggioranza degli elettori. Non dico che non mi preoccupino i 28 italiani su 100 censiti come "Analfabeti funzionali", ma mi preoccupano altrettanto (forse di più) i rimanenti 72. Del resto puoi anche chiamarti DF e conoscere a memoria i Grundrisse, ma non capire lo stesso un accidente di politica ed economia e diventare comunque un opinionista politico seguitissimo e corteggiato anche dai media tradizionali... il problema è che magari chi ti segue non si rende conto che potresti essere un c..ltrone... e credimi che non è (solo) un problema di analfabetismo funzionale... perché penso che tra i follower di DF non siano poi tantissimi quelli che Isfolcop classificherebbe come "Analfabeti funzionali".
Semmai il problema della "Politica dei tweet", come la chiamo io, è che è appiattita su una dimensione di natura meramente "emotiva" e quindi il consenso e il voto si riducono a una cosa "esclusivamente di pancia"... ora, se hai un minimo di cultura politica, alla reazione emotiva segue la razionalizzazione... se non hai nessun filtro e quelli come te sono la maggioranza, allora iniziano i guai...
Ultima modifica di galinsoga; 27/06/2018 alle 11:25
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