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  1. #30241
    Vento moderato L'avatar di Gianni78ba
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Dall'Europa nuovo gas all'inflazione Usa | Phastidio.net

    Come sintetizzare, quindi? In primo luogo, che la ricerca disperata di forniture alternative da parte degli europei produce tensioni permanenti sui prezzi, anche in assenza della formalizzazione di un embargo del gas russo, che il mercato ha invece già iniziato a prezzare. Poi, che, ripetiamolo alla nausea, i tempi di adattamento allo shock, ammettendo che lo shock sia permanente, sono lunghi e resi comunque aleatori dalla presenza di uno scenario strategico di lungo termine che vede i combustibili fossili soccombere alle rinnovabili entro pochi lustri. Questa aspettativa da sola è un potente disincentivo agli investimenti, anche se vi fossero rassicurazioni del potere politico.Da ultimo, riguardo a Joe Biden, si stanno creando le condizioni per una disfatta Democratica al midterm di novembre, quando l’America potrebbe essere ingolfata in una stagflazione. Sarà una piccola grande vendetta anche per i produttori di combustibili fossili, dapprima svillaneggiati dal mainstream ambientalista e trattati come dinosauri prossimi all’estinzione, e oggi supplicati di “fare qualcosa” per salvare la transizione ecologica. Quanto riesce a essere beffardamente crudele, la storia. In tutto ciò, un pensiero agli occidentalofobi del depensiero strategico, convinti che l’invasione russa dell’Ucraina sia un gigantesco side show per permettere a Biden di vendere gas agli europei. Cioè a suicidarsi politicamente, come tutto lascia pensare nel quadro corrente. Un giorno scopriremo chi, tra Putin e Biden, è il doppio agente di chi.

    QUello sottolineato lo dicevo giorni fa ad una persona che intellettualmente e non solo mi mette nel taschino, per poi soffiarsi il naso, che è convinta che appunto lo scopo dell'america sia di vendere il gas all'europa.
    https://themarketjourney.substack.com :
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  2. #30242
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Gianni78ba Visualizza Messaggio
    Dall'Europa nuovo gas all'inflazione Usa | Phastidio.net

    Come sintetizzare, quindi? In primo luogo, che la ricerca disperata di forniture alternative da parte degli europei produce tensioni permanenti sui prezzi, anche in assenza della formalizzazione di un embargo del gas russo, che il mercato ha invece già iniziato a prezzare. Poi, che, ripetiamolo alla nausea, i tempi di adattamento allo shock, ammettendo che lo shock sia permanente, sono lunghi e resi comunque aleatori dalla presenza di uno scenario strategico di lungo termine che vede i combustibili fossili soccombere alle rinnovabili entro pochi lustri. Questa aspettativa da sola è un potente disincentivo agli investimenti, anche se vi fossero rassicurazioni del potere politico.Da ultimo, riguardo a Joe Biden, si stanno creando le condizioni per una disfatta Democratica al midterm di novembre, quando l’America potrebbe essere ingolfata in una stagflazione. Sarà una piccola grande vendetta anche per i produttori di combustibili fossili, dapprima svillaneggiati dal mainstream ambientalista e trattati come dinosauri prossimi all’estinzione, e oggi supplicati di “fare qualcosa” per salvare la transizione ecologica. Quanto riesce a essere beffardamente crudele, la storia. In tutto ciò, un pensiero agli occidentalofobi del depensiero strategico, convinti che l’invasione russa dell’Ucraina sia un gigantesco side show per permettere a Biden di vendere gas agli europei. Cioè a suicidarsi politicamente, come tutto lascia pensare nel quadro corrente. Un giorno scopriremo chi, tra Putin e Biden, è il doppio agente di chi.

    Quello sottolineato lo dicevo giorni fa ad una persona che intellettualmente e non solo mi mette nel taschino, per poi soffiarsi il naso, che è convinta che appunto lo scopo dell'america sia di vendere il gas all'europa.
    Chi pensa che una grande potenza abbia grande interesse a vendere materie prime non ha idea né di come funziona l'economia né di cosa sia una grande potenza.
    Intellettualmente si può mettere nel taschino il suo criceto al massimo.

  3. #30243
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Visti i commenti di questi giorni mi sa che potrebbe non mancare molto.
    Come ho già scritto 'sto topic avrebbe anche rotto...

    La marmotta italiana che incartava gli sprechi altrui | Phastidio.net
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    27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.

  4. #30244
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    @snowaholic
    come la vedi?

    Inflation can be read as three components of a single wave. Here is a complete description of the situation using this analogy.


    1. The foam

    The first component of a wave is foam.This is the rise in prices that comes from an exogenous shock: the formation of a shortage in supplies, whether proven (semiconductors) or feared (certain metals, food products), a break in the links of the value chain (maritime freight, for example), or a market imbalance (gas and, consequently, electricity prices, oil).This foam can be boiling: if energy prices remain at their March 2022 level until the end of the year, they will contribute 2.4 percentage points to inflation in France and cut the purchasing power of French households’ income by 1.9 percentage points. However, public interventions have removed more of the foam in France than in other European economies, with these proportions being 3.8 and 3.2 points respectively at the level of the entire eurozone.This foam can also be persistent, or even mutate: increases in food prices are also a consequence of increases in energy prices due to the impact of the latter on agricultural production costs. But the froth can also disappear when counter-shocks occur as a result of stimulation in supply and a reduction in demand for the products concerned.In the past, these counter-shocks have taken several years to appear: the 1985 oil counter-shock after the 1979–80 shock or the 2014 counter-shock after the 2006–2008 shock. In the meantime, prices remain at a high level.


    2. The wave itself

    The second movement is the wave itself. It is the rise in prices of products using the supplies embedded in the foam. There are delays, but price increases inevitably occur. Thus the acceleration in manufactured goods prices to 2.2% year-on-year, a pace not seen since 1990, is largely a shadow of the 2021 commodity price rise.The price-wage-price loop is also characteristic of the wave. Although the mechanisms for indexing wages to prices have been reduced, the elasticity of wages to inflation remains high: according to a study by the Banque de France, one point of inflation would lead to an increase of 0.6 in minimum wages.However, there is a delay: mandatory annual negotiations are often conducted at the end or beginning of the year and discussed based on actual rather than anticipated inflation. It is, therefore, more likely to be at the end of 2022 or the beginning of 2023 that the evolution of conventional wages could accelerate. The prices of labor-intensive services would then accelerate more significantly in response to the likely rise in wage costs.

    3. The groundswell

    The third movement is that of the groundswell: it is that of the structural determinants of inflation. Two particular features are emerging: that of an energy transition that is necessarily inflationary, especially in the presence of rising costs of climate damage.The second feature is that of demographic aging: by reducing the supply of labor relative to the population and by inducing a shift in the structure of demand towards labor-intensive goods and services (health, personal care, the care economy, …), it supports the rise in wages for unchanged technology.This three-beat waltz may go back and forth. Above all, it will lead us to live with an inflation regime that is probably permanently higher than that of the last twenty years, which has been only 1.4% per year. The conclusion is that we will have to learn to live with persistently high inflation. Something new for the younger generations.


    Su quello sottolineato non sono particolarmente d'accordo.

    QUello che invece non consideravo tempo fa è il costo della transizione energetica
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  5. #30245
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Gianni78ba Visualizza Messaggio
    @snowaholic
    come la vedi?

    Inflation can be read as three components of a single wave. Here is a complete description of the situation using this analogy.


    1. The foam

    The first component of a wave is foam.This is the rise in prices that comes from an exogenous shock: the formation of a shortage in supplies, whether proven (semiconductors) or feared (certain metals, food products), a break in the links of the value chain (maritime freight, for example), or a market imbalance (gas and, consequently, electricity prices, oil).This foam can be boiling: if energy prices remain at their March 2022 level until the end of the year, they will contribute 2.4 percentage points to inflation in France and cut the purchasing power of French households’ income by 1.9 percentage points. However, public interventions have removed more of the foam in France than in other European economies, with these proportions being 3.8 and 3.2 points respectively at the level of the entire eurozone.This foam can also be persistent, or even mutate: increases in food prices are also a consequence of increases in energy prices due to the impact of the latter on agricultural production costs. But the froth can also disappear when counter-shocks occur as a result of stimulation in supply and a reduction in demand for the products concerned.In the past, these counter-shocks have taken several years to appear: the 1985 oil counter-shock after the 1979–80 shock or the 2014 counter-shock after the 2006–2008 shock. In the meantime, prices remain at a high level.


    2. The wave itself

    The second movement is the wave itself. It is the rise in prices of products using the supplies embedded in the foam. There are delays, but price increases inevitably occur. Thus the acceleration in manufactured goods prices to 2.2% year-on-year, a pace not seen since 1990, is largely a shadow of the 2021 commodity price rise.The price-wage-price loop is also characteristic of the wave. Although the mechanisms for indexing wages to prices have been reduced, the elasticity of wages to inflation remains high: according to a study by the Banque de France, one point of inflation would lead to an increase of 0.6 in minimum wages.However, there is a delay: mandatory annual negotiations are often conducted at the end or beginning of the year and discussed based on actual rather than anticipated inflation. It is, therefore, more likely to be at the end of 2022 or the beginning of 2023 that the evolution of conventional wages could accelerate. The prices of labor-intensive services would then accelerate more significantly in response to the likely rise in wage costs.

    3. The groundswell

    The third movement is that of the groundswell: it is that of the structural determinants of inflation. Two particular features are emerging: that of an energy transition that is necessarily inflationary, especially in the presence of rising costs of climate damage.The second feature is that of demographic aging: by reducing the supply of labor relative to the population and by inducing a shift in the structure of demand towards labor-intensive goods and services (health, personal care, the care economy, …), it supports the rise in wages for unchanged technology.This three-beat waltz may go back and forth. Above all, it will lead us to live with an inflation regime that is probably permanently higher than that of the last twenty years, which has been only 1.4% per year. The conclusion is that we will have to learn to live with persistently high inflation. Something new for the younger generations.


    Su quello sottolineato non sono particolarmente d'accordo.

    QUello che invece non consideravo tempo fa è il costo della transizione energetica
    Guerra, inflazione e debito faranno risorgere i no-euro italiani? | Phastidio.net

    Il 2022 rischia di passare alla storia come l’anno del crollo dei mercati obbligazionari, col rialzo violento dei rendimenti e banche centrali a cui viene presentato il conto di anni di politica monetaria straordinariamente espansiva, per scongiurare il costante rischio di soccombere sotto il peso di un debito che tassi bassi hanno contribuito a gonfiare. L’invasione russa dell’Ucraina, col suo devastante shock di offerta sulle materie prime, si è abbattuto su un quadro di domanda resa vigorosa dalle riaperture post pandemiche e dalle riserve di liquidità accumulate coi sussidi.Uno scenario che ha in sé i semi di forti tensioni sociali a livello planetario e rischia di sconvolgere soprattutto il panorama politico europeo, anche se la maggioranza che sostiene Joe Biden al Congresso statunitense, già percorsa da linee di faglia interne al partito Democratico, potrebbe svanire alle elezioni di midterm del prossimo novembre, pagando dazio all’inflazione. Prezzi delle materie prime agricole persistentemente elevati innescheranno nuovi flussi migratori, soprattutto verso il Vecchio continente, destinati a scontrarsi con tensioni domestiche prodotte dall’inflazione e dalla contrazione economica che rischia di materializzarsi tra qualche settimana o mese.In un simile scenario, dove le banche centrali sono non solo disarmate ma anzi costrette a contrastare il rialzo dei prezzi aumentando i rischi recessivi, crescerà la domanda di risorse fiscali a tutela illusoria ed effimera degli strati sociali più colpiti dalla crisi, perché tentare di restituire potere d’acquisto in presenza di problemi di offerta rischia di alimentare il fuoco inflazionistico.L’impatto sulle elezioni italianeVa da sé che, in una tale situazione, ad avere la mano forte di carte sarebbe Vladimir Putin. In Europa crescerebbero, sino a condizionare in modo decisivo le opzioni dei governi, le voci di quanti invocano un accomodamento con Mosca. In Italia, che andrà alle urne la prossima primavera e la cui economia è già resa vulnerabile dalla conclusione del sostegno della Bce, l’offerta politica potrebbe essere spinta verso nuove “soluzioni” estreme.Dopo due anni di supporto assoluto della Bce, che ha acquistato il nostro debito in misura superiore al deficit, in un contesto di rendimenti prossimi allo zero quando non negativi, la nostra politica ha ulteriormente sviluppato la propria già robusta inclinazione a vedere nel deficit la soluzione a ogni problema e la moneta di acquisto di consenso elettorale. Il rovesciamento di scenario causato dalla forte risalita dei rendimenti di mercato non sembra essere ancora stato percepito dalla retorica della comunicazione partitica, che preferisce invocare interventi di mutualizzazione di debito europeo altamente improbabili, in ciò confermando di aver capito poco e nulla non solo della logica economica dell’attuale shock ma anche e soprattutto della logica politica che ha portato alla nascita del Recovery Fund.Quando ciò avverrà, anche l’offerta politica ne sarà pesantemente condizionata. Da un lato, potrebbe prendere vigore la richiesta di politiche fortemente redistributive, con forti inasprimenti fiscali, soprattutto di tipo patrimoniale, per rispondere al crescente disagio economico, rimasta finora confinata a frange della sinistra.

    Dall’altro, potremmo assistere al risveglio di pulsioni contro la moneta unica e la “dittatura” europea basate sull’illusione, che si rivelerebbe tragica, che sia sufficiente disporre di una propria moneta per stampare quanto serve.



    Nel sottolineato quello che scrivevo nell'altro topic in risposta a @barry.

    In questa situazione la sinistra della redistribuzione perde 3 a 0 contro la destra anti immigratoria e sovranista antieuropa e quindi inevitabilmente anti euro.
    L'uscita dall'euro sarebbe una tragedia per la maggioranza, ma ciò non toglie che ci sarebbe anche chi si arricchirebbe tantissimo in modo relativo, una sparuta minoranza.
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  6. #30246
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Gianni78ba Visualizza Messaggio
    @snowaholic
    come la vedi?

    Inflation can be read as three components of a single wave. Here is a complete description of the situation using this analogy.


    1. The foam

    The first component of a wave is foam.This is the rise in prices that comes from an exogenous shock: the formation of a shortage in supplies, whether proven (semiconductors) or feared (certain metals, food products), a break in the links of the value chain (maritime freight, for example), or a market imbalance (gas and, consequently, electricity prices, oil).This foam can be boiling: if energy prices remain at their March 2022 level until the end of the year, they will contribute 2.4 percentage points to inflation in France and cut the purchasing power of French households’ income by 1.9 percentage points. However, public interventions have removed more of the foam in France than in other European economies, with these proportions being 3.8 and 3.2 points respectively at the level of the entire eurozone.This foam can also be persistent, or even mutate: increases in food prices are also a consequence of increases in energy prices due to the impact of the latter on agricultural production costs. But the froth can also disappear when counter-shocks occur as a result of stimulation in supply and a reduction in demand for the products concerned.In the past, these counter-shocks have taken several years to appear: the 1985 oil counter-shock after the 1979–80 shock or the 2014 counter-shock after the 2006–2008 shock. In the meantime, prices remain at a high level.


    2. The wave itself

    The second movement is the wave itself. It is the rise in prices of products using the supplies embedded in the foam. There are delays, but price increases inevitably occur. Thus the acceleration in manufactured goods prices to 2.2% year-on-year, a pace not seen since 1990, is largely a shadow of the 2021 commodity price rise.The price-wage-price loop is also characteristic of the wave. Although the mechanisms for indexing wages to prices have been reduced, the elasticity of wages to inflation remains high: according to a study by the Banque de France, one point of inflation would lead to an increase of 0.6 in minimum wages.However, there is a delay: mandatory annual negotiations are often conducted at the end or beginning of the year and discussed based on actual rather than anticipated inflation. It is, therefore, more likely to be at the end of 2022 or the beginning of 2023 that the evolution of conventional wages could accelerate. The prices of labor-intensive services would then accelerate more significantly in response to the likely rise in wage costs.

    3. The groundswell

    The third movement is that of the groundswell: it is that of the structural determinants of inflation. Two particular features are emerging: that of an energy transition that is necessarily inflationary, especially in the presence of rising costs of climate damage.The second feature is that of demographic aging: by reducing the supply of labor relative to the population and by inducing a shift in the structure of demand towards labor-intensive goods and services (health, personal care, the care economy, …), it supports the rise in wages for unchanged technology.This three-beat waltz may go back and forth. Above all, it will lead us to live with an inflation regime that is probably permanently higher than that of the last twenty years, which has been only 1.4% per year. The conclusion is that we will have to learn to live with persistently high inflation. Something new for the younger generations.


    Su quello sottolineato non sono particolarmente d'accordo.

    QUello che invece non consideravo tempo fa è il costo della transizione energetica
    Il discorso di breve-medio termine ci sta, che invece possa risultare inflazionistico il fattore demografico e la transizione ecologica è tutto da vedere. Prendiamo il Giappone, che è in assoluto il Paese con una transizione demografica più avanzata e popolazione ormai in calo dal 2010. Si vede forse una inflazione da declino demografico? Direi proprio di no.

    Riguardo la transizione ecologica, prevedere i costi nel lungo termine è impossibile, ci sono anche diversi elementi che potrebbero contribuire a ridurla, ad esempio per quanto riguarda l'efficienza energetica. Le fonti fossili dal 2000 in poi sono state spesso un elemento che ha spinto l'inflazione, con incrementi strutturali tra il 300 il 500% in un ventennio, mentre le rinnovabili hanno visto un continuo calo dei prezzi. Passare dal fossile alle rinnovabili potrebbe non generare aumenti di costo. Inoltre ridurre la domanda delle fonti fossili porterebbe a ridurne i prezzi, perché verrebbero sfruttate le riserve a basso costo come quelle saudite ma non quelle ad alto costo come quelle artiche.

    Di sicuro serviranno investimenti enormi, ma questo non è intrinsecamente inflazionistico, dipende tutto dal tipo di gestione macroeconomica (monetaria e fiscale) che verrà attuata. Potrebbe contribuire a smuovere dallo zero i tassi di interesse, ma un normalizzazione dei tassi non sarebbe certo una catastrofe.

  7. #30247
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Intanto vedo che lo spread è risalito a 175 punti...
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
    27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.

  8. #30248
    Vento moderato L'avatar di Gianni78ba
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Gianni78ba Visualizza Messaggio
    Guerra, inflazione e debito faranno risorgere i no-euro italiani? | Phastidio.net

    Il 2022 rischia di passare alla storia come l’anno del crollo dei mercati obbligazionari, col rialzo violento dei rendimenti e banche centrali a cui viene presentato il conto di anni di politica monetaria straordinariamente espansiva, per scongiurare il costante rischio di soccombere sotto il peso di un debito che tassi bassi hanno contribuito a gonfiare. L’invasione russa dell’Ucraina, col suo devastante shock di offerta sulle materie prime, si è abbattuto su un quadro di domanda resa vigorosa dalle riaperture post pandemiche e dalle riserve di liquidità accumulate coi sussidi.Uno scenario che ha in sé i semi di forti tensioni sociali a livello planetario e rischia di sconvolgere soprattutto il panorama politico europeo, anche se la maggioranza che sostiene Joe Biden al Congresso statunitense, già percorsa da linee di faglia interne al partito Democratico, potrebbe svanire alle elezioni di midterm del prossimo novembre, pagando dazio all’inflazione. Prezzi delle materie prime agricole persistentemente elevati innescheranno nuovi flussi migratori, soprattutto verso il Vecchio continente, destinati a scontrarsi con tensioni domestiche prodotte dall’inflazione e dalla contrazione economica che rischia di materializzarsi tra qualche settimana o mese.In un simile scenario, dove le banche centrali sono non solo disarmate ma anzi costrette a contrastare il rialzo dei prezzi aumentando i rischi recessivi, crescerà la domanda di risorse fiscali a tutela illusoria ed effimera degli strati sociali più colpiti dalla crisi, perché tentare di restituire potere d’acquisto in presenza di problemi di offerta rischia di alimentare il fuoco inflazionistico.L’impatto sulle elezioni italianeVa da sé che, in una tale situazione, ad avere la mano forte di carte sarebbe Vladimir Putin. In Europa crescerebbero, sino a condizionare in modo decisivo le opzioni dei governi, le voci di quanti invocano un accomodamento con Mosca. In Italia, che andrà alle urne la prossima primavera e la cui economia è già resa vulnerabile dalla conclusione del sostegno della Bce, l’offerta politica potrebbe essere spinta verso nuove “soluzioni” estreme.Dopo due anni di supporto assoluto della Bce, che ha acquistato il nostro debito in misura superiore al deficit, in un contesto di rendimenti prossimi allo zero quando non negativi, la nostra politica ha ulteriormente sviluppato la propria già robusta inclinazione a vedere nel deficit la soluzione a ogni problema e la moneta di acquisto di consenso elettorale. Il rovesciamento di scenario causato dalla forte risalita dei rendimenti di mercato non sembra essere ancora stato percepito dalla retorica della comunicazione partitica, che preferisce invocare interventi di mutualizzazione di debito europeo altamente improbabili, in ciò confermando di aver capito poco e nulla non solo della logica economica dell’attuale shock ma anche e soprattutto della logica politica che ha portato alla nascita del Recovery Fund.Quando ciò avverrà, anche l’offerta politica ne sarà pesantemente condizionata. Da un lato, potrebbe prendere vigore la richiesta di politiche fortemente redistributive, con forti inasprimenti fiscali, soprattutto di tipo patrimoniale, per rispondere al crescente disagio economico, rimasta finora confinata a frange della sinistra.

    Dall’altro, potremmo assistere al risveglio di pulsioni contro la moneta unica e la “dittatura” europea basate sull’illusione, che si rivelerebbe tragica, che sia sufficiente disporre di una propria moneta per stampare quanto serve.



    Nel sottolineato quello che scrivevo nell'altro topic in risposta a @barry.

    In questa situazione la sinistra della redistribuzione perde 3 a 0 contro la destra anti immigratoria e sovranista antieuropa e quindi inevitabilmente anti euro.
    L'uscita dall'euro sarebbe una tragedia per la maggioranza, ma ciò non toglie che ci sarebbe anche chi si arricchirebbe tantissimo in modo relativo, una sparuta minoranza.
    A intervalli regolari, come è all’incirca fisiologico che sia, in questo paese spunta una “nuova” offerta politica. Spesso si tratta solo di nuova grafica e logo, destinati a cadere rapidamente nell’oblio non prima che gli ideatori abbiano saltato di liana accasandosi altrove con la loro dote di voti, veri o immaginari. Altre volte il marchio si gonfia al punto da attrarre consenso popolare e potere, in una caratteristica transumanza con codazzo d’ordinanza di giornalisti, grand commis di Stato e partecipate pubbliche, accademici e soubrette assortite. Il marchio diventa candidato a qualsiasi cosa: da un predestinato trionfo elettorale all’espressione del prossimo premier.
    È precisamente in questa fase che, di solito, si tengono le cosiddette conferenze programmatiche, vetrine in cui si cerca di presentare qualcosa che possa essere definito programma, e prende corpo il caratteristico gioco di società chiamato pantheon, cioè la collocazione di personaggi storici entro le coordinate politiche e culturali del partito illuminato dall’aura. È quanto sta accadendo a Fratelli d’Italia, il partito di destra sovranista post-missino ma non troppo, con fiamma tricolore nel logo, creato da Giorgia Meloni. Che ha tenuto a Milano (non a caso) la sua tre giorni programmatica, per illuminare la propria offerta politica.
    Dammi quattro emme

    Per mia deformazione, non solo professionale, sono andato a cercare i punti programmatici di politica economica perché sono convinto che siano quelli a definire il grado di innovazione realistica di un’offerta partitica. Non ho trovato moltissimo se non accenni di Meloni medesima, a margine delle solite lamentazioni sul Pil che cresce poco, su Draghi che è troppo scarso perché non riesce a camminare sulle acque, sulla ‘ggente che ‘gnaafa più, eccetera. Quindi la mia sarà una non-analisi di un non-programma.
    Poiché è sempre utile usare facili schemi mnemonici per ricordare le proprie priorità, Meloni ci offre quattro emme, come l’iniziale del suo cognome: mamma, mare, merito e marchio. Mamma come difesa del tradizionale ruolo della maternità, assaltato dalla bieca ideologia gender, qualsiasi cosa ciò significhi; mare come difesa (di assoluta avanguardia) del nostro valoroso bagnasciuga e dei suoi patrioti balneari; merito, non mi è chiaro riguardo cosa ma forse perché quella è la parola d’ordine che definisce per negazione dalla sinistra che punta all’eguaglianza delle condizioni di arrivo. Lo so, sono concetti molto logori ma lo è anche questo paese, quindi portiamo pazienza.

    Da ultimo, marchio come Made in Italy, la copertina di Linus dei nostri sovranisti, l’ultima spiaggia contro le multinazionali con tante zeta e contro le immancabili “svendite” allo Straniero del nostro patrimonio, incluso quello che ha solo la colonna del passivo mentre l’attivo è evaporato molto tempo addietro ma di certo a causa di complotti orchestrati oltre confine.
    Meloni vorrebbe un “Liceo del Made in Italy”. Voi capite che, su queste basi, commentare diventa arduo. Ho scoperto che già oggi esiste l’istituto professionale statale per industria e artigianato per il Made in Italy, di cui non conoscevo l’esistenza. Non so a che servirebbe un liceo e quali sarebbero le materie insegnate. Mi ricorda un po’ la Panda Ferrari con cui Berlusconi voleva rivitalizzare una allora agonizzante Fiat. Ma passiamo oltre, è meglio.
    Più assumi, meno paghi

    Fratelli d’Italia è quel partito che, per evitare delocalizzazioni, voleva rivedere la fiscalità italiana sulle imprese “in considerazione anche del livello di imposizione esistente negli altri paesi membri dell’Ue”. L’uovo di Colombo, in pratica: come abbiamo fatto a non pensarci prima? Ma non è tutto: il partito di Meloni poco tempo fa chiedeva anche di “coprire i ‘costi fissi’ che gravano imprese, commercianti, artigiani e lavoratori autonomi”. Qualsiasi cosa ciò significhi.
    Che altro? Ieri Meloni al Tg1 ha detto che, se fosse al governo, attuerebbe

    Il principio “più assumi, meno paghi”: una detassazione sulle imprese commisurata alla quantità di manodopera rispetto al fatturato.
    Non siate troppo esigenti: Meloni non è economista e dubito abbia particolare dimestichezza col fisco. La sua biografia dice che è giornalista, come Matteo Salvini, Massimo D’Alema, Gianfranco Fini e molti altri nostri leader politici. “Sempre meglio che lavorare” era il titolo di un libro di Luca Goldoni sulla professione giornalistica: non so perché mi torni in mente proprio in questo momento.
    Anche al netto di tali attenuanti professionali generiche, non mi è chiaro che diavolo si intenda. Detta così, pare che Meloni sogni un paese ad alta intensità di manodopera, dove automazione e tecnologia sarebbero quindi duramente contrastate. Una specie di gigantesca comune, ma patriottica e conservatrice. Più assumi, meno paghi di tasse. Ma non è geniale, tutto ciò?
    Detassare la mancia del nonno

    Altro punto del Meloni-pensiero in economia:
    Detasserei quella parte della pensione che gli anziani dedicano al sostentamento dei loro figli e nipoti.
    Oh, ecco qualcosa di veramente rivoluzionario: diamo aumenti ai pensionati e detassiamo la parte che viene girata ai congiunti. Un vero welfare di famiglia. E razionalizziamo la spesa: dirottiamo le risorse del reddito di cittadinanza alle pensioni minime, e da lì i soldi arriveranno a figli e nipoti, opportunamente detassati. Un nuovo trickle down, si direbbe. Rigorosamente de noantri.

    Delle coperture di tali prodigiose misure non c’è traccia ma forse Meloni pensa di ricorrere ai dazi, in linea di principio. Perché, come da rigorosa tradizione sovranista, c’è questa formidabile asimmetria per cui il mondo deve comprare i nostri meravigliosi prodotti ma non azzardarsi a vendere le sue schifezze qui da noi, mettendo a rischio il patrio lavoro. Ricordo ancora le leggendarie impuntature di Luigi Di Maio a inizio legislatura (cioè prima di togliersi il gilet giallo e diventare una cheerleader di Emmanuel Macron), quando voleva ispezionare i container direttamente al porto di Rotterdam e fermare a mani nude l’invasione.
    Il ritorno dello stato (comatoso) nazionale

    Non proseguo oltre: altre “proposte” meloniane arriveranno, non meno assurde di queste. L’elaborazione culturale post-missina ma non troppo si avvarrà dell’imprescindibile apporto intellettuale di Giulio Tremonti, dei suoi videogames e del suo Mundus Furiosus. La globalizzazione è morta, gongola il tributarista neoumanista di Sondrio. Attenti a quello che desiderate: potrebbe avverarsi.
    I tremontismi di cui Fratelli d’Italia si avvarrà prevedono il ritorno e il primato dello stato nazionale. Tutto molto bello ma forse il paese dovrebbe prima prendere consapevolezza dei propri limiti e vulnerabilità in questa dimensione. Che ruolo internazionale ha avuto l’Italia per decenni, ad esempio? Quello di ventre molle del Mediterraneo.
    Questo riscatto patriottico con le pezze al culo difficilmente ci porterebbe molto lontano da lì. A meno di passare il tempo a minacciare di farsi esplodere in una camera di cemento armato. Ai nostri sovranisti piace il modello ungherese ma scordano che l’Ungheria oggi è solo il parassita d’Europa. Se rimettessimo indietro l’orologio, Orban perderebbe pacchi di soldi comunitari. Sono capaci tutti di essere orgogliosamente nazionalisti e illiberali, quando c’è qualcuno che paga il conto. Si chiama accattosovranismo.


    Ma l’unica cosa che conta è che, in apparenza, si è messo in moto quell’effetto-aura che spinge Fratelli d’Italia ad attrarre personale politico e cosiddetti intellettuali come mosche sul miele (ho detto miele, mi raccomando). Obiettivo, quello di drenare elettorato e cacicchi alla Lega, soprattutto al Nord. I patrioti sono atlantisti di provata fede (mi pare strano ma prendiamoli in parola), quindi già chiedono ristori a Joe Biden per dimostrare la loro granitica fede occidentale. Nulla di inedito, lo chiede anche il padre nobile della sinistra allargata italiana, Romano Prodi. Altrimenti ci arrabbiamo e forse ci vendiamo. Magari alla Cina.
    In attesa che la leggendaria classe imprenditoriale settentrionale abbandoni Salvini e le sue felpe di condominio e trasferisca il proprio endorsement alla fiammella patriottica, perché le hanno provate tutte e proveranno anche questa (un sussidio val bene un centralismo d’annata), attendiamo che nuove meravigliose proposte prendano forma. Ma non scordiamo che di solito il dentifricio non rientra nel tubetto e la frittata non torna uova. Con un programma del genere avremmo l’ennesimo scherzo di cattivo gusto ai danni del paese più credulo d’Occidente, e non solo. Un paese gravato da crescenti oneri, rigorosamente impropri. Li chiameremo fardelli d’Italia.
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  9. #30249
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Citazione Originariamente Scritto da Gianni78ba Visualizza Messaggio
    A intervalli regolari, come è all’incirca fisiologico che sia, in questo paese spunta una “nuova” offerta politica. Spesso si tratta solo di nuova grafica e logo, destinati a cadere rapidamente nell’oblio non prima che gli ideatori abbiano saltato di liana accasandosi altrove con la loro dote di voti, veri o immaginari. Altre volte il marchio si gonfia al punto da attrarre consenso popolare e potere, in una caratteristica transumanza con codazzo d’ordinanza di giornalisti, grand commis di Stato e partecipate pubbliche, accademici e soubrette assortite. Il marchio diventa candidato a qualsiasi cosa: da un predestinato trionfo elettorale all’espressione del prossimo premier.
    È precisamente in questa fase che, di solito, si tengono le cosiddette conferenze programmatiche, vetrine in cui si cerca di presentare qualcosa che possa essere definito programma, e prende corpo il caratteristico gioco di società chiamato pantheon, cioè la collocazione di personaggi storici entro le coordinate politiche e culturali del partito illuminato dall’aura. È quanto sta accadendo a Fratelli d’Italia, il partito di destra sovranista post-missino ma non troppo, con fiamma tricolore nel logo, creato da Giorgia Meloni. Che ha tenuto a Milano (non a caso) la sua tre giorni programmatica, per illuminare la propria offerta politica.
    Dammi quattro emme

    Per mia deformazione, non solo professionale, sono andato a cercare i punti programmatici di politica economica perché sono convinto che siano quelli a definire il grado di innovazione realistica di un’offerta partitica. Non ho trovato moltissimo se non accenni di Meloni medesima, a margine delle solite lamentazioni sul Pil che cresce poco, su Draghi che è troppo scarso perché non riesce a camminare sulle acque, sulla ‘ggente che ‘gnaafa più, eccetera. Quindi la mia sarà una non-analisi di un non-programma.
    Poiché è sempre utile usare facili schemi mnemonici per ricordare le proprie priorità, Meloni ci offre quattro emme, come l’iniziale del suo cognome: mamma, mare, merito e marchio. Mamma come difesa del tradizionale ruolo della maternità, assaltato dalla bieca ideologia gender, qualsiasi cosa ciò significhi; mare come difesa (di assoluta avanguardia) del nostro valoroso bagnasciuga e dei suoi patrioti balneari; merito, non mi è chiaro riguardo cosa ma forse perché quella è la parola d’ordine che definisce per negazione dalla sinistra che punta all’eguaglianza delle condizioni di arrivo. Lo so, sono concetti molto logori ma lo è anche questo paese, quindi portiamo pazienza.

    Da ultimo, marchio come Made in Italy, la copertina di Linus dei nostri sovranisti, l’ultima spiaggia contro le multinazionali con tante zeta e contro le immancabili “svendite” allo Straniero del nostro patrimonio, incluso quello che ha solo la colonna del passivo mentre l’attivo è evaporato molto tempo addietro ma di certo a causa di complotti orchestrati oltre confine.
    Meloni vorrebbe un “Liceo del Made in Italy”. Voi capite che, su queste basi, commentare diventa arduo. Ho scoperto che già oggi esiste l’istituto professionale statale per industria e artigianato per il Made in Italy, di cui non conoscevo l’esistenza. Non so a che servirebbe un liceo e quali sarebbero le materie insegnate. Mi ricorda un po’ la Panda Ferrari con cui Berlusconi voleva rivitalizzare una allora agonizzante Fiat. Ma passiamo oltre, è meglio.
    Più assumi, meno paghi

    Fratelli d’Italia è quel partito che, per evitare delocalizzazioni, voleva rivedere la fiscalità italiana sulle imprese “in considerazione anche del livello di imposizione esistente negli altri paesi membri dell’Ue”. L’uovo di Colombo, in pratica: come abbiamo fatto a non pensarci prima? Ma non è tutto: il partito di Meloni poco tempo fa chiedeva anche di “coprire i ‘costi fissi’ che gravano imprese, commercianti, artigiani e lavoratori autonomi”. Qualsiasi cosa ciò significhi.
    Che altro? Ieri Meloni al Tg1 ha detto che, se fosse al governo, attuerebbe

    Il principio “più assumi, meno paghi”: una detassazione sulle imprese commisurata alla quantità di manodopera rispetto al fatturato.
    Non siate troppo esigenti: Meloni non è economista e dubito abbia particolare dimestichezza col fisco. La sua biografia dice che è giornalista, come Matteo Salvini, Massimo D’Alema, Gianfranco Fini e molti altri nostri leader politici. “Sempre meglio che lavorare” era il titolo di un libro di Luca Goldoni sulla professione giornalistica: non so perché mi torni in mente proprio in questo momento.
    Anche al netto di tali attenuanti professionali generiche, non mi è chiaro che diavolo si intenda. Detta così, pare che Meloni sogni un paese ad alta intensità di manodopera, dove automazione e tecnologia sarebbero quindi duramente contrastate. Una specie di gigantesca comune, ma patriottica e conservatrice. Più assumi, meno paghi di tasse. Ma non è geniale, tutto ciò?
    Detassare la mancia del nonno

    Altro punto del Meloni-pensiero in economia:
    Detasserei quella parte della pensione che gli anziani dedicano al sostentamento dei loro figli e nipoti.
    Oh, ecco qualcosa di veramente rivoluzionario: diamo aumenti ai pensionati e detassiamo la parte che viene girata ai congiunti. Un vero welfare di famiglia. E razionalizziamo la spesa: dirottiamo le risorse del reddito di cittadinanza alle pensioni minime, e da lì i soldi arriveranno a figli e nipoti, opportunamente detassati. Un nuovo trickle down, si direbbe. Rigorosamente de noantri.

    Delle coperture di tali prodigiose misure non c’è traccia ma forse Meloni pensa di ricorrere ai dazi, in linea di principio. Perché, come da rigorosa tradizione sovranista, c’è questa formidabile asimmetria per cui il mondo deve comprare i nostri meravigliosi prodotti ma non azzardarsi a vendere le sue schifezze qui da noi, mettendo a rischio il patrio lavoro. Ricordo ancora le leggendarie impuntature di Luigi Di Maio a inizio legislatura (cioè prima di togliersi il gilet giallo e diventare una cheerleader di Emmanuel Macron), quando voleva ispezionare i container direttamente al porto di Rotterdam e fermare a mani nude l’invasione.
    Il ritorno dello stato (comatoso) nazionale

    Non proseguo oltre: altre “proposte” meloniane arriveranno, non meno assurde di queste. L’elaborazione culturale post-missina ma non troppo si avvarrà dell’imprescindibile apporto intellettuale di Giulio Tremonti, dei suoi videogames e del suo Mundus Furiosus. La globalizzazione è morta, gongola il tributarista neoumanista di Sondrio. Attenti a quello che desiderate: potrebbe avverarsi.
    I tremontismi di cui Fratelli d’Italia si avvarrà prevedono il ritorno e il primato dello stato nazionale. Tutto molto bello ma forse il paese dovrebbe prima prendere consapevolezza dei propri limiti e vulnerabilità in questa dimensione. Che ruolo internazionale ha avuto l’Italia per decenni, ad esempio? Quello di ventre molle del Mediterraneo.
    Questo riscatto patriottico con le pezze al culo difficilmente ci porterebbe molto lontano da lì. A meno di passare il tempo a minacciare di farsi esplodere in una camera di cemento armato. Ai nostri sovranisti piace il modello ungherese ma scordano che l’Ungheria oggi è solo il parassita d’Europa. Se rimettessimo indietro l’orologio, Orban perderebbe pacchi di soldi comunitari. Sono capaci tutti di essere orgogliosamente nazionalisti e illiberali, quando c’è qualcuno che paga il conto. Si chiama accattosovranismo.


    Ma l’unica cosa che conta è che, in apparenza, si è messo in moto quell’effetto-aura che spinge Fratelli d’Italia ad attrarre personale politico e cosiddetti intellettuali come mosche sul miele (ho detto miele, mi raccomando). Obiettivo, quello di drenare elettorato e cacicchi alla Lega, soprattutto al Nord. I patrioti sono atlantisti di provata fede (mi pare strano ma prendiamoli in parola), quindi già chiedono ristori a Joe Biden per dimostrare la loro granitica fede occidentale. Nulla di inedito, lo chiede anche il padre nobile della sinistra allargata italiana, Romano Prodi. Altrimenti ci arrabbiamo e forse ci vendiamo. Magari alla Cina.
    In attesa che la leggendaria classe imprenditoriale settentrionale abbandoni Salvini e le sue felpe di condominio e trasferisca il proprio endorsement alla fiammella patriottica, perché le hanno provate tutte e proveranno anche questa (un sussidio val bene un centralismo d’annata), attendiamo che nuove meravigliose proposte prendano forma. Ma non scordiamo che di solito il dentifricio non rientra nel tubetto e la frittata non torna uova. Con un programma del genere avremmo l’ennesimo scherzo di cattivo gusto ai danni del paese più credulo d’Occidente, e non solo. Un paese gravato da crescenti oneri, rigorosamente impropri. Li chiameremo fardelli d’Italia.
    Finiremo malissimo, ma almeno leggendo Mario un po' di buonumore rimarrà.
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
    27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.

  10. #30250
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    Predefinito Re: Dura salita o "discesa" verso il default?

    Spread a 187 bp. Ci si avvicina di nuovo a quota 200.
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