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  1. #12271
    Vento teso
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    Predefinito Re: Evoluzione della crisi ucraina

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Premesso che è estremamente difficile far previsioni sull'andamento economico e sociale di un Paese in guerra (nessuno si aspettava problemi così critici ai riscaldamenti in Russia ad esempio), sono convinto da tempo che non si possa puntare su un cambio di regime senza una netta sconfitta militare. Quando hai a che fare con uno dei maggiori esportatori di cibo ed energia la capacità di soddisfare le esigenze essenziali della popolazione difficilmente verrà meno.


    Al di là dello stallo della linea del fronte gli ucraini hanno mostrato grande abilità nel colpire a distanza obiettivi strategici russi con mezzi molto limitati (hanno colpito di recente impianti di raffinazione/esportazione di prodotti petroliferi vicino a San Pietroburgo e a Volgograd), su questo punto ci sono margini di miglioramento notevoli.


    Anche di recente Zhaluzny ha ribadito che il fulcro della loro strategia saranno i droni, insieme a missili e aerei. Colpire le capacità produttive russe e le linee di rifornimento verso l’Ucraina (in particolare la flotta del Mar Nero e il ponte di Kerch si sono dimostrati molto vulnerabili) potrebbe determinare una svolta nel conflitto, ma per farlo gli ucraini hanno bisogno di missili a medio raggio in abbondanza e aerei oltre ai droni. Non è tardi per dare aiuti militari consistenti, bisogna vedere quali saranno le condizioni politiche (motivo per cui fino alle presidenziali USA realisticamente non si muoverà niente).
    Grazie come sempre per i tuoi contributi preziosi e preparati, nove mesi non sono pochi, sperando sempre che vada tutto per il verso giusto

  2. #12272
    Vento moderato L'avatar di Gianni78ba
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    Predefinito Re: Evoluzione della crisi ucraina

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Ovviamente una economia fondata sulle esportazioni di materie prime è molto più resiliente, l'unica vera vulnerabilità sono le variazioni di prezzo delle materie prime stesse ma l'OPEC ha approfittato del calo dei volumi di produzione russa per tenere alti i prezzi. Tutta l'economia russa gira su quello, tutto il resto è estremamente arretrato (per esempio gran parte della popolazione non ha nemmeno il bagno in casa, per esperienza diretta quando fuori ci sono -15 non è gradevole ).


    L'unico modo in cui puoi far collassare l'economia in tempi rapidi è quello di creare un forte disavanzo delle partite correnti, senza le riserve della banca centrale che sono state sequestrate non avrebbero avuto modo di contrastarlo. Non è tanto rilevante il debito pubblico da questo punto di vista ma la posizione finanziaria con l'estero, che era ampiamente positiva prima della guerra e lo è rimasta anche dopo.

    Quando l'unica vera arma che hai è quello di bloccare le esportazioni di beni strategici verso la Russia (ammesso che funzionino abbastanza bene) il risultato sarebbe più un declino graduale che un collasso.

    Anche per questo non ho mai capito la foga contro i brand occidentali che operano in russia, le esportazioni di prodotti di lusso o alimentari verso la Russia, se i russi vogliono buttar via valuta pregiata su beni non essenziali cavoli loro (infatti poi sono stati i russi stessi a bloccarle).
    Grazie per l'analisi più approfondita
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  3. #12273
    Vento moderato L'avatar di Gianni78ba
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    Predefinito Re: Evoluzione della crisi ucraina

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Ovviamente una economia fondata sulle esportazioni di materie prime è molto più resiliente, l'unica vera vulnerabilità sono le variazioni di prezzo delle materie prime stesse ma l'OPEC ha approfittato del calo dei volumi di produzione russa per tenere alti i prezzi. Tutta l'economia russa gira su quello, tutto il resto è estremamente arretrato (per esempio gran parte della popolazione non ha nemmeno il bagno in casa, per esperienza diretta quando fuori ci sono -15 non è gradevole ).


    L'unico modo in cui puoi far collassare l'economia in tempi rapidi è quello di creare un forte disavanzo delle partite correnti, senza le riserve della banca centrale che sono state sequestrate non avrebbero avuto modo di contrastarlo. Non è tanto rilevante il debito pubblico da questo punto di vista ma la posizione finanziaria con l'estero, che era ampiamente positiva prima della guerra e lo è rimasta anche dopo.

    Quando l'unica vera arma che hai è quello di bloccare le esportazioni di beni strategici verso la Russia (ammesso che funzionino abbastanza bene) il risultato sarebbe più un declino graduale che un collasso.

    Anche per questo non ho mai capito la foga contro i brand occidentali che operano in russia, le esportazioni di prodotti di lusso o alimentari verso la Russia, se i russi vogliono buttar via valuta pregiata su beni non essenziali cavoli loro (infatti poi sono stati i russi stessi a bloccarle).
    Una domanda.
    Secondo te considerato che sono passati 2 anni e che le forniture di petrolio hanno trovato un nuovo equilibrio, pesa di più la spinta rialzista della nostra rinuncia ai rifornimenti da Mosca sul prezzo del petrolio o il fatto che economie a forte consumo energetico come cina ed india si riforniscano a prezzo ribassato proprio dai russi?
    Come la vede l'OPEC su questo?
    Grazie
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  4. #12274
    Brezza tesa L'avatar di Turgot
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    Predefinito Re: Evoluzione della crisi ucraina


    Those who are not shocked when they first come across quantum theory cannot possibly have understood it. (N.Bohr, 1952)

  5. #12275
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    Predefinito Re: Evoluzione della crisi ucraina

    Citazione Originariamente Scritto da Gianni78ba Visualizza Messaggio
    Una domanda.
    Secondo te considerato che sono passati 2 anni e che le forniture di petrolio hanno trovato un nuovo equilibrio, pesa di più la spinta rialzista della nostra rinuncia ai rifornimenti da Mosca sul prezzo del petrolio o il fatto che economie a forte consumo energetico come cina ed india si riforniscano a prezzo ribassato proprio dai russi?
    Come la vede l'OPEC su questo?
    Grazie
    Se ti riferisci al mercato globale, al momento la pressione rialzista della guerra è praticamente nulla. La produzione russa è in linea con la quota OPEC e in un modo o nell'altro riesce ad arrivare sul mercato globale. Paga ancora un piccolo spread rispetto al Brent (meno di 10 dollari, probabilmente di più per le forniture contrattate privatamente con stati come Cina e India), quindi qualche piccola riduzione le sanzioni la ottengono, ma veramente poca roba (un po meglio sul gas dove il mercato è geograficamente segmentato).


    L'OPEC quindi continua a fare esattamente quello che faceva prima, massimizzare i ricavi dei suoi membri (Russia inclusa).

  6. #12276
    Vento moderato L'avatar di Gianni78ba
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    Predefinito Re: Evoluzione della crisi ucraina

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Ovviamente una economia fondata sulle esportazioni di materie prime è molto più resiliente, l'unica vera vulnerabilità sono le variazioni di prezzo delle materie prime stesse ma l'OPEC ha approfittato del calo dei volumi di produzione russa per tenere alti i prezzi. Tutta l'economia russa gira su quello, tutto il resto è estremamente arretrato (per esempio gran parte della popolazione non ha nemmeno il bagno in casa, per esperienza diretta quando fuori ci sono -15 non è gradevole ).


    L'unico modo in cui puoi far collassare l'economia in tempi rapidi è quello di creare un forte disavanzo delle partite correnti, senza le riserve della banca centrale che sono state sequestrate non avrebbero avuto modo di contrastarlo. Non è tanto rilevante il debito pubblico da questo punto di vista ma la posizione finanziaria con l'estero, che era ampiamente positiva prima della guerra e lo è rimasta anche dopo.

    Quando l'unica vera arma che hai è quello di bloccare le esportazioni di beni strategici verso la Russia (ammesso che funzionino abbastanza bene) il risultato sarebbe più un declino graduale che un collasso.

    Anche per questo non ho mai capito la foga contro i brand occidentali che operano in russia, le esportazioni di prodotti di lusso o alimentari verso la Russia, se i russi vogliono buttar via valuta pregiata su beni non essenziali cavoli loro (infatti poi sono stati i russi stessi a bloccarle).
    A proposito:

    Cinquecentonovantotto milioni. Una goccia in apparenza, poco più dell’1% dell’avanzo commerciale annuo nazionale verso i paesi extra-Ue. La svolta è tuttavia epocale, una rivoluzione copernicana tenendo conto che quel minimo saldo attivo realizzato nei confronti della Russia rappresenta per l’Italia una novità assoluta. Mai registrata nelle serie storiche Istat, che dal 1992 avviano la nuova classificazione tenendo conto della dissoluzione dell’Unione Sovietica.

    Russia che da allora, ininterrottamente, ha sempre presentato per l’Italia valori maggiori dal lato dei nostri acquisti, quasi interamente legati all’energia. Serie storica monotona che si interrompe ora per effetto di una scelta strategica ben precisa: l’abbandono del gas di Putin all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, con un riorientamento degli acquisti verso altri paesi. Scelta (italiana ma anche europea) che se non ha prodotto un tracollo dell’economia russa e un conseguente “pressing” risolutivo su Mosca per porre fine alla guerra, ha comunque raggiunto il duplice obiettivo di non alimentare le casse del Cremlino con miliardi di euro aggiuntivi e allo stesso tempo di smarcarci da un fornitore ad alto tasso di rischio e ostile all’Occidente.
    Il valore della svolta del 2023 è percepibile gettando lo sguardo indietro. Riavvolgendo il nastro di 30 anni, nei numeri del 1993 era già evidente uno squilibrio commerciale, per quanto limitato. L’export verso Mosca valeva poco più di un miliardo ma già allora le importazioni erano di valore quasi triplo, soprattutto per effetto dei 13 miliardi di metri cubi di gas che a quei tempi acquistavamo dal paese. Dipendenza energetica rilevante (era il nostro primo fornitore di gas, con il 40% dei volumi importati) e che negli anni non si è mai ridotta in modo significativo. Arrivando al picco nel triennio precedente il covid, tra 2017 e 2019, quando i 33 miliardi di metri cubi sistematicamente importati da Mosca rappresentavano quasi il 50% dei nostri acquisti totali di gas dall’estero.

    Se il passivo commerciale nel tempo è sempre stato confermato, mediamente con valori crescenti, in forte aumento sono state negli anni anche le nostre esportazioni verso Mosca, mercato di sbocco non solo per beni strumentali o componentistica ma progressivamente anche per prodotti di largo consumo: dunque mobili e scarpe oppure abbigliamento e alimentari.
    Trend rialzista arrivato al culmine nel 2013, quando le nostre esportazioni hanno sfiorato gli 11 miliardi, il 2,8% del nostro export totale, quota tripla rispetto a quanto accadeva nel 2000. Un primo tentativo di sfondare quella soglia, nel 2008, è stato poi vanificato negli anni successivi dal crollo dei prezzi del greggio e dalla conseguente crisi del rublo. Riduzione del potere d’acquisto che già nel 2009 aveva quasi dimezzato l’export a 6,4 miliardi. La faticosa risalita successiva si infrange nuovamente nel 2014 contro un altro shock geopolitico, l’invasione della Crimea. Sanzioni internazionali e nuova riduzione del prezzo del greggio (con conseguente caduta del rublo) provocano un terremoto analogo, abbattendo ancora una volta le nostre vendite fino ad un nuovo minimo di 6,7 miliardi nel 2016.

    Da lì, ancora una volta, i volumi sono tornati a lievitare ma le speranze di normalizzazione si sono nuovamente infrante contro le politiche espansionistiche del Cremlino: nel 2022 l’export italiano crolla infatti del 25%, lo scorso anno di un altro 20%. Paradossale, in effetti, è il fatto che un attivo commerciale storico verso Mosca si realizzi proprio ora, quando le nostre vendite annue scendono a 4,7 miliardi, il livello minimo toccato dal lontano 2003, sei miliardi in meno rispetto ai picchi del 2013.
    Se è possibile, viste le crescite percentuali anomale di alcuni paesi confinanti, che una piccola parte dei volumi stia transitando verso aree limitrofe aggirando le sanzioni, è evidente come nel complesso il mercato russo sia crollato per i nostri esportatori, in alcuni casi per effetto delle sanzioni, più in generale per le difficoltà nell’operare nel Paese e per la riduzione della domanda interna, comunque visibile. Mettendo a confronto il 2013 con il 2023, alcuni comparti, come le auto, si sono del tutto azzerati mentre i prodotti della siderurgia sono scesi del 75%. Ma in discesa verticale sono anche comparti legati solo ai consumi, come i mobili (-68%) oppure le scarpe (-60%) o ancora gli elettrodomestici, in calo del 72%.

    Eclatante l’inversione di rotta di alcuni distretti, come le calzature marchigiane, per cui la Russia rappresentava una sorta di Eldorado, con aziende che piazzavano in quel mercato quote significative delle proprie vendite, scelta strategica percepibile anche osservando le lingue dei siti web, dove il cirillico era sempre ai primi posti. Drammatico il confronto temporale a distanza di dieci anni: se Ascoli Piceno nel 2013 esportava verso Mosca 56 milioni di euro ora il valore è quasi azzerato; per Fermo, leader nazionale verso la Russia tra i distretti calzaturieri, si è passati dai 176 milioni del 2013 ai 60 odierni.
    Se il 2022 non è stato brillante per le nostre vendite, è stato però l’anno nero soprattutto dal lato dei nostri acquisti, che hanno visto un’impennata nei valori legata all’esplosione dei prezzi del gas. Le contromisure adottate dopo l’invasione dell’Ucraina per concretizzare la scelta strategica di evitare il gas russo hanno richiesto ovviamente mesi per poter andare a regime e nel frattempo Mosca ha continuato a rifornirci, seppure con volumi meno ampi. Se infatti nel 2021 dai gasdotti russi avevamo attinto 29 miliardi di metri cubi, l’anno successivo siamo riusciti a ridurre la dipendenza ad appena 14 miliardi, meno della metà. Gas, tuttavia, pagato a carissimo prezzo, che ha portato la nostra bilancia commerciale ad affondare sotto i colpi di importazioni lievitate oltre i 27 miliardi di euro, ovviamente nuovo massimo storico. Se il 2022 segna una prima svolta, con volumi in acquisto dimezzati, è nel 2023 che si chiude definitivamente il cerchio, con i nuovi flussi in arrivo da Algeria, Azerbaijan e Qatar (gas liquido poi lavorato dai rigassificatori) a consentirci uno stop quasi completo con Mosca. Se ancora nel 2021 la Russia era saldamente al primo posto tra i nostri fornitori di gas, con una quota a valore del 43% sull’import di questo prodotto, già nel 2022 si scende al 20% (Russia al terzo posto), poi al 5,6% nei primi 10 mesi del 2023, tutti percorsi in discesa. Guardando agli acquisti da Mosca, se a gennaio 2023 compravamo gas per un controvalore di 531 milioni di euro, a ottobre siamo scesi ad appena 32 milioni, l’1.5% del totale.
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  7. #12277
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    Predefinito Re: Evoluzione della crisi ucraina

    Citazione Originariamente Scritto da Alexander Visualizza Messaggio
    Sul campo militare si è capito che i russi non molleranno mai, a costo di sterminare intere generazioni di ragazzi, su quello economico come hai giustamente evidenziato tu e altri in queste ultime pagine non si è assistito a un collasso vero e proprio.
    Visto però che si puntava a destabilizzare pesantemente almeno una delle due qui sopra mi chiedo: che si fa ora?
    Conviene all'Ucraina cambiare strategia? (ma come, senza aiuti militari consistenti? e comunque mi sembra piuttosto tardi)
    Cosa deve accadere all'interno dell'immensa dittatura russa per aumentare il dissenso a un livello di pericolo per i gerarchi mafiosi al potere? Forse orde di rivoltosi veramente alla fame e con le pezze al culo potrebbero cambiare la situazione, ma per arrivare a questo limite servirebbero anni, e il tempo non è a favore dell'Ucraina
    Siamo proprio sicuri di questo? Perchè ho letto un po' di analisi dal punto di vista squisitamente militare (a cominciare dal colonnello Stirpe) che non sono esattamente d'accordo su questa versione.
    C'è una condizione necessaria per questa ipotesi: che gli aiuti occidentali cessino. E al momento ancora non ci siamo.
    E' di pochi giorni fa il varo del pacchetto pluriennale di aiuti da 50 miliardi da parte della UE (guarda caso appena i retroscenisti hanno iniziato a citare l'art. 7 anche Orbàn ha detto sì...).
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
    27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.

  8. #12278
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    Predefinito Re: Evoluzione della crisi ucraina

    Citazione Originariamente Scritto da Gianni78ba Visualizza Messaggio
    A proposito:

    Cinquecentonovantotto milioni. Una goccia in apparenza, poco più dell’1% dell’avanzo commerciale annuo nazionale verso i paesi extra-Ue. La svolta è tuttavia epocale, una rivoluzione copernicana tenendo conto che quel minimo saldo attivo realizzato nei confronti della Russia rappresenta per l’Italia una novità assoluta. Mai registrata nelle serie storiche Istat, che dal 1992 avviano la nuova classificazione tenendo conto della dissoluzione dell’Unione Sovietica.

    Russia che da allora, ininterrottamente, ha sempre presentato per l’Italia valori maggiori dal lato dei nostri acquisti, quasi interamente legati all’energia. Serie storica monotona che si interrompe ora per effetto di una scelta strategica ben precisa: l’abbandono del gas di Putin all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, con un riorientamento degli acquisti verso altri paesi. Scelta (italiana ma anche europea) che se non ha prodotto un tracollo dell’economia russa e un conseguente “pressing” risolutivo su Mosca per porre fine alla guerra, ha comunque raggiunto il duplice obiettivo di non alimentare le casse del Cremlino con miliardi di euro aggiuntivi e allo stesso tempo di smarcarci da un fornitore ad alto tasso di rischio e ostile all’Occidente.
    Il valore della svolta del 2023 è percepibile gettando lo sguardo indietro. Riavvolgendo il nastro di 30 anni, nei numeri del 1993 era già evidente uno squilibrio commerciale, per quanto limitato. L’export verso Mosca valeva poco più di un miliardo ma già allora le importazioni erano di valore quasi triplo, soprattutto per effetto dei 13 miliardi di metri cubi di gas che a quei tempi acquistavamo dal paese. Dipendenza energetica rilevante (era il nostro primo fornitore di gas, con il 40% dei volumi importati) e che negli anni non si è mai ridotta in modo significativo. Arrivando al picco nel triennio precedente il covid, tra 2017 e 2019, quando i 33 miliardi di metri cubi sistematicamente importati da Mosca rappresentavano quasi il 50% dei nostri acquisti totali di gas dall’estero.

    Se il passivo commerciale nel tempo è sempre stato confermato, mediamente con valori crescenti, in forte aumento sono state negli anni anche le nostre esportazioni verso Mosca, mercato di sbocco non solo per beni strumentali o componentistica ma progressivamente anche per prodotti di largo consumo: dunque mobili e scarpe oppure abbigliamento e alimentari.
    Trend rialzista arrivato al culmine nel 2013, quando le nostre esportazioni hanno sfiorato gli 11 miliardi, il 2,8% del nostro export totale, quota tripla rispetto a quanto accadeva nel 2000. Un primo tentativo di sfondare quella soglia, nel 2008, è stato poi vanificato negli anni successivi dal crollo dei prezzi del greggio e dalla conseguente crisi del rublo. Riduzione del potere d’acquisto che già nel 2009 aveva quasi dimezzato l’export a 6,4 miliardi. La faticosa risalita successiva si infrange nuovamente nel 2014 contro un altro shock geopolitico, l’invasione della Crimea. Sanzioni internazionali e nuova riduzione del prezzo del greggio (con conseguente caduta del rublo) provocano un terremoto analogo, abbattendo ancora una volta le nostre vendite fino ad un nuovo minimo di 6,7 miliardi nel 2016.

    Da lì, ancora una volta, i volumi sono tornati a lievitare ma le speranze di normalizzazione si sono nuovamente infrante contro le politiche espansionistiche del Cremlino: nel 2022 l’export italiano crolla infatti del 25%, lo scorso anno di un altro 20%. Paradossale, in effetti, è il fatto che un attivo commerciale storico verso Mosca si realizzi proprio ora, quando le nostre vendite annue scendono a 4,7 miliardi, il livello minimo toccato dal lontano 2003, sei miliardi in meno rispetto ai picchi del 2013.
    Se è possibile, viste le crescite percentuali anomale di alcuni paesi confinanti, che una piccola parte dei volumi stia transitando verso aree limitrofe aggirando le sanzioni, è evidente come nel complesso il mercato russo sia crollato per i nostri esportatori, in alcuni casi per effetto delle sanzioni, più in generale per le difficoltà nell’operare nel Paese e per la riduzione della domanda interna, comunque visibile. Mettendo a confronto il 2013 con il 2023, alcuni comparti, come le auto, si sono del tutto azzerati mentre i prodotti della siderurgia sono scesi del 75%. Ma in discesa verticale sono anche comparti legati solo ai consumi, come i mobili (-68%) oppure le scarpe (-60%) o ancora gli elettrodomestici, in calo del 72%.

    Eclatante l’inversione di rotta di alcuni distretti, come le calzature marchigiane, per cui la Russia rappresentava una sorta di Eldorado, con aziende che piazzavano in quel mercato quote significative delle proprie vendite, scelta strategica percepibile anche osservando le lingue dei siti web, dove il cirillico era sempre ai primi posti. Drammatico il confronto temporale a distanza di dieci anni: se Ascoli Piceno nel 2013 esportava verso Mosca 56 milioni di euro ora il valore è quasi azzerato; per Fermo, leader nazionale verso la Russia tra i distretti calzaturieri, si è passati dai 176 milioni del 2013 ai 60 odierni.
    Se il 2022 non è stato brillante per le nostre vendite, è stato però l’anno nero soprattutto dal lato dei nostri acquisti, che hanno visto un’impennata nei valori legata all’esplosione dei prezzi del gas. Le contromisure adottate dopo l’invasione dell’Ucraina per concretizzare la scelta strategica di evitare il gas russo hanno richiesto ovviamente mesi per poter andare a regime e nel frattempo Mosca ha continuato a rifornirci, seppure con volumi meno ampi. Se infatti nel 2021 dai gasdotti russi avevamo attinto 29 miliardi di metri cubi, l’anno successivo siamo riusciti a ridurre la dipendenza ad appena 14 miliardi, meno della metà. Gas, tuttavia, pagato a carissimo prezzo, che ha portato la nostra bilancia commerciale ad affondare sotto i colpi di importazioni lievitate oltre i 27 miliardi di euro, ovviamente nuovo massimo storico. Se il 2022 segna una prima svolta, con volumi in acquisto dimezzati, è nel 2023 che si chiude definitivamente il cerchio, con i nuovi flussi in arrivo da Algeria, Azerbaijan e Qatar (gas liquido poi lavorato dai rigassificatori) a consentirci uno stop quasi completo con Mosca. Se ancora nel 2021 la Russia era saldamente al primo posto tra i nostri fornitori di gas, con una quota a valore del 43% sull’import di questo prodotto, già nel 2022 si scende al 20% (Russia al terzo posto), poi al 5,6% nei primi 10 mesi del 2023, tutti percorsi in discesa. Guardando agli acquisti da Mosca, se a gennaio 2023 compravamo gas per un controvalore di 531 milioni di euro, a ottobre siamo scesi ad appena 32 milioni, l’1.5% del totale.
    Il grassetto è dedicato a tutti quelli che "la guerra con la Russia ci ridurrà in miseria". Già prima della guerra si parla di export per 10 miliardi, mezzo punto di PIL, ora dimezzato.
    Non ho dati sottomano, ma scommetto la casa che quello tra Emilia e Lombardia è più alto.
    Ovviamente dell'interscambio con i partner europei manco parlo...

    Il crollo dell'export delle calzature, per esempio, immagino abbia origine "oltre cortina" perchè non mi pare sia roba sanzionata. Sbaglio?
    Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
    27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.

  9. #12279
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    Predefinito Re: Evoluzione della crisi ucraina

    Citazione Originariamente Scritto da FunMBnel Visualizza Messaggio
    Siamo proprio sicuri di questo? Perchè ho letto un po' di analisi dal punto di vista squisitamente militare (a cominciare dal colonnello Stirpe) che non sono esattamente d'accordo su questa versione.
    C'è una condizione necessaria per questa ipotesi: che gli aiuti occidentali cessino. E al momento ancora non ci siamo.
    E' di pochi giorni fa il varo del pacchetto pluriennale di aiuti da 50 miliardi da parte della UE (guarda caso appena i retroscenisti hanno iniziato a citare l'art. 7 anche Orbàn ha detto sì...).
    Aggiungo qualche notizia dell'ultima ora, soprattutto riguardo gli aiuti made in USA


    02:43Senato Usa pubblica accordo bipartisan su Ucraina


    Il Senato americano ha reso pubblico un accordo bipartisan sulla legge per gli aiuti all'Ucraina, Israele e Taiwan e i fondi per la crisi migranti al confine meridionale degli Stati Uniti. L'intesa da 118 miliardi di dollari prevede regole più rigide sulle richieste d'asilo, la condizione che i repubblicani avevano posto per dare il via libera agli altri aiuti.


    02:49Biden, approvare rapidamente accordo su aiuti a Kiev


    Il presidente americano Joe Biden ha dichiarato di sostenere "fortemente" l'accordo bipartisan presentato domenica, che fornirà miliardi di dollari in nuovi aiuti all'Ucraina e a Israele, rafforzando al contempo la sicurezza delle frontiere statunitensi e inasprendo le leggi sull'asilo. "Abbiamo raggiunto un accordo bipartisan sulla sicurezza nazionale che include la serie di riforme delle frontiere più dure ed eque degli ultimi decenni. Lo sostengo con forza", ha dichiarato Biden in un comunicato. Il presidente ha esortato il Congresso ad "approvare rapidamente" l'accordo e a "farlo arrivare sulla mia scrivania per poterlo firmare immediatamente".




    02:54Usa, il contenuto dell’accordo bipartisan per aiuti a Kiev


    I senatori statunitensi hanno reso noto il testo di un pacchetto bipartisan sulla sicurezza delle frontiere che sbloccherebbe aiuti vitali per l'Ucraina, con un voto iniziale previsto per metà settimana, anche se le prospettive di diventare legge non sono chiare. I senatori stanno negoziando da mesi un accordo per combattere l'immigrazione clandestina, con i repubblicani che insistono su una maggiore sicurezza delle frontiere in cambio dell'approvazione di una richiesta della Casa Bianca di oltre 60 miliardi di dollari per Kiev.
    La cosiddetta legislazione supplementare sulla sicurezza nazionale prevede un finanziamento totale di 118,3 miliardi di dollari, tra cui appunto 60 miliardi di dollari per il sostegno all'Ucraina devastata dalla guerra, che corrispondono alla richiesta della Casa Bianca, e 14,1 miliardi di dollari per l'assistenza alla sicurezza di Israele, secondo un riassunto pubblicato dalla presidente della Commissione per gli stanziamenti del Senato Patty Murray.
    L'accordo include anche 20,2 miliardi di dollari per la sicurezza delle frontiere degli Stati Uniti e una miriade di modifiche alle politiche sull'immigrazione concordate dai negoziatori democratici e repubblicani.

    04:52Speaker della Camera Usa respinge accordo su Ucraina


    Lo speaker della Camera statunitense, Mike Johnson, ha respinto l'accordo appena passato al Senato sulla sicurezza delle frontiere e sull'Ucraina sostenendo che "qualora arrivasse alla Camera, sarà già morto".
    "Questo accordo - ha scritto su X - è forse anche peggio di quanto ci aspettassimo".



    Insomma ancora lontani dal raggiungere un accordo

  10. #12280
    Vento forte L'avatar di Tarcii
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    Predefinito Re: Evoluzione della crisi ucraina

    Citazione Originariamente Scritto da FunMBnel Visualizza Messaggio
    Il grassetto è dedicato a tutti quelli che "la guerra con la Russia ci ridurrà in miseria". Già prima della guerra si parla di export per 10 miliardi, mezzo punto di PIL, ora dimezzato.
    Non ho dati sottomano, ma scommetto la casa che quello tra Emilia e Lombardia è più alto.
    Ovviamente dell'interscambio con i partner europei manco parlo...

    Il crollo dell'export delle calzature, per esempio, immagino abbia origine "oltre cortina" perchè non mi pare sia roba sanzionata. Sbaglio?
    Anche perché proprio ieri ad una cena, con alcuni invitati che lavorano nel settore del tessile, si stava parlando di come comunque il commercio con la Russia non si sia fermato per certe materie prime insostituibili. Se si vuole, il modo si trova per esportare e importare materiale, basta un Qualunquestan. Ovviamente si parla di volumi ridotti, ma questo anche prima della guerra. In ogni caso, persino la Coca Cola è riuscita a tornare in Russia, tramite il Kirghizistan.
    Tu mi dici, "Ti guardi? Sbagli a paragonarti"

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