
Originariamente Scritto da
inocs
La tua risposta è eccellente e completa, ma vorrei soffermarmi su questo punto.
Tornando un attimo anche in topic, faccio una premessa. Io lavoro nello studio di un commercialista in un comune diverso da quello in cui risiedo ed ho un netto che si aggira attorno ai 1.500 euro, dopo 3 anni di praticantato e 13 anni di assunzione come dipendente. Al tempo stesso, nel mio comune di residenza mia moglie ha uno studio a sua volta (siamo entrambi abilitati, ma per ora io non ho aperto partita iva e mantengo i "privilegi" da lavoratore dipendente) nel quale ovviamente collaboro attivamente anche io.
Ebbene, ti dico che nello stesso comune in cui risiedo ci sono altri 4 commercialisti e ben tre di loro sai che lavoro fanno? Sì, ovvio: gli insegnanti. Ma tanti altri ce ne sono nei comuni vicini eh, non è affatto un'eccezione, anzi è una regola abbastanza consolidata. Ora, proprio perché so quanto è sempre più complicato il lavoro che faccio, e quanto dovrebbe essere complicato e coscienzioso il lavoro da insegnante, trovo assurdo che venga concessa tale possibilità. Non si tratta di problemi di valutazione e di autorizzazione, si tratta del fatto che non è materialmente possibile, esclusi i casi in cui hai a che fare con quelle poche menti sveglie e geniali che ogni tanto compaiono (quando non ipotizzare che uno apra uno studio e ci faccia lavorare solo dipendenti, ma restano eccezioni), conciliare due lavori del genere. Che si rischi di combinare casini nella professione, passi pure, gli errori in fondo
li facciamo tutti (ma non dovrebbe essere comunque, dato che scopo degli ordini professionali è tutelare primariamente i cittadini e le imprese, vabbè altra storia complessa...). Ma che si rechi la mattina ad insegnare una persona che nel pomeriggio deve sbrigare un lavoro laboriosissimo come quello da commercialista è - con le dovute eccezioni, ma la legge dovrebbe disciplinare un caso medio, non le rare eccezioni - un abominio totale.
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