Il problema è che manca (ancora) un coordinamento centrale fermo e deciso. Che alle regioni piaccia o no, sarebbe indispensabile.
Nuovo caso in Croazia e primo in Grecia.
Nel frattempo, per curiosità...
concentrazione di PM10 (inquinamento) a Codogno....
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e a Milano....
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Le 3 cose più belle dall'entrata nel forum e nel mondo meteo : i "mammatus" post-temporale, il nevone 2012 e l'ASE..
E' un po' il discorso della giusta via di mezzo, secondo me, che però è durissimo da fare.
Più si entra in contatto con persone, più aumenta il rischio e il numero dei contagi, questo è pacifico. Molti di questi contagi, che finiranno per fare una banale influenza senza accorgersene nemmeno, entreranno in contatto con parenti o conoscenti anziani, contagiandoli a loro volta senza volerlo e senza saperlo. Questo porta non solo al picco di mortalità nelle fasce più fragili, ma anche all'affollamento degli ospedali er l'afflusso dei sintomatici gravi.
Ergo, i contatti vanno limitati. Come?
A logica, vien da dire: in maniera selettiva, secondo importanza e necessità.
L'industria e il paese devono andare avanti (ammettiamo; per lo meno, questa l'opinione prevalente in questo momento), quindi l'ossatura produttiva deve resistere. Da qui, se ammettiamo ciò, va da sé che i lavoratori continuano a lavorare.
L'autogrill alle 5 del mattino, per un lavoratore su strada è una necessità. E' un servizio che non può essere tolto.
Il pub o la birreria la sera, o il cinema, o lo shopping la domenica, sì, si può farne a meno. Molti lo fanno, perché hanno paura, o ragionano che è meglio non rischiare, ma molti non lo farebbero (ad esempio, quelli che saccheggiano i supermercati prendendo sofficini, nutella e alcolici - tutti chiaramente generi di prima necessità - si tratterrebbero dai piaceri non riproducbili a casa?). Quindi vale la pena evitare rischi, tenendo chiuse queste attività di cui si può fare a meno. Un po' di contatti in meno, un po' di possibili contagi in meno.
Vediamolo dall'altra parte. Il lavoratore costretto a continuare a lavorare per non affossare l'economia. Accetto il rischio perché so che la mia attività è essenziale, che non posso abbandonare gli altri, questo è un pensiero per lo meno auspicabile (è quello dei medici, degli infermieri, di tanti servizi necessari etc.). Ma pensare che devo rischiare solo perché qualcuno non può fare a meno di farsi l'aperitivo al bar con gli amici, mi farebbe girare un po' i coco'.
Insomma, andrebbe soppesato tutto con molta attenzione, in modo da limitare i danni economici - purtroppo ineliminabili - ad alcuni settori, e predisporre ovviamente sgravi e sostegno.
I cinesi però vivono in megalopoli che concentrano in territori estremamente densi di abitanti più abitanti di Italia, con un numero di ospedali che non credo potesse soddisfare il bisogno di quelle immense città.
Inoltre i cinesi non hanno lasciato diffondere il virus con criterio: le mie stime valgono solo se il virus colpisce i sani, specialmente sotto i 50 anni (ma estendibile sotto i 70).
Farò altri calcoli oggi per stimare quanti di quelli con polmonite sono malati cronici e quanti sani. Se i sintomi di polmonite (di cui solo una minima parte) riguardano solo i malati cronici, forse sarebbe bene mettere in quarantena questi ultimi, e arrendersi di fronte a qualcosa più grande di noi.
Intanto si moltiplicano i casi fuori dall'Italia, e attenzione: in Germania un contagio non è entrato a contatto con nessun italiano, ma con un cinese rientrato dal suo paese. E' mai possibile che questi non abbia contagiato altri?
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