Originariamente Scritto da
alexeia
A me sembra che ci si stia fasciando la testa con l'idea di una scienza ufficiale che censura le idee controcorrente. Questa è un'immagine creata dai complottari e alla quale ormai ci stiamo assuefacendo, ma è molto lontana dall'ambiente della ricerca.
Un ricercatore fa parte di una comunità internazionale, che si è data dei protocolli di validazione di dati, scoperte e teorie, e opera all'interno di questa, accettandone le regole perché atte a garantire anche la validità delle sue scoperta. E' un "sistema", all'interno del quale non esiste "la verità" ma solo delle affermazioni che sono supportate da determinati requisiti, ovvero che non possono essere smontate, almeno per un certo tempo.
Allora, capita in tutte le discipline che, se ci si imbatte in qualcosa di "strano" e inaspettato, che potrebbe essere una grande scoperta, ma potrebbe essere anche un abbaglio, si incomincia a sottoporre dati e teoria al vaglio della comunità - si "pubblica", in parole semplici - e si sa (si vuole, ci si aspetta) che queste nuove scoperte vengano analizzate, attaccate, messe alla prova dai colleghi. Poi, ovviamente, se l'esperimento risulta ripetibile, se anche i più scettici dicono "avevi ragione", beh, allora ci sta anche di dire "io lo sapevo sino dall'inizio che era così, ma voi non mi credevate, mi avete detto di lasciar perdere e che non sapevo di cosa stavo parlando... e invece, tiè...".
Questo è la prassi, e ci mancherebbe che a un'idea nuova, che va controcorrente, si stendessero subito i tappeti rossi.
Qui invece il problema è un altro, ed è di percezione all'esterno. A noi sembra che non si possa avere liberamente idee controcorrente perché siamo abituati ormai che qualunque idea ci passa per la mente, la strombazziamo su qualche mezzo di comunicazione e se qualcuno ci dice qualcosa, ci fa notare che magari è assurda, allora "cielo! attacchi la mia libertà di pensiero!!!".
Ma non funziona così. Prima di rendere pubblica al livello divulgativo un'idea, una teoria, una scoperta la si testa e la si ritesta, e la si sottopone a tutte le prove del caso. E non è censura, è prassi della ricerca scientifica.
Se mi svegliassi domani con l'illuminazione, e magari anche qualche straccio di prova, che 2 + 2 fa 5, so che devo - prima di gridare ai quattro venti della stampa "eureka", confrontarmi con tutti gli altri esperti del settore, e convincerli, contro ogni ragionevole dubbio, della verità della mia affermazione. Sino a che non ci riesco, la mia resta un'ipotesi passibile di essere avversata - ma non perché ce l'hanno con me perché sono piccolo e nero - ma solo perché non sufficientemente dimostrata. Quando più persone indipendentemente, guardando bene, riusciranno a ripetere sperimentalmente il mio risultato, allora probabilmente vorrà dire che prima avevamo tutti sbagliato, e 2+2 fa realmente 5.
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