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La Valle d'Aosta poi è una caso particolare, perché non solo è la regione più piccola e meno popolosa d'Italia, ma ha una sanità regionale che è sottodimesionata per la sua stessa popolazione, questo anche per ragioni storiche: la parte bassa della Vallée, quella ad est di Aosta, gravita per i servizi sanitari su Ivrea e soprattutto su Torino, al punto che pur essendo una regione autonoma l'amministrazione regionale valdostana ha sempre investito volentieri in altro che non fosse la sanità. Il risultato è che avevano pochi posti, sia nelle degenze ordinarie, sia sulle terapie intensive. In particolare hanno appena una decina di posti nelle uti e non sono nemmeno tutti attivabili in tempi brevi, per cui a gennaio si erano trovati con parametri da "zona rossa" (che di fatto avrebbero fatto scattare
misure da lockdown duro anche per i vaccinati e per almeno due settimane consecutive, cancellando di fatto 2/3 della stagione sciistica) con soli 6 ricoverati in uti positivi al Covid, dei quali 4 non vaccinati, tutti pazienti dell'ondata dicembrina da variante delta e 2 ricoverati per patologie non Covid ma positivi al tampone. La cosa fu risolta spostando i pazienti in eccesso nelle strutture piemontesi, che avendo ancora molti posti si offrirono per dare una mano, all'ISS e al
CTS non si fecero obiezioni, da "voci di corridoio" non fecero problemi nemmeno i tecnici ministeriali, però sembra che il Ministro della Salute, aizzato da un suo noto consigliere, fosse deciso a firmare comunque l'ordinanza per la zona rossa (perché "Non voglio fare eccezioni e va dato l'esempio!") e che sia dovuto intervenire direttamente Draghi che con toni cordiali, ma con argomenti molto persuasivi, abbia convinto il "povero" Speranza a cambiare idea quasi all'ultimo...
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