Originariamente Scritto da
Perlecano
Il 5% circa non mi sembra assolutamente possibile, comunque volevo approfondire un attimo: l'Ebola ha avuto una letalità piuttosto bassa in Occidente perchè ci sono stati pochissimi casi e c'erano intere équipes mediche a curare ciascun paziente e a tentare tutte le strategie terapeutiche possibili, cosa che in Africa certamente non poteva avvenire. In ogni caso tutti i malati di Ebola tra Europa e Stati Uniti hanno avuto un'evoluzione molto grave della malattia, a tutti (o quasi?) è stato indotto il coma farmacologico e, tra questi infetti (tra cui un'infermiera britannica, un'infermiera spagnola, un medico e un'infermiera statunitensi, un medico e un infermiere italiano), si ebbe soltanto un decesso: si tratta del sacerdote spagnolo Miguel Pajares, rimpatriato dall'Africa Occidentale in Spagna per poter ricevere cure all'avanguardia, ma ormai era troppo tardi (aveva comunque quasi 80 anni, se non erro, quindi è facile che sarebbe deceduto anche con un rimpatrio più tempestivo).
I due operatori sanitari americani che ho menzionato ricevettero un cocktail di antivirali endovena chiamato "Z-Mapp", ovviamente fuori protocollo e sperimentale (non c'è tempo per i trials fatti per bene, tantomeno per la "burocrazia" del caso); il medico, Kent Brantly, migliorò molto rapidamente dopo tale somministrazione ma potrebbe essere stato un caso, essendo che era già nel frattempo curato con altri antivirali generici e che era di "sana e robusta costituzione" (poco più che trentenne, se non erro). L'infermiera connazionale, sulla cinquantina, ricevette una doppia dose di Z-Mapp, essendo che dopo la prima il miglioramento era risultato modesto. Ma anche qui, potrebbe essersi trattato di una correlazione non causale. Ok, non penso che tale Z-Mapp abbia fatto male, ma è facile che non abbia sortito - "eziologicamente" - chissà quali benefici.
Nota su uno dei due malati italiani, l'infermiere Stefano Marongiu (che ovviamente contrasse la malattia in Africa Occidentale durante l'epidemia del 2014-2015): ci furono sforzi congiunti internazionali per salvarlo (svariate sacche di plasma di individui guariti dall'Ebola, quindi con anticorpi specifici per il virus, somministrazione aggressiva di antivirali e di altri farmaci, eccetera), veramente senza precedenti, altrimenti è molto probabile - secondo me - che non sarebbe sopravvissuto (aveva una carica virale fortissima nell'organismo, molto più del connazionale medico Fabrizio Pulvirenti, che infatti ebbe un'evoluzione più lenta della malattia e venne condotto al coma farmacologico soltanto diversi giorni dopo l'insorgenza dei sintomi). Tornando a Marongiu, che ricorda di non avere mai fatto errori nella vestizione prima di entrare fisicamente in contatto con i malati di Ebola, è plausibile che contrasse la malattia da una donna africana anziana che tossiva moltissimo, ed entrò in contatto con l'infermiere alcune ore prima di morire. Fu un po' una novità nello studio della trasmissibilità del morbo, in quanto l'espettorato era sempre stato ritenuto incapace di diffondere il contagio (forse però la carica virale della donna era talmente alta che i virus erano presenti in quantità sufficiente anche nel suo espettorato, ma non sono mai state fatte indagini in merito...).
Tornando agli anticorpi nel plasma dei guariti: non possono affatto sostituire la risposta immunitaria "autologa" dell'individuo infetto che riceve la trasfusione, in quanto non stimola alcuna risposta immunitaria all'interno del ricevente: semplicemente, permette di abbassare temporaneamente la viremia (quantità di virus nel sangue e, per estensione, in tutto l'organismo) mandando gli anticorpi eterologhi a contrasto con i virus, in attesa (teorica, e ripeto, senza stimolazione alcuna da parte del materiale immunitario proveniente dal "donatore") che il corpo del ricevente organizzi una sua propria risposta immunitaria, con suoi propri anticorpi, in grado di contrastare il virus in progressiva autonomia, facendo avviare il paziente (sperabilmente) alla guarigione.
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