Originariamente Scritto da
Perlecano
Il più grande studio sul rischio di reinfezione da Covid, @
burian br: in Qatar su oltre 130mila contagi ufficiali, 4 persone (giovani adulti, quindi per natura predisposti a sintomi non gravi salvo eccezioni, dato che torna utile in ciò che dico tra poco) si sono reinfettate. Sembra pochissimo (oh per carità, lo è anche), specie considerando che la diffusione del virus è stata estrema nel Paese e quindi per statistica, supponendo un'immunità non ottimale dopo la prima infezione, ce se ne poteva aspettare di più. Ma i genomi "sospetti" erano alcune decine, solo che tra campioni difficili da reperire e genomi che semplicemente non inducevano a parlare con sicurezza di reinfezione, pur non scartando tale ipotesi, alla fine con una cernita si è giunti a solo 4 reinfezioni accertate. Secondo me in alcuni casi di reinfezione dubbia - e quindi non ufficializzata - c'è stato realmente un secondo contagio, ma parliamo in ogni caso di numeri molto bassi.
Però nello studio ci sono molte cose che non si capiscono: il totale dei test rianalizzati è 130mila, ma quanti di questi test riguardano lo stesso identico soggetto testato in due momenti diversi? Perchè se una persona magari si riammala ma non me la testi più, il denominatore arriverà anche a 130mila ma il numeratore resta basso (nessuno ha documentato una sua reinfezione); di conseguenza, il rischio generale di reinfezione risulta sottostimato. Visto che in Qatar la percentuale di positività era altissima, significa che si era a corto di tamponi in rapporto all'entità della diffusione del virus, pertanto dubito che avessero testato persone con infezione pregressa ufficiale alla prima ricomparsa di sintomi blandi, o peggio ancora in condizioni di asintomaticità ma con segnalazione di un contatto ravvicinato con un individuo contagiatosi di recente. Ecco, stesso discorso: sottostima delle reinfezioni documentate.
La diffusione del virus nel Paese è stata molto sottostimata, visto l'abnorme tasso di positività ai tamponi riscontrato per mesi e mesi (spesso superiore al 40%!), e questo statisticamente conduce in simultanea a due considerazioni opposte: la prima è che se hai una diffusione estrema del virus sei anche molto più portato a rientrare in contatto con il virus e di conseguenza a riammalarti, quindi che ci siano state solo 4 reinfezioni è un dato ottimo considerando l'estrema facilità con cui si poteva tornare in contatto a distanza di qualche mese con lo stesso patogeno. D'altra parte avvalora in discorso della limitata disponibilità di reagenti/tamponi, quindi presumo che non solo si sia data la precedenza ai casi più manifestamente sintomatici (di cui l'alto tasso di positività ai test è conseguenza), ma anche che stante la bassa disponibilità laboratoristica, si sia evitato di testare le persone già ufficialmente guarite da una prima infezione (discorso fatto prima: numeratore - cioè i reinfettatisi - che sta basso a fronte di un denominatore che sale per il semplice fatto che ci sono malati a destra e a manca da testare). A corollario direi che, tra i nuovi contagi ufficiali che pian piano si accumulavano, magari erano inserite persone con una prima infezione asintomatica o paucisintomatica e una seconda infezione (l'unica per cui è stato eseguito il tampone!) anche più grave della prima, chi lo sa...
Per carità, 4 reinfezioni (magari aumentabili a 7, 8, 10, ma comunque poche) con una diffusione estrema del virus - l'articolo stima addirittura che la metà degli abitanti del Qatar sia rimasta contagiata: a me sembra un'esagerazione, ma credo che circa il 15% della popolazione si sia infettato per davvero -, anche con tutti i bias di cui sopra, risultano poche. Certo, testare la stessa persona a distanza di pochi mesi dalla prima infezione non è come testarla dopo molto tempo, quando magari la soglia anticorpale è scesa tanto da non conferire più immunità al soggetto. Altra considerazione: se - come io presumo - in Qatar siano state testate quasi solo le persone con sintomatologia più evidente, la carica virale è stata tendenzialmente più alta e, di conseguenza, la risposta immunitaria è stata tendenzialmente più forte. Da cui deriva che eventuali reinfezioni tendono a non essere particolarmente gravi (anche al netto della giovane età dei pazienti), che c'è più probabilità di avere effettivamente acquisito un'immunità anticorpale e di cellule T sufficiente a non riammalarsi, eccetera.
Irrilevante la chiosa dell'articolo: la seconda reinfezione, per i 4 pazienti, non è stata più grave della prima. Vogliamo speculare ottimisticamente (con varie correlazioni deboli consecutive: ah, che dolore!) che se si sono riammalati significa che avevano acquisito poca immunità, e che se avevano acquisito poca immunità significa che si erano infettati in modo molto lieve, quindi se non si sono ammalati più gravemente della prima volta è ottimo, poichè significa infezione molto blanda in entrambe le occasioni? Sì, possiamo farlo, ma non mi sembra il caso. Tornando ai 4 soggetti in questione, a parte che si tratta di un campione ridicolmente basso, non possiamo sapere quale sia stata l'entità della prima infezione patita dai soggetti in questione (ci sarebbero da fare molte altre specifiche in merito all'inutilità di questa asserzione, ma non voglio dilungarmi, poichè il mio post mi sembra già diventato bello lungo).
Link all'articolo:
Qatar confirms 4 coronavirus reinfections in largest study to date - BNO News
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