Covid, gli anestesisti smentiscono Arcuri: «Nelle terapie intensive al massimo 7500 posti»
Dura replica dell’Anaao alle parole del commissario, secondo cui in «Italia non c’è pressione sulle rianimazioni, perché ci sono 11mila letti». I medici: in molte realtà i pazienti attendono per giorni intubati nei pronto soccorsi. La gaffe sul picco di aprile
È pesante la replica dell’Associazione dei medici anestesisti e rianimatori (Anaao) alle parole pronunciate oggi dal commissario straordinario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, secondo cui attualmente in Italia, con 3.300 ricoverati «non c’è pressione sulle terapie intensive». Arcuri, intervenuto alla conferenza ”Finanza e sistema Paese un anno dopo” durante la Digital Finance Community Week, ha detto anche che «al picco abbiamo avuto nel nostro Paese circa 7 mila pazienti in rianimazione; mentre oggi abbiamo circa 10 mila posti di terapia intensiva e arriveremo a 11.300 nel prossimo mese».
«Oltre la soglia critica»
Ad insorgere è il segretario nazionale dell’Anaao Assomed, Carlo Palermo: «I posti di terapia intensiva oggi disponibili ed attivi in Italia sono intorno a 7.500 e non 11mila — afferma —. È questa infatti, con gli organici a disposizione, la dotazione massima con cui si possono garantire numeri e cure di qualità». E Palermo quindi puntualizza: «La soglia del 30%, indicata come livello di allarme, di posti letto di Terapia intensiva dedicati alla Covid-19 è quindi posta intorno a 2.300 ricoveri. I dati sui ricoveri totali di malati Covid-19 in Terapia intensiva, 3.492, indicano che ormai siamo ben oltre il 40% dei posti presenti. In molte realtà i pazienti aspettano ore, se non giorni, anche intubati, nei pronto soccorso prima di essere avviati nei reparti intensivi. Va ribadito poi che circa il 60% di questi letti è già occupato da pazienti con malattie gravissime come ictus, infarti, politraumi, stati di shock, sepsi e insufficienze multi-organo, che ovviamente non possono essere collocati in altri setting assistenziali».
«Un azzardo»
Ma contro Arcuri si schiera anche Federico Gelli, presidente della Fondazione Italia In Salute e Coordinatore dell’Unità Sanitaria di Crisi della AUSL Toscana Centro per l’emergenza pandemica da SARS-COV-2 . «Il commissario all’emergenza Covid sbaglia — sottolinea il presidente —, il picco di pazienti Covid in terapia intensiva nella prima ondata è stato non di “circa 7 mila” come dice lui ma di 4.068, il 3 aprile. E dire che oggi non vi è pressione in questi reparti è un azzardo».
Se vai qualche pagina dietro, puoi leggere un mio commento all'articolo cui ho avuto accesso. E' davvero imbarazzante, pensa che tra le fonti citano le immagini satellitari di Wuhan, e dicono che hanno usato un test fatto in casa senza specificare i valori di sensibilità e specificità.
trecate, passa da 318 di ieri,a 360 di oggi
Quando questo mondo ti sta crollando addosso..
La vita non si ferma con una diagnosi di Sclerosi Multipla..
Covid in Italia dal settembre 2019, le critiche e la replica del professor Apolone
Perché uno studio apparentemente così importante è stato pubblicato su una rivista con così basso impact factor? I test utilizzati sono affidabili? E come mai non sono stati registrati malati (e morti) anomali nel settembre 2019?
La ricerca dell’Istituto Tumori di Milano, secondo la quale il nuovo Coronavirus (Sars-Cov2) circolava già in Italia nell’estate scorsa, sta facendo discutere la comunità scientifica internazionale. E le critiche non mancano: le rigiriamo al primo firmatario dello studio, Giovanni Apolone, Direttore scientifico dell’Istituto.
Prima fra tutte, dottore Apolone: perché lo studio è stato pubblicato su Tumori Journal, definito da qualcuno come una specie di house organ dell’Istituto e non da riviste scientifiche di peso internazionale?
«Due mesi fa avevamo sottoposto la ricerca a giornali come il New England e Science (fra i più prestigiosi al mondo): la risposta è stata che avevano altre priorità, in questo momento di pandemia. Ma noi ci tenevamo a condividere i dati, a nostro avviso molto interessanti, con la comunità scientifica. Avevamo due alternative. La prima di offrire il lavoro in preprint, cioè su piattaforme che accettano contributi prima della validazione scientifica, oppure ricorrere alla nostra rivista, Tumori Journal. È una rivista con basso impact factor (il che significa che non è molto citata nella letteratura scientifica, ndr), ma comunque prevede una revisione “fra pari” dei lavori. E abbiamo chiesto un fast track, cioè un accesso accelerato alla pubblicazione. Ci è stato concesso».
Entriamo adesso nel merito dello studio. La principale obiezione riguarda l’attendibilità dei test utilizzati. In altre parole: questi test erano davvero in grado di identificare gli anticorpi contro il nuovo Coronavirus, oppure potevano intercettare anche altri anticorpi indirizzati contro Coronavirus già noti e già in circolazione da tempo e responsabili, comunemente, di raffreddori?
«Noi siamo assolutamente certi che questi test siano “specifici” per il nuovo Sars-CoV-2. Cioè identificano con grande precisione gli anticorpi anti-virus. Sono stati validati dall’Università di Milano e di Siena (in quest’ultimo caso il gruppo di ricerca è quello che sta lavorando con Rino Rappuoli, lo scienziato che sta mettendo a punto terapie a base di anticorpi monoclonali contro il nuovo Coronavirus, ndr). Gli anticorpi individuati sono capaci di uccidere i nuovi Coronavirus in vitro, mentre non lo fanno con altri cinque ceppi di Coronavirus già noti. Quindi sono “specifici” (cioè “costruiti su misura” dal sistema immunitario contro il Sars-Cov2, ndr)».
Sì, però soltanto in sei pazienti (sui 111 positivi al nuovo Coronavirus, sui 959 testati nello studio) sono stati trovati questi anticorpi. Non è un po’ poco?
«No. Bastava trovare anche un solo caso con anticorpi anti-nuovo Coronavirus per dire che questo nuovo virus circolava già in estate (ricordiamo che la ricerca di questi anticorpi è stata eseguita su persone a partire dal settembre 2019, ndr)».
Va bene. Ma come mai tutte queste persone positive, già a partire dal settembre scorso, non hanno manifestato sintomi di malattia?
«Sappiamo, da precedenti epidemie, che il virus comincia a circolare uno o due mesi prima che si manifestino i primi casi clinici. E, in effetti, già a novembre-dicembre i medici di medicina generale, in Italia, avevano cominciato a segnalare casi di polmoniti atipiche, particolarmente gravi, attribuite a complicanze da virus influenzali. E che in dicembre un paziente, ricoverato in terapia intensiva in un ospedale di Parigi, per gravi sintomi respiratori, era risultato positivo al nuovo Coronavirus».
Insomma la discussione è aperta, lo studio dell’Istituto Tumori ha gettato un sasso nello stagno (Apolone conferma di essere stato contattato dall’Organizzazione Mondiale della Sanita e dalle autorità cinesi), ma è indubbio che occorreranno verifiche più accurate per confermare quanto riferito dall’indagine italiana.
I Belgi hanno contato TUTTI i morti, non hanno sommerso. A differenza di quanto fatto da tutti gli altri stati, e Olanda in primis (che nella prima ondata, pensa, ha avuto un sommerso di 4000 morti che avrebbero dovuto essere aggiunti ai 6000 dichiarati).
Inoltre nella seconda ondata il Belgio è stato colpito più duramente, come dimostrano anche le TI occupate.
Non so i dettagli, è difficile trarre conclusioni. Il Belgio è confinante direttamente con la Francia e una delle regioni più colpite in entrambe le ondate, l'Ile de France. L'Olanda invece confina con la Germania e lo stesso Belgio, quindi prima che l'epidemia peggiori in Olanda deve farlo in Belgio.
L'Olanda ha poi preso provvedimenti in una fase della crescita ancora sostenibile, cosa che il Belgio ha fatto quando già tutto stava andando male.
Strano stanotte controllo:
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