Originariamente Scritto da
burian br
Adesso ho la prova che la mia intuizione era giusta. Seguimi, mi raccomando, che ci perderemo nella matematica.
Sul link del CCDC (centro di controllo delle malattie cinese) sono stati pubblicati (non me ne ero accorto) anche le statitiche per età.
Il totale degli analizzati sono 44672 persone, di cui il 74,7% proviene dall'Hubei (33370) e il 25,3% dalle altre regioni cinesi (11302).
Se osservi le statistiche per età, salta subito all'occhio come io abbia ragione.
Infatti il 31,2% dei pazienti affetti in tutta la Cina (
incluso l'Hubei, che pesa per 3/4 del totale) ha più di 60 anni, contro il 35,1% del solo Hubei.
Calcoli alla mano, si ricava che nelle regioni cinesi non Hubei (da ora in poi le indicherò con la sigla NO-HUB) solo il 19,44% dei malati aveva più di 60 anni (2197), e l'80,56% aveva meno di 60 anni (9105).
Già così si dimostra che la quarantena, nelle regioni fuori dalla Cina, ha ridotto i contagi presso anziani, categoria presso la quale sono rinomatamente concentrati gli immunidepressi e malati cronici.
Posso dimostrare anche questo.
Le percentuali di mortalità per età sono "inquinate", ancora una volta, dai dati dell'Hubei. Infatti, provando ad applicarle per fasce d'età alle NO-HUB, ottengo che il numero di morti dovrebbe essere superiore per ogni fascia d'età al totale dei morti NO-HUB, che è appena di 44 (0,4%).
Ho calcolato le percentuali delle fasce d'età seguenti nelle regioni NO-HUB:
- 60-69 anni: 12,76% (1442)
- 70-79 anni: 4,85% (548)
- 80+ anni: 1,83% (207)
- totale: 19,44% (2197)
I dati ci dicono queste percentuali di mortalità in Cina (tutta,
incluso Hubei):
- 60-69 anni: 3,6%
- 70-79 anni: 8%
- 80+ anni: 14,8%
Applicando queste percentuali ai numeri NO-HUB (che sono calcolati perfettamente, lo ripeto, perchè deducibili dalle statistiche cinesi) otterrei che sarebbero morti:
- tra i 60 e i 69 anni ben 31 persone;
- tra i 70 e i 79 anni ben 43 persone (!!)
- oltre gli 80 addirittura 52
- totale: 126 persone
Questo numero è circa il triplo il numero ufficiale dei morti (44). E' evidente dunque che tra gli anziani la maggior parte dei pazienti fosse sana, perchè se fosse la maggior parte debilitata, dato che di media chi ha patologie di base ha un rischio di mortalità del 6-10%, dovremmo rispettare quei numeri che influenzano necessariamente le fasce d'età più anziane visto che le patologie croniche sono per la stragrandissima maggioranza appannaggio della terza età.
Quindi si aprono prospettive interessanti: ammettiamo il caso limite che tutti gli anziani NO-HUB fossero sani. La sopravvivenza è 0,9%.
Ma, ancora una volta, non ci siamo: se applichiamo quella percentuale infatti agli 11302 pazienti NO-HUB, sarebbero dovuti morirne 102. E invece ne sono morti 44.
Proviamo però a discriminare per età, perchè in effetti abbiamo visto che l'81% dei pazienti aveva meno di 60 anni. E il 19% più di 60.
Ammettendo la mortalità degli anziani a circa il 2%, otterremmo che sui 2197 anziani 60+ NO-HUB il numero di morti deve aggirarsi sui 44. Sui 9105 pazienti con meno di 60 anni invece, restando 11 morti, la mortalità si aggirerebbe sullo 0%.
Sono stime attendibili? Verifichiamo:
0% sta all'81%; 1,8% sta al 19%. Il totale deve fare 0,9% sul 100%. Non funziona, con questo caso limite (nessun morto sotto i 60 anni; tutti sani in principio, cosa assurda) la mortalità per sani si aggirerebbe comunque sullo 0,7%.
Il caso è limite, è evidente. E del tutto irrealistico, almeno quello che ho dipinto io. Ma evidenzia una cosa fondamentale: se si è sani e si dispone di un sistema sanitario efficiente, la sopravvivenza è praticamente certa. Se si è anziani sani più o meno siamo lì.
Ma se il sistema sanitario collassa, allora la mortalità per i sani supera l'1% (sarà il caso dell'Hubei, visto che influenza al punto la mortalità per sani da farle superare la mortalità NO-HUB!).
Alla luce di queste statistiche, il virus non fa paura per mortalità. Fa paura solo ad anziani immunodepressi. Costituirebbe, in base a queste statistiche, un banalissimo virus influenzale per i sani, quanto a rischio di mortalità.
Ciò
non significa non sia pericoloso, perchè richiede spesso ospedalizzazione, e di fatto è impossibile non esporre chi è cardiopatico o affetto da malattie croniche al rischio d'infezione, visto che costituiscono una fetta cospicua della popolazione italiana.
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