Intanto grazie dei complimenti! E ti ringrazio anzi perchè è una domanda interessante e cui non avevo mai pensato
Ho trovato sul web questo documento, leggilo (e leggetelo) alle pagine 6-8:
https://www.infezmed.it/media/journa...5_4_2007_8.pdf
Vi riporto i pezzi salienti, e poi stilo le mie conclusioni, e ahimè non sono buone se confrontiamo a quanto potrebbe accadere fra non molto con il coronavirus.
Le prime epidemie circoscritte furono segnalate in maggio ad Assisi, Domodossola, a La Spezia,tra i militari della Marina; altre segnalazioni ci furono nelle province di Modena, Piacenza, Verona,Pisa. Torino e il Piemonte furono colpite a giugno, contemporaneamente a Bari e Taranto [16].Questa prima fase durò poco più di due mesi e di questo periodo, non essendo la malattia sottoposta a denuncia obbligatoria, non è possibile disporre di dati certi complessivi circa il numero dei colpiti.
[...]
[A Luglio 1918] La Calabria fu la prima regione ove si manifestarono queste variazioni del quadro clinico. Le prime due province furono quelle di Reggio e Catanzaro, poi Cosenza. Poco tempo dopo furono contagiate Palermo, Chieti, Caserta,Parma, Alessandria, Torino e la Liguria.
[...]
Nell’Esercito italiano l’esordio della grave forma autunnale si verificò a metà agosto [...] Nella settimana precedente il 20 agosto, data della visita di una Commissione sanitaria a Celestano (Parma), sede del campo d’istruzione del 62° Fanteria, si e-ra manifestata una grave epidemia digrippe. Inpochi giorni, su 1.600 uomini, 500 avevano marcato visita e 13 erano morti4. La causa dei decessi era attribuibile in tutti i casi a complicazioni in corso d’influenza dell’apparato respiratorio (broncopolmoniti o pleuropolmoniti). L’ipotesi ritenuta all’epoca più probabile, in relazione alla diffusione del contagio, faceva ritenere che questo era stato portato da soldati rientrati dalla licenza da paesi confinanti con la Svizzera. La tesi indicherebbe che in Italia il contagio abbia se-guito diversi itinerari collegati ai movimenti di truppe [16].
[...]
I suddetti riferimenti temporali sembrano indicare che i foci epidemici siano stati diversi e contemporanei; si potrebbe ipotizzare che la prima ondata epidemica abbia innescato, contemporaneamente e in diversi luoghi, mutanti virali che,con percorsi paralleli, siano giunti quasi contemporaneamente al medesimo risultato, ovvero lo sviluppo di ceppi virali altamente diffusivi (caratteristica già osservata in primavera), ma con associata una letalità in precedenza non re-gistrata.Verso la metà di settembre, le prime notizie sulla diffusione dell’epidemia cominciarono ad essere pubblicate, e ciò conferma il fatto che ormai in diverse città l’epidemia si era accesa e alla fine del mese l’epidemia era estesa in tutta Italia.
In altre parole: ci furono foci epidemici un po' ovunque, con dei contagiati sparsi in tutte le regioni italiane. Probabilmente alla base vi fu lo spostamento di persone nell'esercito regio.I focolai poi esplosero ovunque e già a fine Settembre l'epidemia era generalizzata.In sintesi, l'Italia era un campo di mine pronte ad esplodere. Non è tanto diverso da oggi, visto che le mine (i contagiati) sono ovunque, e se esplodessero in contemporanea darebbe luogo a una deflagrazione stavolta non più localizzata, ma nazionale.
Spero davvero che questa scelta non si riveli un boomerang, vi è troppa voglia di strafare in giro, adesso si parla addirittura di riaprire le discoteche ,siamo alla follia , la fase 2 si sta rivelando un disastro , ormai tutti hanno dimenticato quello che è successo tra marzo ed aprile, molti hanno la memoria corta,io no, nel mio modo di vedere giugno doveva essere il mese della prudenza ...
dopotutto l'estate non è ancora iniziata... e a tutti quelli che pensavo al turismo e all'economia controbatto dicendo che è meglio perdere un mese ... giugno ,piuttosto che rischiare di perderne due.
Grazie, avevo letto tempo fa che alcuni tra i primi focolai della grippa (quelli del 1918) erano stati individuato nella zona di Domodossola.
Comunque nella mia regione erano morti indicativamente 1.315 individui, sulla pagina Wikipedia ho visto che in base ai dati ISTAT tra il 1911 e il 1921 vi erano tra gli 80.000 e gli 82.000 residenti. Prendendo un ipotetico campione di 81.000 residenti, significherebbe la morte dell'1,62% della popolazione, appena meno dei caduti della Grande Guerra (che furono 1.500).
Quando l’influenza spagnola devasto la Valle d’Aosta: 1.300 morti dimenticati - La Stampa - Ultime notizie di cronaca e news dall'Italia e dal mondo
Ma non è la stessa cosa, a gennaio/febbraio eravamo nella più totale inconsapevolezza e senza alcun tipo di controllo.
Innanzitutto difficilmente prima dell'autunno la gente tornerà a viaggiare in aereo con la stessa facilità. Poi si può benissimo (e anche abbastanza facilmente) controllare chi parte, se non anche chi arriva. Inoltre si possono istituire dei canali sicuri nei quali evitare che i turisti interagiscano con la popolazione residente se non per ciò che è strettamente necessario.
Infine sarebbe anche piuttosto semplice tracciare i contatti di un eventuale positivo.
Questo almeno si può fare per quanto riguarda Schengen.
In una situazione come questa, comunque un lombardo che va in Veneto o in Emilia potrebbe effettivamente (non necessariamente, ma potrebbe) costituire un rischio maggiore rispetto a un tedesco: non solo perché gli scambi sono maggiori ed è più difficile monitorarli tutti - magari avvengono in giornata, magari si passa una notte in famiglia o da un amico, magari si visita gente che si conosce - ma anche perché in genere per i viaggi al di fuori del proprio paese mi immagino ci sarà un "self-selection bias" per cui chi ha qualche dubbio di poter essere positivo al covid, o al contrario di non poter viaggiare in assoluta sicurezza, sarà meno propenso a spostarsi, mentre per i viaggi intra-italiani potrebbe avvenire di meno perché tanto si sta sempre in Italia e si ha l'impressione di essere "nello stesso posto".
In ultimo, una considerazione di carattere economico.
Il turismo genera miliardi di euro di PIL e milioni di posti di lavoro in Italia e in Europa.
A febbraio un turista positivo avrebbe contagiato x-decine di persone, che ne avrebbero contagiate altre x-decine, magari viaggiando in treno o partecipando a un evento o assistendo a una manifestazione in piazza.
Oggi la stessa persona, in virtù delle norme di distanziamento (basti pensare agli aerei), ne contagerebbe molte meno e in più il contagio sarebbe tracciabile più velocemente.
A fronte di questo, sarebbe davvero la scelta giusta vietare tutto il turismo straniero fino almeno a dopo l'estate, rischiando così di ammazzare un intero settore economico e di mandare sul lastrico chissà quanta gente?
Qual è il giusto trade-off?
Ultima modifica di nevearoma; 29/05/2020 alle 21:43
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
Quindi, ricapitolando:
-la Lombardia spinge per non creare nuove zone rosse dove il virus si cominciava a propagare
-la Lombardia non vuole sentir parlare di chiusura anche di fronte a una situazione che peggiora rapidamente, costringendo nel giro di sole due settimane alla chiusura nazionale
-la Lombardia spinge per uscire a tutti i costi dal lockdown anche se non ha i numeri che le permetterebbero di farlo in sicurezza
-la Lombardia viene ancora accontentata con continue arrampicate sugli specchi che vorrebbero giustificare l'uguale trattamento riservato a tutte le regioni
-la Lombardia spinge perchè vengono riaperti i confini regionali anche per loro pur avendo una situazione poco o per nulla migliorata, anzi con segnali di possibile peggioramento a breve. Non solo, si lamenta di presunto razzismo se qualcuno vuole aprire a tutti tranne a loro
-la Lombardia viene ancora accontentata
to be continued....
Beh, la fine della storia sembra quasi scontata. Non solo dobbiamo dire grazie ai ritardi della regione per la situazione attuale e del recente passato in molte regioni, ma rischiamo tutto ciò una seconda volta (sia ben inteso, non mi aspetto un'ondata come la prima, ma qualche effetto senza dubbio), che dire, speriamo bene.
Stavolta non vorrei sentire il vittimismo dei lombardi onestamente, nessuno dà contro a loro a caso, quindi se la prendessero con gli amministratori e non chi voleva tenere ancora chiusa la regione.
e che cavolo, sono sempr stato il primo a dire che occorreva pensare a una riapertura dei confini regionali, ma la Lombardia a ora proprio no.
C'è anche da dire che sapendo che ha aperto in questa situazione possiamo pensare che non migliorerà nei prossimi mesi, magari hanno pensato in questo modo arrivando alla conclusione che per aprire fra un mese nella stessa situazione tanto valeva aprire ora....
Però ecco è impossibile non sentirsi presi un po' in giro.
Ultima modifica di ale97; 29/05/2020 alle 21:48
Non cambia nulla. I fattori che citi possono limitare l'arrivo di contagi, ma ne basta uno e si riparte. Da un solo contagiato giunto in Germania è nata la pandemia in Europa, Africa e Americhe.
Se apriamo ai turisti stranieri ci esponiamo a dei rischi immani e incalcolabili, e tutto per del denaro che poi rimetteremmo con un nuovo lockdown. Come al solito non si guarda al lungo termine ma solo al breve. Non vedo perchè l'opzione "non succederà" debba valere di più dell'opzione "succederà".
Ma che riparta, di per sé, può non essere un grande problema, se è qualcosa che si può tenere sotto controllo o fermare sul nascere. I fattori che ho citato non limitano solo l'arrivo di contagi ma anche la sua diffusione. Ancora una volta, l'obiettivo della quarantena non è né è mai stato avere zero contagi.
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
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