Aggiornamento del Piemonte con i dati odierni.
Fatti 12.787 tamponi, dei quali 2.585 positivi: tasso di positività folle al 20,2%, record dal 14 aprile. +11 TI e +27 decessi (numero più alto dal 20 maggio).
Attualmente positivi lo 0,64% di noi Piemontesi.
La mia provincia segna un +374 positivi, secondo numero più alto di sempre dopo il 27 ottobre.
Lou soulei nais per tuchi
Fra l'altro hanno pure parassitato i lockdown dei paesi confinanti, che avendo azzerato il contagio intorno al paese, di fatto hanno "costretto" il virus ad arrivare in Svezia solo con l'aereo. Mica un aiuto da poco, anche se involontario (i vicini il LD l'hanno fatto per se stessi).
Torna attuale il tema della separazione tra categorie di età per rispondere alla pandemia, come proposto nei giorni scorsi da Carlo Favero (Università Bocconi), Andrea Ichino (Università di Bologna) e Andrea Rustichini (University of Minnesota). Abbiamo cercato una conferma a questa ipotesi nei dati dell’Istitituto Superiore di Sanità (Analisi sui decessi, dati aggiornati al 22 ottobre). Su un totale di 36.806 decessi correlati alla Covid-19 da inizio epidemia il 95,37% (35.099) sono stati registrati nella popolazione oltre i 60 anni di età, contro il 4,63% al di sotto di questa soglia. La ripartizione resta fortemente sbilanciata anche considerando come valore soglia i 70 anni: 31.413 decessi (85,34% del totale) sono al di sopra di questa età. Vediamo il dettaglio in valori assoluti dei decessi per fascia di età: 4 (0-9 anni); 10 (0-19); 15 (20-29); 71 (30-39); 322 (40-49); 1.294 (50-59); 3.686 (60-69); 9.556 (70-79); 15.071 (80-89); 6.786 (90 e più anni). Si delinea in modo molto netto una distinzione tra il rischio correlato alla popolazione in età lavorativa, scolare e prescolare, e quello delle fasce di età più avanzate. Sulla base dei dati l’isolamento di queste ultime categorie, supportate con adeguati servizi di assistenza, sembra essere come suggeriscono Favero, Ichino e Rustichini una valida alternativa alla chiusura o limitazione delle attività economiche: che in larghissima parte insistono sulla popolazione con rischio molto basso. La strategia dovrebbe prevedere un lockdown per le fasce di età più avanzate, con un rigido rispetto delle misure di prevenzione personale (mascherine, distanziamento, igiene delle mani) per le categorie a basso rischio. Per avere una conferma definitiva, e valutare l’impatto di una simile misura sui carichi ospedalieri, dovremmo però avere a disposizione (e non ce ne sono) i dati sui ricoveri per fasce di età: se l’andamento della distribuzione fosse simile a quello dei decessi, e quindi comportasse un forte sgravio per i reparti di cura, avremmo una possibilità diversa per fronteggiare l’epidemia. (M.T.I.)
Oddio, non so com’è in Veneto, ma qui i numeri più o meno sono gli stessi riguardo ai tamponi (a dirla tutta oggi è stato record). Parlo di tamponi totali, sui casi testati io non capisco più niente: perché se viene contato solo chi ne ha fatto uno per la prima volta è chiaro che sembrano pochi, se invece vengono contati anche chi ne ha già fatti e son sempre risultati negativi è un altro paio di maniche. E comunque non so dove reperire dati.
Ciò non toglie che dovrebbero essere molti di più, chiaramente.
Coronavirus, Rappuoli: "Anticorpi monoclonali, ecco come funziona la cura che ha aiutato Trump su cui l'Italia è in prima linea
Il leader della ricerca di Siena: "Sperimentazione entro la fine dell'anno, con il nostro anticorpo puntiamo a sei mesi di immunità"
Potremo curarci tutti come ha fatto Trump? Sì, forse già a partire dalla fine dell'anno. Arriva infatti oggi l'annuncio di una delle aziende in corsa per lo sviluppo della “cura miracolosa”, come il presidente Usa l'ha definita: entro la fine dell'anno verrà prodotto un milione di dosi di bamlanivimab, di cui 300mila già opzionate dal governo Usa nel caso in cui si ottenga il via libera accelerato dell'Fda. L'azienda è Eli Lilly e non Regeneron, quella che ha fornito il farmaco a Trump, ma il tipo di molecola è la stessa: un anticorpo monoclonale, una vecchia conoscenza della medicina, che li usa per i tumori e le malattie autoimmuni, come l'artrite reumatoide. Ma anche se negli Stati Uniti sembra che la corsa al farmaco sia più veloce è in Italia che si sta mettendo a punto l'arma più potente di questo arsenale. Precisamente a Siena, dove Rino Rappuoli, a capo della ricerca di Glaxo Vaccines e del MAD Lab della Fondazione Toscana Life Sciences, stava lavorando già prima dello scoppio della pandemia a una tecnologia in grado di sviluppare armi super potenti.
Professor Rappuoli, gli anticorpi monoclonali contro il coronavirus sono speciali?
"Sì, perché sono un gioiello di innovazione tecnologica. Quelli usati in oncologia, per esempio, devono essere somministrati in grandi quantità e quindi per endovena, un approccio che nelle malattie infettive non si può usare. Negli ultimi venti anni la tecnologia è andata avanti e oggi riusciamo a sviluppare anticorpi mille volte più potenti, che possono quindi essere usati in quantità mille volte inferiori e con un costo di conseguenza ridotto. Ecco perché, per la prima volta, possiamo usare gli anticorpi monoclonali anche per le malattie infettive".
È vero che il vostro anticorpo, MAD0004J08, è il più potente fra quelli che sono studiati in tutto il mondo?
"Sì, è il più potente fra quelli descritti finora dalla comunità scientifica. La potenza viene misurata in vitro dove mettiamo l'anticorpo insieme a delle cellule infettate con il virus: se per un millilitro di soluzione ci vuole un microgrammo di farmaco allora non è molto potente, se come nel nostro caso ce ne vuole solo un nanogrammo allora è estremamente potente. Questo fa una differenza enorme in termini di quantità che bisogna somministrare per avere un effetto: per il paziente è la differenza fra un'infusione in ospedale e una puntura a casa".
Una delle aziende che stanno studiando anticorpi per il Covid ha annunciato la sospensione dello studio che stava conducendo nei malati gravi. Gli anticorpi servono solo per prevenire o anche per curare?
"Gli anticorpi servono sia per prevenzione sia per migliorare le condizioni degli infetti. Se si danno a una persona sana la protezione scatta immediatamente, se li prende una persona con un tampone positivo si aiuta l'eliminazione del virus da parte dell'organismo. Certo, prima si prendono meglio è, così il virus viene eliminato e non può danneggiare l'organismo. La notizia della sospensione della sperimentazione sui malati gravi ci fa pensare che somministrare anticorpi quando la malattia ha già aggredito l'organismo non serva".
Quanto durerà la protezione data dagli anticorpi monoclonali?
"Il nostro anticorpo è stato selezionato in modo che duri a lungo, con una protezione di circa sei mesi. Questa però è solo la teoria, dovremo confermare questo dato negli studi clinici di fase 3, durante la sperimentazione clinica che vogliamo iniziare prima della fine dell'anno".
Anche il plasma dei convalescenti contiene anticorpi, perché la vostra cura è migliore?
"Il principio infatti è lo stesso: usare gli anticorpi, nel caso del plasma quelli sviluppati da chi è riuscito a sconfiggere il virus. Ma ci sono enormi differenze. Prima di tutto il plasma di qualità è difficile da reperire, i pazienti che hanno tanti anticorpi efficaci non sono molti, e poi dovremo augurarci che ci siano sempre dei pazienti a disposizione e noi questo non lo vogliamo. Secondo, la sicurezza: quando usiamo il plasma dobbiamo essere sicuri che non contenga impurità".
@burian br
Parlando di sequenziamernto di genoma:
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Non bene!
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