Originariamente Scritto da
Musoita
Chi legge assiduamente questa rubrica non sarà sorpreso né dalla crescita dei casi, né dalla rapidità con cui l’effetto si sta manifestando: ne abbiamo parlato più volte, nelle ultime settimane, sottolineando come i numeri portassero esattamente in questa direzione. Si chiude oggi la nostra settimana epidemiologica (20-26 febbraio) che da inizio epidemia rileviamo dal sabato al venerdì successivo: domani ne vedremo il dettaglio, come ogni sabato, ma ne anticipiamo le principali evidenze. A livello nazionale il numero totale dei nuovi casi è salito a 108.136 con un incremento del 29,26% sulla settimana precedente, che si era chiusa con 83.652 nuovi positivi: un valore che, nel periodo appena terminato, è stato ampiamente superato dopo soli 6 giorni di rilevazione. Passiamo ad alcune delle Regioni più popolose, e quindi in grado di generare numeri più importanti, partendo dalla Regione più colpita, la Lombardia: nell’ultima settimana epidemiologica i nuovi casi sono stati 20.614, in crescita del 38,04% sulla settimana precedente (che si era chiusa a sua volta con un incremento del 16,96%). In Campania i nuovi casi sono stati 13.062, con un incremento del 46,63% sui 7 giorni precedenti (che si erano chiusi con un calo dell’8,31%). In Emilia Romagna 13.103 nuovi casi nell’ultima settimana mobile, in rialzo del 36,76% sul periodo precedente (anche quello chiuso con un rialzo dell’8,52%). Infine il Veneto, con 6.906 nuovi casi e una crescita del 61,58% sulla settimana epidemiologica 13-19 febbraio, che si era chiusa con un calo dei nuovi casi del 10,24%. Evidenziamo ancora una volta la necessità di procedere a restrizioni ed allentamenti sulla base di dati aggiornati, e non riferiti a un periodo compreso tra 5 e 12 giorni prima per i dati generali (15-21 febbraio) e addirittura tra 10 e 24 giorni per il valore dell’Rt: che proprio oggi è stato confermato dall’Iss stabile a 0.99 ma calcolato come valore medio, sui soli soggetti sintomatici, in relazione al periodo 3-16 febbraio. Se guardiamo ai valori di Rt puntuale, che abbiamo calcolato ogni giorno nello stesso intervallo 3-16 febbraio con il metodo K-N modificato, osserviamo una totale corrispondenza con quanto indicato oggi dall’Iss: ma ne abbiamo ricevuto indicazione con 10 giorni di anticipo. Per arrivare ad avere una stima ufficiale dell’Rt odierno dovremo quindi attendere quasi 2 settimane: mentre dal calcolo dell’Rt puntuale sappiamo che il valore alla sera del 25 febbraio era già salito a 1.21. Questi ritardi sono incompatibili con la rapidità del Sars-CoV-2, come peraltro bene evidenziato dai dati che abbiamo sintetizzato a proposito delle singole Regioni: l’attribuzione alle fasce di rischio avviene di fatto, con uno scostamento di soli due giorni rispetto alle nostre rilevazioni, facendo riferimento non all’ultima settimana epidemiologica bensì a quella precedente, e con un Rt che risale a 2-3 settimane prima. I valori espressi in tempo reale dal contagio sono oggi completamente differenti da quelli usati per l’inserimento nelle diverse fasce a colori: che per Campania e Veneto segnavano valori in calo rispettivamente dell’8,31% e del 10,24% a fronte di una crescita come abbiamo visto del 46,63% e del 61,58% nei sette giorni successivi, periodo che ci offre un’immagine recente dell’andamento epidemico. Altrettanto ritardata e dunque imprecisa è la valutazione relativa a Lombardia ed Emilia Romagna, dove le crescite del 16,96% e dell’8,52% sono in realtà diventate molto più importanti, ovvero +38,04% e +36,76% negli ultimi 7 giorni. Con queste modalità, che regalano al virus una settimana di tempo, fermare il contagio è impossibile. Ma forse non è più questa la priorità, visto che negli ultimi giorni è stato ufficialmente indicato come obiettivo primario “evitare il lockdown”: traguardo che si raggiunge in modo naturale centrando il vero obiettivo, ovvero bloccare il virus. Senza riuscirci continueremo a contare infezioni, ricoveri e decessi. Con l’attuale tasso di letalità espresso dalla Covid-19 in Italia (2,3% negli ultimi 30 giorni, fonte Iss) passare ad una media quotidiana di 20.000 infezioni significa accettare 460 morti al giorno nelle settimane successive. Salute pubblica ed economia non sono, e non saranno mai, in contrasto: sono invece strettamente legate e interdipendenti. Lo sviluppo dell’andamento epidemico non si combatte sulla base di quello che è accaduto, ma di quello che sta accadendo e soprattutto di quello che potrebbe accadere. Utilizzare dati vecchi equivale a tuffarsi in una piscina vuota perché, una settimana prima, era piena.
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