A parte che tutto dipende dalla situazione familiare e dal contesto in cui uno è cresciuto (io ad esempio ho esperienze differenti sia per quanto riguarda i miei genitori 70 enni che per quanto riguarda i miei defunti nonni, nati negli anni ‘10/‘20), non capisco perché si debba confrontare col passato peggiore e non ad esempio con quello migliore, come è stata la vita ad esempio negli ultimi 60/70 anni circa?
E perché sminuire la portata del disagio inutilmente creata in questi mesi.
Ultimo esempio, figlia di miei vicini di 6 anni, iperattiva socievole etc
È in quarantena da 10 gg non vuole più uscire di casa.
Cin genitori solari ed attivi come non mai.
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Peggio in che senso?
Durante la guerra non c'è stato nessun isolamento sociale, anzi, al contrario.
Per tante altre cose era sicuramente peggio, ma è un discorso che non regge, allora le malattie mentali in generali non dovrebbero considerate gravi, perchè "eh c'è chi ha vissuto la guerra"?
Sto chiaramente esagerando, ho capito cosa intendi, dico solo che è un discorso riduttivo, e non si tratta di dire che abbiamo sbagliato tout court nel fare i lockdown, ma penso che a futura memoria, dovessimo trovarci in situazioni simili (speriamo di no per altri decenni), magari evitare di ricorrere a lockdown totali come prima misura, ecco.
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...eccoli qua che iniziano...
Coronavirus nel Mondo. Usa, un ospedale dice no al trapianto di cuore per il paziente No Vax - la Repubblica
e tecnicamente, non fa una piega, secondo me: che si chiedano precauzioni per essere ricoverati in reparti speciali, ad alto rischio e in presenza di interventi programmati, ha senso.
Poi, andrebbe letto qualcosa di più approfondito del titolone in italiano, magari in lingua originale, perché se è vero quello che vien riportato nello scarno articolo: "L'uomo (il padre, n.d.r.) ha aggiunto che il vaccino anti-covid è contro i principi del figlio, 'semplicemente non ci crede'", beh... veramente mi vien da dire 'si arrangi'.
Resta sempre il fatto che non possiamo avere la controprova, il "come sarebbe stato". Il dato di fatto è che siamo passati attraverso un evento epocale, e in un modo o nell'altro, il segno lo lascia, non si può pensare che nulla cambi anche a livello psicologico.
Senza polemica, è un po' che mi chiedo quale sarebbe stata la reazione psicologica - di tutti - con interventi blandi, cioè vivendo in un mondo in cui chiunque da un giorno all'altro poteva schiattare e tu gli avevi stretto la mano il giorno pria. Secondo me anche l'ansia, o meglio, la psicosi del contagio non sarebbe stata da meno, per lo meno sin tanto che gli effetti del covid avessero colpito "vicino". Chiaro che quando i morti diventano pochi e remoti, la percezione del rischio si attenua, però sino a che non si arriva a ciò, lo stress psicologico non credo sia minore a essere "liberi tutti", perché sai che può colpire chiunque.
Giusto, ma un conto è se il segno lasciato a livello psicologico è causato dagli eventi, e allora lì ci si può far poco, un conto è su una scelta politica come è stato il lockdown. E sulla scelta politica puoi agire, puoi farti delle domande, chiederti se e quanto è stata giusta. C'è una bella differenza.
Perchè ora la situazione è diversa?Originariamente Scritto da alexeia
Ieri ci sono stati 458 morti. Praticamente come il picco dell'ondata dell'anno scorso in primavera. Ce ne frega qualcosa? No, perchè riguarda in gran parte non vaccinati o persone estremamente deboli, e perchè si è scelto che chiedere altri limitazioni ai vaccinati sarebbe un suicidio, ma non è che la situazione (sui morti, non sui ricoverati) sia poi tanto diversa dall'anno scorso.
Ora si è deciso che la pandemia è finita, anche se non lo è di fatto.
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Che aggiungere? ...hai già detto tutto...
La Carta dei Diritti dell'Infanzia è del 1989-1991. Prima di allora, nessuno aveva sentito la necessità di ratificare alcunché.
Si inizia a guardare al bambino come un individuo a sé e non come un piccolo adulto dopo la metà dell'800, ma solo a livello di élite; man mano ad esempio si studiano delle vesti comode e adatte al bambino, anziché ingabbiarlo nel busto a sei anni. Sì, una bambina iniziava la deformazione della cassa toracica a 6-7 anni, ma questo non gli dava alcuno scompenso mentale, perché era la norma. Si sarebbe sentita inadeguata da adulta se non lo avessero fatto. Quello che è cambiato è quindi la percezione nostra, la mentalità, non la reazione psicologica dei bambini. Gli adulti costruiscono dei modelli culturali, a cui ci si deve adeguare, e questo genera i problemi psicologici nei cuccioli.
Il boom delle anoressiche va di pari passo con il mito delle modelle magre e con la condivisione social della propria immagine, tanto per dire. Più si accentua il discorso che "cielo, povero bambino che non può socializzare", più il bambino lo percepisce, e realizza di essere "anomalo".
Però, in effetti, sino a cinquant'anni fa, giocare era un lusso per pochi. Da un lato, si diventava adulti presto entrando nel mondo del lavoro; dall'altro, le classi sociali più basse lasciavano liberi in strada i figli e questi giocavano fra loro, mentre i "ricchi" magari si rompevano le palle fra lezioni di piano e istitutrice di buon maniere, sognando di giocare col figlio della serva... insomma, la vita non è mai stata facile per un cucciolo di uomo.
Mi chiedo in effetti quale sia la soglia del disagio mentale, e se anche questa vari nel tempo. Mia mamma, ad esempio, nata nel '38, ha vissuto la Guerra in una città costiera presa di mira sistematicamente, e ha sempre raccontato della paura - che prova tutt'ora in sogno - per il rumore degli aerei (abita vicino a Linate...) che diviene quello che prelude alla fuga nei rifugi e al bombardamento, così come sogna di quando una camionetta di tedeschi ha sbandato in curva e lei ha visto la mitragliatrice ruotare - accidentalmente - nella sua direzione... già solo quello, senza spari e senza rischio, le torna nel sogno, quindi figuriamoci a quale pressione mentale sono stati sottoposti questi qui che hanno vissuto la guerra da civili. Eppure mia mamma può classificarsi come "sana di mente", a parte questi incubi, e come lei penso la gran parte dei coetanei.
Ecco, hai toccato il punto.
Il mito della socialità!... che fino a ieri era avere il profilo facebook alle elementari e chattare col telefonino, poi improvvisamente tutti scoprono che sere anche vedersi di persona, fisicamente... forse a qualcosa è servito, tutto ciò...
Cioè, ogni volta che vedo un bambino a ristorante, sta guardando qualcosa nel microschermo di un telefonino, mentre i genitori si fanno i cavoli loro, oppure sta rompendo le scatole a loro e ai vicini per richiamare l'attenzione su di sé. Questo essere tagliati fuori da qualsiasi scambio di parole con gli adulti di riferimento, ovviamente, non genera scompensi psicocosici... no, non li genera perché viene vissuto come la normalità.
Infatti, ma la vita dei bambini di adesso (lascia stare la pandemia) è minimamente paragonabile alla tua?
alla mia no di certo, visto che quando ero piccolo io la TV iniziava a trasmettere qualcosa (in bianco e nero) intorno alle 16:00 e non esistevano smartphone e computer.
Io ho certamente vissuto una infanzia ricca di socialità, mio figlio ricca di dispositivi elettronici. Per farlo giocare con gli amici dal vivo è stato sempre uno stress (mio).
Sono certo che se tutto andrà a posto, per i bambini di oggi, questi saranno solo dei ricordi, come lo sono stati quelli della guerra per i nostri nonni.
Ripeto, siamo più noi genitori a preoccuparcene, rispetto a quello che sarà un reale problema per loro.
Poi il bambino predisposto ad essere meno socievole o a lasciarsi traumatizzare per ogni cosa che gli accade, c'è sempre stato e sempre ci sarà
dati live: http://www.meteosanteramo.com/Liveiphone6.asp
(Befana 2017 indimenticabile, oltre 1mt di neve in 24h)
Bah, io so che quando torno a casa coi miei figli alle 17 di solito stiamo in cortile con gli altri bambini fino alle 19 a giocare…
Cartoni e soprattutto smartphone gran pochi..
Saranno solo ricordi? Lo spero, intanto ci hanno rubato due anni di vita.
Perché, lo ripeto, una gestione così restrittiva come in Italia non la trovi in nessuna parte dei paesi dell’Europa occidentale
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