Non voglio fare i conti in tasca alla gente, nè fare moralismi, ma in moltissimi casi (quasi tutti quelli di cui sono a conoscenza) le difficoltà economiche sono dovute ad una pessima gestione delle spese correnti unite all'idea che non si deve rinunciare a nulla.
Detto fatto, prendiamo pure il mio esempio. Guadagno 1.400 euro al mese circa, e queste sono le spese mensili: 400 euro di affitto, più 180 euro di rata fissa Inps (riscatto anni di laurea), più circa 30 euro di bollette, 30 euro di internet, 10 euro di ricarica cellulare, circa 120 euro di benzina, circa 200 euro per mangiare (spesa), e siamo a 970 euro circa di spese correnti. A queste bisogna aggiungere ovviamente le spese annuali (assicurazione auto, circa 800 euro annuali), il cambio gomme (40 euro all'anno), più varie ed eventuali. Ecco, mettiamo che mi resti un "risparmio" mensile di 300 euro da decidere che farne. Io mi comporto di conseguenza: quando esco magari non vado al ristorante, mi prendo solo una pizza, per dire, o rinuncio all'aperitivo, e se devo comprarmi una maglia magari non ne prendo una da 200 euro, ma anche 80 va bene.
Ecco, spesso mi rapporto con persone in dichiarate difficoltà economiche (magari uno stipendio full-time e uno part-time e figli a carico) che però, per la miseria, ogni 3x2 vedo al bar a fare aperitivi su aperitivi. Facciamo due conti? E facciamoli. Mettiamo che ogni sabato sera di fai aperitivi più pizza, poco poco (ma proprio poco) spendi almeno 30 euro la settimana, cioè 120 euro al mese. E sono persone che escono anche il venerdì, oltre il sabato, e che non rinunciano alla cena fuori. Però poi si lamentano che non arrivano a fine mese. Io dico, ok, ci saranno sicuramente delle persone che, pur stringendo la cinghia, davvero non arrivano a fine mese (ad esempio i genitori di un amico che, con ben 3 figli, si sono ritrovati entrambi senza lavoro, e nel giro di pochissimo tempo hanno eroso tutti i risparmi), ma sono arciconvinto che una bella fetta di coloro che "non arrivano a fine mese" è perchè NON sanno rinunciare a ciò che non si possono permettere.
Lou soulei nais per tuchi
Si questo sono d'accordo con te, ma se mi parli di 30 euro di bollette e 400 € al mese di affitto già non é più valido nulla di quello detto finora. Se sostituisci 30 con almeno 200 e 400 di affitto con almeno 700 (da noi manco un monolocale ormai porti via con 700) vedrai che i conti cambiano abbastanza
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Che è la strada per far calare l'inflazione, nè più nè meno.
Pure io; anzi... Sono abbastanza convinto che il prossimo anno sarà negativo. Ma anche chiudessimo il 2023 a -1% o a -2% oggi siamo sopra i livelli del 2019 e siamo sopravvissuti al 2020.
Per carità... Meglio chiudere a +2 che a -2 (Catalano sarebbe fiero), ma ripeto che non stiamo parlando di un contesto da guerra termonucleare globale come pare invece a leggere certi.
Di sicuro le nostre debolezze intrinseche non favoriscono l'uscita da queste situazioni. Ma altrettanto di sicuro non è roba che scopriamo nel 2022. Si raccoglie sempre quel che si semina.
Chissà, e in questo son d'accordo con @Friedrich 91 , non sia la volta buona che si capisca che il deficit come soluzione a tutti i mali, in particolare nelle fasi espansive, sia una delle più grosse minchiate mai raccontate.
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
D'altra parte, si è gonfiata a dismisura l'idea del "consumare" perché faceva girare l'economia, anche su voci del tutto superflue, di cui si è creata la necessità. Era anche prevedibile che al minimo intoppo tutto si sarebbe bloccato.
Insomma, c'è la domanda elastica, quella di beni non strettamente necessari ma che migliorano la percezione della qualità della vita, e quella anelastica, dei beni necessari per sopravvivere, grosso modo cibo, vesti e tetto. I limiti di ambedue si spostano nel tempo, adattandosi alla situazione al contorno, sociale, economica, culturale. Esempio, se secoli fa il cibo "necessario" era il pane e tracce di companatico, oggi sappiamo che nutrizionalmente occorre anche qualcosa di più, e se le vesti potevano essere quelle riciclate e rattoppate del fratello maggiore, oggi la base minima si è spostata verso abiti che tengono conto anche dell'estetica. Alla medesima maniera anche per la domanda di "superfluo", addirittura alcune cose un tempo superflue, come l'istruzione, oggi sono entrate definitivamente nella base necessaria.
Resta il fatto che, quando subentra una crisi seria, quella che salta è la domanda di beni non strettamente necessari, mentre le disponibilità economiche vengono spostate sulle necessità primarie, a meno che non si speri su aiuti a pioggia dall'alto.
La filosofia propagandata sinora, per cui tutti possono - quindi devono - accedere a tutto, è un'utopia. Lo slogan "anch'io" non può funzionare sempre, al massimo regge ripiegando su prodotti di serie B che imitano - male - gli originali, ma solo sino a un certo punto. Poi si abbandonano anche quelli.
In effetti, senza fare conti in tasca agli altri, ma quando guardo gli scaffali dei supermercati e i carrelli della spesa veramente vedo un proliferare smisurato di beni alimentari di cui trent'anni fa non sentivamo la mancanza né la necessità, e che sono stati creati per accaparrarsi fette di mercato e per creare nuove linee produttive, cioè posti di lavoro.
Settimane fa c'era sul giornale le lamentele dei produttori di insalate in busta, ad esempio: i costi di produzione sono aumentati, quindi o aumentano i prezzi o chiudono, oppure occorre sostegno economico al settore... il dato di fatto è che se non ho i soldi, l'insalata me la compro intera, e riprendo quell'antica attività dello sciacquarla e tagliuzzarla. Non è che ci siano molte altre vie di uscita.
E' la solita questione del galleggiamento della papera...
Il meccanismo in cui ci siamo infilati e l'unica strada per uscirne lo spiega oggi Michele Boldrin ( 6:15 - Un paese travolto dalle bollette ... o da se stesso? - YouTube dal minuto 2'15" circa ).
Niente di nuovo rispetto a quanto già detto.
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Ragionamento che fila e spiegato terra terra da un professore di economia e comprensibile anche da un operaio abbastanza ignorante come me.Un piccolo appunto:negli anni 70 lo scenario economico e sociale era quello,ma lo scontro sociale non era causato tanto dalla povertà ma piuttosto dalle ideologie,dato che a fronte delle difficoltà economiche esistevano ammortizzatori atti a contenerle(e mi pare leggendo la biografia del prof che egli stesso fosse ben dentro la vita politica del tempo).Da parte mia da qualche mese sto adottando uno stile di vita più sobrio contenendo le spese,pur non avendo particolari difficoltà.Come ho scritto tempo fa,ad un mio collega è arrivata una bolletta da 600 euro della luce,contro una spesa abituale di 150.Pochi giorni fa è arrivato al lavoro con un'auto nuova.Famiglia di operai e impiegati,padre di famiglia.Cosa voglio dire?che per ora io come sempre non vedo nessuna catastrofe sociale intorno a me.Come non la vedevo negli anni 70,quando il prezzo della benza triplicò in pochi anni.Voglio dire una cosa forse estrema:io in 63 anni di vita non ho mai conosciuto una persona realmente povera,senz'altro esistono anche nel nostro paese,ed ho sempre frequentato gente della mia classe sociale per usare un termine ormai desueto,operai o impiegati,extracomunitari di tutte le provenienze,con una particolarità però:vanno a lavorare.
In ogni caso,al di la del discorso che mettere soldi in tasca alla gente aumenta l'inflazione in questo frangente,esiste un limite oltre il quale lasciar fallire le aziende per costi produttivi insostenibili dovuti al caro energia non può non dare un'altra spintarella al paese verso il tanto sbandierato declino.
Onore a tutti i fratelli caduti nella lotta contro il potere e l'oppressione.
"nel fango affonda lo stivale dei maiali..."
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