Non saprei risponderti. Ai miei tempi no. In ogni caso non esiste una lingua sarda unica, così come non esiste una lingua veneta unica, per cui un insegnamento della lingua sarda unificata, che è stata codificata qualche anno fa dalla Regione, sarebbe una forzatura a mio giudizio
Credo che alnus intenda il modo in cui si pronuncia la "'s" sorda (quella di "sasso") più o meno da Grosseto in giù, ossia con un suono da zeta "sorda" (t͡s) simile alla "z" di "vizio" o di "azione", siccome nell'italiano regionale del Nord Italia la "z" sorda (t͡s) è quasi l'unico modo in cui pronunciamo la zeta (che è un suono che in generale ci piace poco) per noi è come se in Centro Italia anziché "situazione" ('situt͡sione) o "servile" ('servile) diceste "t͡situat͡sione" e "t͡servile" (con due zeta sorde, di cui una è la "'s" iniziale). Quindi se non sapessimo il significato e l'ortografia della parola "situazione" e dovessimo trascriverla foneticamente, nel modo in cui la sentiamo pronunciare a Roma, scriveremmo "zituazione", come se la parola iniziasse con una zeta sorda e non con una "s" sorda ('s). A Napoli invece si passa direttamente a d͡zituad͡zione con due zeta sonore che a noi suona anche più strano e "barbarico"...
Comunque la "z" è una delle lettere più disgraziate e soggette a fluttuazioni casuali della pronuncia, nel genovese e nell'italiano regionale di Genova e in generale della costa ligure la "z" è scomparsa probabilmente all'inizio del '500, sostituita dalla "s" sorda, mentre fino alla fine del Medioevo veniva pronunciata solo come "z" sorda (come ancora si fa in gran parte del Piemonte e in molte zone dell'entroterra ligure). Dante in De vulgari eloquentia se la prendeva coi genovesi perché il loro volgare era cacofonico e pieno di zeta (sorde) asprissime, suono scomparso un paio di secoli dopo ma che si è conservato appunto in molte zone dell'entroterra...
Ultima modifica di galinsog@; 20/11/2022 alle 22:54
@Stefano De C. e @galinsog@:
in realtà, molto probabilmente, Alnus si riferisce a come a Roma si dice borsa che usiamo a dire borZa, qui si tendiamo a forzare
per situazione e servile diciamo... "situazione" e "servile" la prima lettera è una esse, non ho mai sentito un romano che dica "Zituazione" o "Zervile" (neanche Ciriaco De Mita ci sarebbe riuscito )
you don't need the Weatherman to know where the wind blows - bob dylan
il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, mentre il contrario è del tutto impossibile - woody allen
I campani, assieme a varesini e ticinesi, parlano secondo me l'Italiano migliore.
Ripeto che i romani sono da anni su una china talmente rovinosa, da non accorgersene nemmeno più.
Legano tutte le parole assieme con doppie consonanti, pronunciano b in luogo di p e d in luogo di t.
Romani, provate a recitare l'alfabeto e poi ascoltate come pronunciate la s e la z nell'alfabeto e poi nelle parole
Questo però avviene non solo nel Lazio, ma anche tra Campania, Puglia, Molise, Abruzzo, Basilicata, ecc...
E' un pò caratteristico dell'Italia Centro-Meridionale, non solo dei Romani direi...
Tra l'altro c'è un bellissimo shibbolet per capire se una persona è del Nord o del Centro Sud: basta far pronunciare figlio o meglio: grosso modo da Toscana/Marche verso S viene pronunciato fijjo e mejjo (come gennaio), non esiste il suono -gl.
Lou soulei nais per tuchi
Sì, è verissimo, però la cosa buffa è che farlo con figlio o meglio è una specie di ipercorrettismo, nel senso che il suono "gl" è presente in buona parte delle parlate settentrionali ma in piemontese la parola "meglio" è quasi ovunque "mej" e figlio generalmente oscilla tra "fij" e "fieul", mentre nei dialetti liguri per "meglio" hai esisti che vanno da "megiu" a "meju", "meliu", "mej", "meglh" a seconda delle zone e per figlio si oscilla tra "fig(g)iu", "fiu", "fiju", "fij" e la forma meno lontana da quella italiana è "figlh" (in olivettese e realdese) solo che è tronca con caduta completa delle vocali finali... in pratica abbiamo tutto lo spettro possibile di forme e pronunce tranne quelle con il suono "gl-", che invece pronunciamo correttamente nell'italiano regionale del NW...
Ultima modifica di galinsog@; 21/11/2022 alle 16:55
In realtà non è nemmeno un riconoscimento dei linguisti, i linguisti separano il sistema sardo-romanzo da quello italo-romanzo, in virtù di parecchie peculiarità soprattutto di tipo fonetico e grammaticale. Ma per assurdo il gruppo italo-romanzo comprende parlate "sarde" come il gallurese, a sua volta variante del corso cismontano, che è strettamente imparentato con le parlate della Toscana (quindi con l'italiano) anche se in realtà ha un vocalismo di tipo prevalentemente sardo. In generale i linguisti e i dialettologi quando si occupano di parlate italiche tendono a distinguere almeno 6 aggruppamenti di cui 4 sono presenti sul territorio italiano, uno è quello propriamente chiamato sistema italo-romanzo (in senso stretto), che comprende sostanzialmente tutte le parlate della Penisola a Sud della linea Massa/Senigallia, il gallurese, il sassarese e i vari dialetti della Corsica, quindi c'è un autonomo sistema sardo-romanzo che comprende tutte le parlate sarde tranne il catalano di Alghero, il sassarese (urbano e dell'immediato contado), il gallurese e i dialetti di tipo ligure parlati a Carloforte e Calasetta, a questi si aggiunge il sistema reto-romanzo, che comprende il friulano e il ladino dolomitico (nonché il romancio parlato in Svizzera e molto simile al ladino). Infine c'è poi un gruppo (sistema o sottosistema) italiano-settentrionale, che comprende tutte le parlate restanti a Nord della linea Massa/Senigallia.
Quest'ultimo gruppo (italiano settentrionale) ha fondamentalmente una posizione di transizione tra il gruppo gallo-romanzo in senso stretto (provenzale, arpitano, guascone e dialetti della Francia centro-settentrionale) e il gruppo italo-romanzo in senso stretto ed è da alcuni linguisti considerato un sottosistema dell'uno o dell'altro oppure un sistema totalmente autonomo (ad esempio era di questo parere Graziadio Isaia Ascoli) peraltro il gruppo italiano-settentrionale (impropriamente gallo-italico, visto che dentro ci vengono spesso messi i dialetti di tipo veneto) e quello reto-romancio condividono alcuni esiti fonetici estranei sia al gruppo italo-romanzo in senso stretto sia a quello gallo-romanzo.
Il riconoscimento di sardo, ladino e friulano come lingue "autonome" non è quindi strettamente linguistico, ma solo politico. I linguisti si limitano a dire che il sardo ha una posizione isolata nell'ambito delle lingue italiche e che le parlate dell'Italia centrale e meridionale rappresentano un continuum relativamente omogeneo, che quelle dell'Italia settentrionale sono autonome da quelle centrali e meridionali (dunque parzialmente o totalmente rispetto al sistema italo-romanzo della Penisola), ma fanno pur sempre parte di un continuum più ampio che collega tra loro gallo-romanzo, italo-romanzo e reto-romanzo.
Per il sardo, inoltre, come per qualsiasi parlata priva di una koiné "storica" si pone il problema di cosa insegnare, soprattutto nel momento in cui regioni e comuni ricevono fondi per insegnare la lingua "locale" nelle scuole. Il sardo "normativo" attuale è sostanzialmente una koiné artificiale a base logodurese con inserti campidanesi. A molti sardofoni, originari di altre regioni storiche della Sardegna, questo sardo-koiné non piace affatto e molta della resistenza all'insegnamento scolastico del sardo deriva da questa situazione di "alterità", che imporrebbe di insegnare un tipo di sardo dove se ne parla un altro tipo o addirittura dove il sardo non si parla proprio (ad esempio non si parla sardo a Sassari o in quasi tutta la Costa Smeralda).
La Legge 482/1999, che è quella che riconosce le "minoranze linguistiche" peraltro ha creato anche situazioni francamente surreali, come comuni piemontesi (penso a Giaveno o a Villanova Mondovì) e liguri (Triora) che si sono dichiarati sede di minoranza "occitana" anche se a Giaveno e a Villanova si parla da sempre piemontese e a Triora (comprese le frazioni brigasche di Realdo e Verdeggia) si parlano da sempre dialetti di tipo ligure, magari eccentrici rispetto al tipo costiero ma comunque foneticamente, grammaticalmente e lessicalmente liguri... però i soldi fanno gola a tutti e se servono per cambiare gli infissi alla scuola comunale è tollerabile che arrivi qualcuno a insegnare il provenzale mistraliano (fondamentalmente marsigliese) non solo dove si parlano dialetti provenzali ben diversi (es. il vivaro-alpino di Chianale, Marmora, Pietraporzio o Entracque) ma dove si parlano o parlavano il kyé o il roiasco, che sono senz'altro parlate peculiari ma di provenzale non hanno niente...
Ultima modifica di galinsog@; 21/11/2022 alle 18:27
Galinsoga, c,è qualcosa di cui tu non sia super esperto?
Comunque complimenti!
Il tuo ultimo commento/conferenza rafforza la mia avversione per la moda attuale di addirittura insegnare i dialetti a scuola (dopo aver dato loro la qualifica di lingue )
In Basilicata e gran parte della Puglia il gruppo "gli" e "glio" si pronunciano come in italiano, quindi non è una regola generale. In Campania è invece molto frequente pronunciare "jj", così come anche nel Lazio e specialmente a Roma.
Tra l'altro il passaggio da "gl" a "jj" nell'italiano regionale campano è un fenomeno poco chiaro, dato che non ha riscontro nel rispettivo dialetto: in Campania "figlio" e "meglio" diventano rispettivamente "figljə" (oppure "figghjə" a seconda delle zone), e megljə (oppure megghjə),
quindi esattamente la stessa parola e la stessa pronuncia che si trova in Puglia, Basilicata e Calabria settentrionale (nonostante, come ho già scritto, nella parlata italiana gli esiti sono diversi).
Non so se è chiaro.
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