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  1. #111
    Vento moderato
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    Predefinito Re: Dialetti e lingue d'Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Tarcii Visualizza Messaggio
    Effettivamente non avrebbe senso, quando sento qualcuno parlare in milanese o brianzolo, al mio orecchio, è come sentire parlare in bergamasco con gli accenti completamente sbagliati e varie parole con sillabe mancanti, il tutto condito da qualche termine a me estraneo, tipo "cadrega".

    Tra l'altro una cosa interessante è che a Milano ho dovuto reimparare la pronuncia di foto, moto e topo, letteralmente tutti me lo facevano notare, visto che sbagliavo l'accento della prima "o" parlando in italiano.
    "Il peso di un accento troppo spiccato
    che non ti toglierà di certo l'università fatta a Milano"

  2. #112
    Vento forte L'avatar di verza81
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    Predefinito Re: Dialetti e lingue d'Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Lou_Vall Visualizza Messaggio
    Vero, l'unica volta che sono venuto in vacanza lì in Trentino mi ero stupito nel sentir dire tipo "ascendsore" con la s sonora
    Avviene anche in Veneto o è una pronuncia tipica trentina?
    No in Veneto no


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  3. #113
    Vento forte
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    Predefinito Re: Dialetti e lingue d'Italia

    Io utilizzo quotidianamente il dialetto ticinese (ramificazione del lombardo) che fuori dalle zone urbane è molto parlato anche dai giovani del luogo. Non di rado si utilizza anche in ambito lavorativo a più livelli.
    Non è da intendere come qualche terminologia qua e la interna all'italiano, ma proprio come una lingua parlata a se stante dall'italiano che differisce anche da villaggio a villaggio, ma diciamo che il mio ha un impronta più generale.
    In generale è una lingua in declino che come altrove è sempre meno parlata soprattutto dai giovani, ma geograficamente si può ben stimare che l'utilizzo del dialetto scende progressivamente partendo dalle zone Settentrionali arrivando nel Ticino Meridionale dove invece i giovani che lo usano sono molto pochi. Tra le città è più probabile che venga a parlato a Bellinzona o Locarno rispetto Lugano. In generale dovrebbe ancora essere correntemente parlato da 1/3 della popolazione del Ticino.
    È un'evoluzione anche naturale dell'abbandono della società rurale dei secoli scorsi e una società oggi multiculturale, ma come detto, nelle zone rurali è ancora ben impiegato e direi di più che nelle limitrofe zone italiane.

    Nella toponomastica dei luoghi e negli indirizzi molto spesso si trovano indicazioni esclusivamente nel dialetto locale (per quanto riguarda gli indirizzi spesso evidentemente sussistono errori di trascrizione tra i vari interlocutori...)

    Tra quelli italiani a livello di comprensione il dialetto milanese (quello vero, non le pseudoimitazioni!) è molto vicino al ticinese assieme a quelli lombardi delle zone limitrofe (comasco, varesotto), gli altri lombardi (valtellinese, bergamasco) pur restando comprensibili hanno già qualche differenza. Più lontano si capisce anche qualcosa dei dialetti veneti ed emiliani.

    È peccato che tutti questi patrimoni linguistici, soprattutto del Nord Italia siano in declino e non si è mai fatto qualcosa per elevarli di riconoscimento in qualche modo.
    Anzi il bilinguismo italiano/dialetto veniva spesso demonizzato decenni fa, forse questo fu l'errore più grave commesso allora, mentre porto l'esempio delle zone tedesche (soprattutto in Svizzera) dove i dialetti invece venivano promossi e lì addirittura tutt'oggi sostituiscono il vero tedesco nel parlato, persino in TV.
    Ultima modifica di AbeteBianco; 27/11/2022 alle 10:01
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  4. #114
    Vento forte
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    Predefinito Re: Dialetti e lingue d'Italia

    Citazione Originariamente Scritto da galinsog@ Visualizza Messaggio
    Comunque al di là di come la si pensi in materia di tutela delle lingue locali ("dialetti") quello che rende secondo me impraticabile tale tutela è la necessità di definire uno standard linguistico che faccia da κοινὴ alle varie parlate locali. Ci sono sicuramente lingue regionali che hanno una dignità letteraria consolidata, penso al milanese, al veneziano, al siciliano, al romanesco e in misura minore al bolognese, al torinese o al genovese, ma o sono tradizioni molto antiche e per certi versi pre-italiane (siciliano), oppure parliamo quasi sempre di parlate urbane. Io vivo in una regione in cui, al netto della situazione agonizzante dei dialetti liguri nelle città, il genovese ha esercitato a lungo una forza "centripeta", per cui tutto sommato o i dialetti locali sono fondamentalmente a base "genovese" (più o meno da Deiva a Noli) o ne sono influenzati in modo variabile (specie lungo la costa) o quantomeno condividono con il genovese alcune "marche" fonetiche tipiche, che in qualche caso si estendono fino alla Val Roya francese e ad alcuni comuni piemontesi della Val Tanaro, dell'alta Langa cebana, dell'Alto Monferrato e del Novese. Ma il problema è che più ci si allontana dai centri urbani principali (nel caso del NW Torino, Genova e Milano) o dai centri di "innovazione secondaria" sui due lati della displuviale alpino appenninica (tipo Mondovì, Albenga, Alba, Voghera, Bobbio, ecc.) più le parlate locali cambiano in una manciata di chilometri. Orbene imitare l'esempio del friulano e prendere la parlata del capoluogo territoriale (Udine) eliminando le interferenze estranee (es. quelle dell'italiano o le interferenze di altre parlate locali, come succede con gli imprestiti veneti nel friulano), resuscitare termini arcaici che non sono più usati da generazioni, infilarci qualche peculiarità locale di altre zone che si pensa corrisponda a forme "conservative" e poi insegnare questa roba come lingua locale è una cosa che non ha senso... perché poi si finisce con l'insegnare il torinese (così adattato) ad Alessandria o a Valenza, o far lo stesso col milanese a Bergamo a Crema o a Mantova, oppure ripetere l'operazione col genovese a Cairo o a Sarzana... e magari si insegnerà il torinese "normativo" a Merana (AL) e il genovese koiné a Piana Crixia (SV), giusto per prendere due comuni attigui di regioni diverse che però parlano dialetti con tratti sia liguri sia piemontesi e un lessico coincidente al 99,9%... una roba del genere è ovviamente priva di senso, non rispetta alcuna tradizione locale e non è più rispettosa delle parlate locali che insegnare l'italiano (e basta)... ma guardate che è quanto in parte è avvenuto con il friulano e quanto avviene in molte zone del Piemonte alpino, dove si pretenderebbe di sostituire le varianti locali di provenzale vivaro-alpino con un occitano di matrice essenzialmente marsigliese (e letteraria), solo lontanissimo parente delle parlate locali e che da quelle parti non si era mai sentito...
    In Svizzera dagli anni '30 la piccola minoranza di lingua Romancia dei Grigioni (simile al Ladino) è stata elevata a lingua nazionale, questa comporta che debba essere sistemata anche ad un certo livello istituzionale.
    Come altre lingue anche questa presenta delle varianti (mi sembra 4 o 5) che però formano un continuum su singole aree geografiche.

    C'è stato l'esperimento di creare il Rumantsch Grischun come versione franca, ma dopo decenni si constata che è risultata un fallimento perché non applicata e sentita dai parlanti delle singole varianti locali.
    Il Rumantsch Grischun ha "fallito" -
    RSI Radiotelevisione svizzera


    Invece un altro esempio: Come detto prima, io parlo un dialetto ticinese neutro che non ha distinzioni locali, una koiné.
    Ma di fatto si è appunto creata una koiné durante i secoli scorsi quando iniziavano ad esserci molti scambi tra le varie zone del cantone, ed anche per motivi di numero a causa di pochi parlanti delle moltissime varianti locali.
    Questa koiné viene molto applicata a scapito spesso delle parlate dei singoli villaggi, però a differenza dell'esperimento del romancio non ha regole e non c'è neanche tanto una forma scritta, è piuttosto una trasmissione orale che effettivamente funziona.

    Invece un altro esempio ancora: Nella Svizzera tedesca sono impiegati a livello orale quasi esclusivamente i dialetti, ma non esiste una forma comune, piuttosto ho idea che ognuno cerca di farsi intendere dall'altro nella propria variante.
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  5. #115
    Burrasca forte L'avatar di meteo_vda_82
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    Predefinito Re: Dialetti e lingue d'Italia

    Citazione Originariamente Scritto da AbeteBianco Visualizza Messaggio

    Invece un altro esempio ancora: Nella Svizzera tedesca sono impiegati a livello orale quasi esclusivamente i dialetti, ma non esiste una forma comune, piuttosto ho idea che ognuno cerca di farsi intendere dall'altro nella propria variante.
    Esatto. E poi usano la lingua "alta" (Hochdeutsch) neI contesti formali, a scuola e nello scritto (almeno a livello formale).
    Nel mondo Germanico tutto ciò è abbastanza normale e l'hochdeutsch non ha sostituito progressivamente i dialetti nelle comunicazioni informali, anzi....
    Ciò è avvenuto più con le lingue latine, basti pensare ad esempio ai dialetti della Svizzera Francese che si sono quasi estinti nel corso del 20° secolo (anche se rimangono zone dove lo si parla ancora tipo Evolène e Nendaz in Canton Vallese). ma prima di allora pure in questi cantoni coabitavano la lingua francese standard come lingua formale e istituzionale mentre si parlavano i dialetti dell'area francoprovenzale.

  6. #116
    Brezza leggera L'avatar di natale2008
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    Predefinito Re: Dialetti e lingue d'Italia

    Parlo abitualmente il dialetto in famiglia e con vari amici e conoscenti. Basterebbe dire dialetto veneto? Non credo, data la varietà dello stesso, tra veneto centrale, bellunese, trevisano...
    E come se non bastasse, mi trovo in una zona di incontro tra vari sottogruppi linguistici, nella quale (come del resto in gran parte del veneto) ogni paese o zona geografica si specializza nell'elaborare una propria parlata caratteristica che fonde assieme gli influssi provenienti dalle zone circostanti.
    Ho fatto una piccola cartina esemplificativa basata sulla mia esperienza unita alla lettura di alcuni testi di storia e cultura locale, dove suddivido il territorio della zona per caratteristiche linguistiche comuni.
    Ovviamente, non solo ogni frazione, ma anche ogni borgata se non nucleo familiare ha le proprie caratteristiche nella parlata e nel dialetto; ma è evidente che queste possano essere accomunate mettendone in relazione i tratti comuni.
    Screenshot_20221214-231220_Chrome.jpg
    Nella carta (che spero si veda), ci sono intanto i confini tra i due dialetti: in rosso dialetto veneto centrale (vicentino, padovano), in blu dialetto veneto settentrionale (bellunese, trevisano).
    La zona intermedia è arancione e tende ad avere caratteristiche di transizione tra le due parlate.
    Ho poi sottolineato i sottogruppi dialettali che insistono nella mia zona. Il Bassanese e il Casteano per il veneto centrale, il Montebellunese e il Pedemontano-Est per il veneto settentrionale e il Pedemontano-ovest per la fascia di transizione.
    Al centro ne vedete anche uno in verde, l'Asolano (di città), si tratta di una variante a parte e un po' in disuso, con notevoli influenze veneziane dovute al dominio della Serenissima, variante della quale risente in qualche modo l'areale di Asolo capoluogo.
    L'asolano rustico o di pianura invece viene parlato nelle frazioni di pianura ed è il mio dialetto; mio papà però parla il monfumese come i miei nonni quindi ho notevoli influenze quasi bellunesi (il pedemontano est è considerato bellunese, diciamo che è un po' meno aspro rispetto al bellunese puro). Con conoscenti e amici parlo e ho a che fare quasi esclusivamente con l'asolano rustico, o il fontese, castelcucchese, e casteano.
    Si tratta di sottovarianti che inevitabilmente stanno subendo un processo di appianamento e conformazione al veneto centrale, ma è interessante vedere alcune caratteristiche rimanere ancorate, anche nei più giovani

  7. #117
    Brezza leggera L'avatar di natale2008
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    Predefinito Re: Dialetti e lingue d'Italia

    Metto anche degli esempi della varietà di dialetti, che pur mantenendo la forma comune veneta, trovano numerose differenze sia nei verbi che nelle parole e presenza/assenza di vocali
    Un fatto comune in tutta l'area di pertinenza, eccetto forse alcune zone rivierasche del piave come Covolo, Ciano, è la L evanescente. Ovvero, tendenzialmente essa scompare se contenuta tra vocali. Scatola si dirà "Scàtoea" con la L segnata graficamente in questo modo: ł, quindi scatoła
    Diverso il discorso al dì la del piave e a nord nel bellunese. Dove la L rimane e si pronuncia "scatola"
    Ho pensato di mettere una frase breve che riassuma un po' varie caratteristiche della parlata
    Un'altra che riprende un tipico detto dialettale (A to età saltavo i fossi par longo - Alla tua età saltavo i fossi per lungo)
    E alla fine un tipico blasone usato per evidenziare le differenze nel dialetto. La frase in italiano sarebbe "Andiamo, restiamo, cosa facciamo?"
    Le varianti presentate sono: Il Castèano (paese Vallà), il Pedemontano-Est (Monfumo), il Montebellunese (Montebelluna), e alla fine quello di transizione del mio paese (Villa d'Asolo). Parto con la versione in italiano

    Hai mai visto il gelso in piazza? Stavamo parlando tra di noi e lui mi ha detto che è tanto vecchio
    Sei da (nome del paese) se quando eri giovane saltavi i fossi per lungo
    Andiamo? Restiamo? Cosa facciamo?

    Gheto mai visto el moràro in piassa? Xerìmo drio parlare tra de naltri e lù me ga dito che el xe tanto vecio
    Te sì da Vaeà se co te xeri xóvane te saltavi i fossi par longo!
    Ndemo? Stemo? Cossa faxemo?

    Atu mai vist el morèr in piazha? Ierònvi drio parlar tra de noialtri e lù el me ha dita che l'è tant vecio
    Tu se da Mofùn se co tu ere dòven tu saltava i foss par lonc!
    Ndonti? Stonti? Cossa fonti? O anche Ndoni? Stoni? Cossa foni?

    Atu mai vist el morer in piazha? Se parlèa tra de noi e lù el me ha dita che l'è tant vecio
    Te siè da Montebeuna se co te era dòven te saltava i fossi par longo!
    Ndonti? Stonti? Cossa fonti?

    Ghetu mai vist el morèr in piazha? Ierùnvi drio parlar tra de noialtri e lù me ga dita che l'è tant vecio
    Te sì da Pradàss se co te ieri dòven te saltavi i fossi par longo!
    Ndemo? Stemo? Cossa femo? Ma anche Ndòn? Stòn? Cossa fòn?

    Come si vede la differenza è evidente tra i primi due, che sono anche relativamente vicini (uno il comune confinante a nord, l'altro confinante a sud). La variante di transizione mia presenta alcune caratteristiche del dialetto a nord, ma rimane un veneto centrale per la seconda persona singolare: "tu sei" si dirà "ti te sì" e mai "ti tu se". Questo possiamo dire che sia il confine tra i due dialetti che sulla carta corrisponde alla linea azzurra. Per il Montebellunese si addolcisce con "ti te se" che rimane comunque estraneo a un veneto centrale.
    Se notate possagno è tratteggiato anche con il giallo. Questo perchè il dialetto ha caratteristiche fondamentali sia del dialetto settentrionale (tu se), ma allo stesso tempo altre del veneto centrale giunto soprattutto da ovest dal bassanese, come il pronome di terza persona "iù" invece di "lù" con la L che scompare, ma anche caratteristichè proprie che non compaiono in altri dialetti.

  8. #118
    Vento forte L'avatar di galinsog@
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    Predefinito Re: Dialetti e lingue d'Italia

    Citazione Originariamente Scritto da AbeteBianco Visualizza Messaggio
    In Svizzera dagli anni '30 la piccola minoranza di lingua Romancia dei Grigioni (simile al Ladino) è stata elevata a lingua nazionale, questa comporta che debba essere sistemata anche ad un certo livello istituzionale.
    Come altre lingue anche questa presenta delle varianti (mi sembra 4 o 5) che però formano un continuum su singole aree geografiche.

    C'è stato l'esperimento di creare il Rumantsch Grischun come versione franca, ma dopo decenni si constata che è risultata un fallimento perché non applicata e sentita dai parlanti delle singole varianti locali.
    Il Rumantsch Grischun ha "fallito" -
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    Invece un altro esempio: Come detto prima, io parlo un dialetto ticinese neutro che non ha distinzioni locali, una koiné.
    Ma di fatto si è appunto creata una koiné durante i secoli scorsi quando iniziavano ad esserci molti scambi tra le varie zone del cantone, ed anche per motivi di numero a causa di pochi parlanti delle moltissime varianti locali.
    Questa koiné viene molto applicata a scapito spesso delle parlate dei singoli villaggi, però a differenza dell'esperimento del romancio non ha regole e non c'è neanche tanto una forma scritta, è piuttosto una trasmissione orale che effettivamente funziona.

    Invece un altro esempio ancora: Nella Svizzera tedesca sono impiegati a livello orale quasi esclusivamente i dialetti, ma non esiste una forma comune, piuttosto ho idea che ognuno cerca di farsi intendere dall'altro nella propria variante.
    Di fatto la "tutela" dei dialetti funziona solo dove questi ultimi sono ancora parlati correntemente dalla maggioranza della popolazione, a quel punto mantengono anche la loro vitalità senza bisogno di misure normative, vedi il caso che hai citato dei dialetti della Svizzera tedesca o quello per molti aspetti curiosamente simile di certe aree del Veneto, come quella di natale2008 e più in generale di alcuni territori periferici. In questi casi la lingua locale è ancora sufficientemente forte da mantenere le sue pecurialità e le sue differenziazioni territoriali, anche su scala molto piccola. Altrove viene progressivamente sostituita da altro e non solo per questioni di praticità (farsi capire da chi arriva da fuori) ma anche per ragioni di "prestigio sociale"... Aggiungo anche, mia idea personale e dunque discutibile, che il primo passo che porta all'abbandono del dialetto è la sua "omogeneizzazione", anche quando a far da modello è il dialetto del capoluogo (per normali fenomeni di pendolarismo lavorativo/scolastico) o una koiné dialettale costruita a tavolino ché, in quest'ultimo caso, se non vi sono altre motivazioni, la koiné tenderà ad essere rigettata (vedi il caso del romancio "standardizzato") o al massimo affiancherà la lingua nazionale...

    P.S. hai dettagli della situazione del romancio in Engadina? Perché se da un lato è visibilissima la sua presenza "pubblica" (dai cartelli stradali agli avvisi pubblici delle autorità cantonali) le poche volte che ci sono stato ho (quasi) sempre sentito parlare solo in tedesco...
    Ultima modifica di galinsog@; 10/01/2023 alle 22:39

  9. #119
    Uragano L'avatar di Lou_Vall
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    Predefinito Re: Dialetti e lingue d'Italia

    Citazione Originariamente Scritto da galinsog@ Visualizza Messaggio
    Di fatto la "tutela" dei dialetti funziona solo dove questi ultimi sono ancora parlati correntemente dalla maggioranza della popolazione, a quel punto mantengono anche la loro vitalità senza bisogno di misure normative, vedi il caso che hai citato dei dialetti della Svizzera tedesca o quello per molti aspetti curiosamente simile di certe aree del Veneto, come quella di natale2008 e più in generale di alcuni territori periferici. In questi casi la lingua locale è ancora sufficientemente forte da mantenere le sue pecurialità e le sue differenziazioni territoriali, anche su scala molto piccola. Altrove viene progressivamente sostituita da altro e non solo per questioni di praticità (farsi capire da chi arriva da fuori) ma anche per ragioni di "prestigio sociale"... Aggiungo anche, mia idea personale e dunque discutibile, che il primo passo che porta all'abbandono del dialetto è la sua "omogeneizzazione", anche quando a far da modello è il dialetto del capoluogo (per normali fenomeni di pendolarismo lavorativo/scolastico) o una koiné dialettale costruita a tavolino che, in quest'ultimo caso, se non vi sono altre motivazioni, la koiné tenderà ad essere rigettata (vedi il caso del romancio "standardizzato") o al massimo affiancherà la lingua nazionale...
    P.S. hai dettagli della situazione del romancio in Engadina? Perché se da un lato è visibilissima la sua presenza "pubblica" (dai cartelli stradali agli avvisi pubblici delle autorità cantonali) le poche volte che ci sono stato ho (quasi) sempre sentito parlare solo in tedesco...
    Eh, non posso che essere d'accordo
    Forse l'unica lingua che ce l'ha fatta a sopravvivere a questo processo (ad essere omogeneizzata e semi-costruita) credo sia solo l'ebraico, o sbaglio?
    Perchè per il greco moderno alla fine "vinse" la lingua parlata da più persone...
    Lou soulei nais per tuchi

  10. #120
    Vento forte L'avatar di galinsog@
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    Predefinito Re: Dialetti e lingue d'Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Lou_Vall Visualizza Messaggio
    Eh, non posso che essere d'accordo
    Forse l'unica lingua che ce l'ha fatta a sopravvivere a questo processo (ad essere omogeneizzata e semi-costruita) credo sia solo l'ebraico, o sbaglio?
    Perchè per il greco moderno alla fine "vinse" la lingua parlata da più persone...
    Costruita da zero non del tutto ma quasi... nel senso che l'ebraico era praticamente una lingua morta, ma diciamo che le basi di questo successo sono in gran parte eccezionali e (si spera) non ripetibili, visto che la maggior spinta la diede proprio la Shoah, anche se si era cercato, fin dagli anni '20 di riproporre l'ebraico come lingua viva ed era già insegnato nelle scuole comunitarie e usato dai coloni ebrei della Palestina britannica era comunque ancora una lingua-koiné, usata da comunità fortemente connotate in senso politico-ideologico... Questo fino alla presa del potere di Hitler, perché poi ci furono le persecuzioni naziste, la Shoah e la Guerra, che portarono nella Palestina britannica (prima) e in Israele (poi) centinaia e centinaia di migliaia di persone che provenivano da comunità nazionali molto diverse tra loro... Considera poi che la maggior parte degli immigrati dall'Europa proveniva dall'ex Impero russo o da quello austro-ungarico e che nella vita quotidiana usavano come lingua d'espressione dei dialetti alto-tedeschi (yiddish) oppure le lingue nazionali (tedesco, polacco, ucraino, russo, ungherese)... ergo la koiné la potevi costruire solo in tre modi, o ricorrendo alla lingua dei persecutori (il tedesco con il suo terribile "stigma") o scegliendo in alternativa quella dei coloni (l'inglese ma c'erano ovvie ragioni per ripudiarlo) o infine rivitalizzando l'ebraico, come ulteriore "legante" della ricostruita identità nazionale... per carità, l'ebraico era pochissimo conosciuto e ben poco compreso dalla maggior parte della popolazione immigrata in Israele per sfuggire allo sterminio e alla Guerra ma quantomeno aveva un'aria di familiarità, visto che i riti principali si celebravano in ebraico (antico).

    Spesso però ci dimentichiamo che il caso più grosso di lingua (semi)artificiale ad avere avuto successo fino a diventare lingua nazionale è l'italiano... nel senso che noi sostanzialmente parliamo una lingua che ha (ri)creato Manzoni, soprattutto con la seconda edizione dei Promessi sposi (1842) quando decise di andare a "Sciacquare i panni in Arno" e di fatto, dopo la "via di mezzo" della prima edizione (1827), si risolse ad adottare come lingua letteraria il fiorentino moderno... Te ne accorgi se confronti l'italiano di Manzoni con quello di Foscolo o di Leopardi, questi ultimi, al di à del valore letterario dei loro testi, scrivevano in una lingua più vicina a quella di Boccaccio o di Tasso che a quella di Manzoni, eppure appartenevano alla sua stessa generazione...
    Ultima modifica di galinsog@; 10/01/2023 alle 22:37

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