
Originariamente Scritto da
Lorenzo Catania
C'è invece chi, ed è la maggior parte degli italiani, lo ricorda ANCHE e soprattutto per le sue imprese sportive, le sue arrampicate, i suoi scatti incontrollabili sulle salite più erte, la sua tenacia nel combattere contro tutto e contro tutti anche quando tutti gli altri avrebbero ceduto ed avrebbero detto: "No, così è troppo. Appendo la bici al chiodo".
Lui ha subìto infortuni gravi, è stato investito da un fuoristrada durante una gara ed ha avuto una gamba spappolata, è stato messo ko da un gatto che gli ha attraversato la strada nel bel mezzo di un Giro d'Italia, è caduto altre 2 volte in discesa ma ... niente da fare, nessuno lo fermava. Lui voleva vincere, voleva essere il primo della classe. E quando stava in forma ...beh, non ce n'era per nessuno.
Non mi vergogno a dire che già nel 94, quando vinse le prime tappe al Giro d'Italia sfiancando Indurain sul Mortirolo e nella tappa dell'Aprica, avevo la pelle d'oca a vedere quell'omino secco secco e spelacchiato danzare sui pedali così leggero e spontaneo, regolare, micidiale! E nel '98, quando vinse giro e Tour, ho seguito tutte le tappe con il cuore in gola ... addirittura una volta mi sono ritrovato ad urlare davanti allo schermo della TV in ginocchio, cercavo di spingerlo attraverso il pensiero, di dargli quel pochino di energia in più che poi gli arrivava effettivamente dall'affetto travolgente delle 2 ali di folla che lo accompagnavano su ogni salita.
Poi arrivò il 99 e, come sappiamo, il tracollo psicologico: arriva la cocaina, la depressione. Marco non è più lui, non riesce più a fare uno scatto, al più tenta delle progressioni ripetute, ma si rende conto di aver perso qualcosa di sé a Madonna di Campiglio.
Io però non ci volevo credere: il 22 maggio 2000 andai a vedere la tappa all'Abetone, nella speranza di vederlo volare davanti alle piramidi lassù, sul Passo. Per l'occasione avevo preso posto la mattina presto, proprio a 5 metri dalla linea del traguardo; fremevo, non vedevo l'ora di avere il mio idolo sportivo a pochi metri.
Invece andò diversamente: fu Casagrande a scattare ed a vincere. Marco arrivò tra il boato della folla, ma mestamente, ed accompagnato dal resto della squadra, 7 minuti dopo.
Il resto della mia avventura di quella giornata lo sapete già, l'ho già raccontato in un altro post a tema su questo forum.
Marco comunque ormai era in totale debaclé psicologica, e non si sarebbe più rialzato: le vittorie che sono seguite, sporadiche, e che non hanno avuto il sapore del dominio come era stato fino al '99, non hanno contribuito al suo mito, e penso che difficilmente verranno ricordate fra le sue imprese più limpide.
Marco è morto il giorno di San Valentino, il giorno degli innamorati: forse perché ha ripensato alla sua vita con la ragazza con cui si era legato, e si è lasciato andare definitivamente.
Però bisogna ricordare che amore non significa solamente legame stretto fra partner, ma anche passione, sportiva e non. Io voglio quindi dedicare questo ricordo a Lui ed a tutti i ragazzi e le ragazze che come lui hanno perso la vita seguendo un sogno e ritrovandosi travolti dagli eventi, incapaci di reagire razionalmente, per colpa della loro fragilità di carattere. Nella speranza che cose del genere non si ripetano mai più.
Vola Pirata, vola!
Lorenzo
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