Sto studiando la teoria delle glaciazioni di Milankovic in vista di un esame.
Secondo tale teoria, le glaciazioni avverrebbero ogni 100000 anni circa per mezzo della variazione di movimenti della Terra. I 3 parametri importanti sono:
- La variazione dell'asse di inclinazione terrestre: una variazione porta ad una differente insolazione della Terra. E qui sta il primo dubbio: nella pratica una maggiore o una minore inclinazione perchè porta ad una differente insolazione? Ho trovato info secondo cui ad un aumento dell'inclinazione porta una maggiore variazione stagionale: inverni piu freddi ed estati piu calde. Perchè?
- La precessione degli equinozi: il precedere dell'asse di rotazione rispetto all'asse perpendicolare all'eclittica porta ad un "anticipo" di 50'' d'arco lungo l'orbita pari a circa 20 minuti all'anno del verificarsi degli equinozi (l anno solare non si completa a 360° ma a 359°59'10'') e quindi a cosa porta questo da un punto di vista pratico riguardo alle glaciazioni?
- L'eccentricità dell'orbita: una maggiore eccentricità implica una maggiore differenza tra la distanza Terra-Sole in Afelio e quella in perielio. Questa maggiore distanzasi traduce in un aumento della radiazione che aggiunge in perielio rispetto all afelio. Ad eccentricità massima in perielio arriva una radiazione del 23% in più. Ho trovato che l'eccentricità è il fattore che incide di meno sull innesco delle glaciazioni ma a me il 23% in piu di radiazione non sembra poco....e poi ho visto che il passaggio tra eccentricità massima e minima avviene in 100000 anni, che corrisponde al verificarsi della glaciazione... Inoltre ho trovato scritto che maggiore è questa differenza e maggiore è l'effetto della precessione degli equinozi....in che senso?
Le condizioni perchè avvenga la glaciazione sono: eccentricità massima, inclinazione dell'asse di rotazione minima (22°1) e estate in afelio. Perchè??
Spero in qualche anima pia che riesca a farmi capire bene questi concetti, nel loro aspetto "pratico". Ho capito infatti le cause che portano alla variazione di questi parametri, ma non ho afferrato bene a cosa portano queste 3 condizioni e come alla fine avvengano le glaciazioni.....
dal basso della mia ignoranza in materia,a naso,credo che una modesta inclinazione terrestre porti ad estati fresche (ossia meno estreme,come se fosse sempre marzo-aprile).Per i ghiacciai,non contano tanto le punte di freddo invernale,quanto piuttosto il "non caldo" estivo.Esemplificando,a parità di inverni attuali se l'estate si fermasse a maggio-giugno,come temperature,(come dire agosto uguale a giugno) tornerebbero i ghiacciai sulle cime appenniniche.Invece fare -30 a gennaio,per i ghiacciai serve a ben poco.Per tutte le altre domande mi fermo qui....non ho studiato la materia e rischierei di dire inesattezze.
Un esempio concreto viene dalla Nuova Zelanda,non certo famosa per i freddi inverni,semmai piuttosto miti sulla costa,ma con ghiacciai attuali,a parità di quota e latitudine,ben superiori a quelli che l'appennino aveva durante l'ultimo massimo glaciale (con poderose seraccate a 43° sud,già su cime che arrivano a soli 1800 m.).Controlla su google earth.
Nel caso citato della Nuova Zelanda,la non estremizzazione del clima è dovuta all'effetto dell'oceano mediamente freddo,da quelle parti su di un isola relativamente poco estesa,ma tale situazione climatica rende l'idea di un clima meno estremo che si avrebbe se diminuisse l'inclinazione dell'asse terrestre.
Ultima modifica di EnnioDiPrinzio; 29/03/2015 alle 09:06
Ciao.
In un altro forum, dove non scrivo più (per motivi che non interessano ad alcuno), si stava trattando un argomento simile. Non avendo purtroppo tempo - in questi giorni - per intervenire, mi limito a riportare (quasi integralmente) il testo di quel mio messaggio. Spero si possa trovare qualche spunto per un eventuale approfondimento:
"In primo luogo l’asse terrestre, a causa dell’attrazione gravitazionale che, principalmente, la Luna ed il Sole effettuano sul rigonfiamento equatoriale (la Terra infatti risulta leggermente schiacciata ai poli), compie un movimento a doppio cono (non a singolo cono) in circa 26.000 anni (non 21.000 anni). Tale movimento, denominato per l’appunto precessione luni-solare, è contrario a quello di rotazione (che avviene in senso antiorario, con ipotetico osservatore situato al di sopra del Polo Nord) ed è disturbato, nel suo espletarsi, dal differente combinarsi delle diverse distanze sussistenti, nel tempo, tra il Sole da una parte e La Terra e la Luna dall’altra. Quest’ultime, avendo orbite ellittiche, fanno si che le masse in gioco interagiscano diversamente a seconda della loro posizione nello spazio. Da ciò deriva la formazione di un movimento a doppio cono non lineare, ma zigzagato, per opera di oscillazioni (dovute appunto al diverso grado di attrazione luni-solare) della durata media di circa 18,6 anni: esse prendono il nome di nutazioni.
Dunque, riassumendo, l’attrazione gravitazionale del Sole e della Luna sulla Terra (ed in misura maggiore sul rigonfiamento equatoriale terrestre, vero responsabile di tale fenomeno), fa descrivere all’asse del nostro pianeta (esattamente come una trottola sbilanciata) un movimento a doppio cono che si compie, in senso orario, in circa 26.000 anni. Esso è disturbato da una miriade di fluttuazioni periodiche, e molto brevi, della durata media di circa 18 anni. Esse prendono il nome di nutazioni.
La conseguenza principale di questo movimento è lo spostamento, in senso orario, della linea degli equinozi che giace, insieme a quella dei solstizi, sul piano dell’eclittica intersecante quello dell’equatore celeste (quest’ultimo, essendo perpendicolare all’asse, ruota insieme al medesimo). Questa sarebbe l’entità della precessione equinoziale se non intervenisse un altro fattore che, qui di seguito, cerco di riportare.
Il movimento di precessione luni-solare (che, come detto, si compie in circa 26.000 anni ed in senso orario) contribuisce infatti al verificarsi di quel più ampio fenomeno a tutti noto come “precessione degli equinozi”. Quest’ultimo sarebbe di pari durata (circa 26.000 anni) se nel frattempo, a causa dell’attrazione gravitazionale degli altri pianeti e, in misura più infima, delle altre stelle (che sono molto distanti), l’asse maggiore dell’orbita terrestre (detta linea degli apsidi) non compisse un movimento in senso antiorario in circa 117.000 anni. La combinazione di questi due movimenti opposti (quello in senso orario della precessione luni-solare e quello, in senso antiorario, della linea degli apsidi, che rende “mobile” l’orbita terrestre) abbrevia la durata del periodo che occorre, alla linea degli equinozi (e dei solstizi), per tornare al punto di partenza: essa viene ridotta a 21.000 anni (circa) dai 26.00 anni (circa).
A causa di tutto ciò, tra qualche migliaio d’anni si celebrerà l’equinozio d’autunno nel medesimo punto dell’orbita in cui, oggi, si celebra il solstizio d’estate.
In estrema sintesi:
1. l’asse terrestre compie un movimento a doppio cono, in senso orario, in 26.000 anni circa;
2. con esso ruota anche il piano dell’equatore terrestre, oltre alla la linea degli equinozi e quella dei solstizi (che giacciono sul piano dell’eclittica intersecante quello dell’equatore celeste). Se questa fosse l’unica interazione, la precessione equinoziale si chiuderebbe in 26.000 anni circa;
3.tuttavia, a causa del movimento opposto (in senso antiorario) della linea degli apsidi che si chiude in circa 117.000 anni, il periodo della precessione degli equinozi si accorcia a circa 21.000 anni.
Effetti sul clima
La variazione dell’eccentricità dell’orbita si lega all’intensità delle oscillazioni climatiche dovute alla precessione degli equinozi. A mio parere un’eccentricità accentuata esalta l’effetto della precessione degli equinozi sul sistema clima. Occorre tuttavia distinguere (limitandosi a prendere in considerazione l’emisfero boreale, dove tra l’altro è concentrata la maggior parte delle terre emerse), tra le varie configurazioni possibili a seconda di dove si celebrino il solstizio d’estate e quello d’inverno. Limitandosi a prendere in considerazione le due ipotesi principali ed estreme (afelio coincidente con il solstizio d’estate e perielio con quello d’inverno da un lato e, dall’altro, afelio coincidente con il solstizio d’inverno e perielio coincidente con il solstizio d’estate), si avrebbero effetti diametralmente opposti, pur in presenza della medesima eccentricità. Infatti la prima ipotesi (massima eccentricità + solstizio d’estate in afelio + solstizio d’inverno in perielio) risulta favorevole a periodi di glaciazione nell’emisfero boreale. Una siffatta precessione equinoziale, infatti, causa - dal punto di vista astronomico - una minore escursione termica annua per via del fatto che l’inverno cade in perielio (durando quindi di meno per le note leggi di Keplero ed essendo più mite per via della maggiore vicinanza al Sole) mentre, invece, l’estate cade in afelio (durando astronomicamente di più ed essendo “mitigata” dalla maggiore lontananza dal Sole). A tutto ciò si aggiunge la forte eccentricità che esalta la configurazione appena descritta per via della minore distanza Sole-perielio e della maggiore distanza Sole-afelio. Le nevi accumulate durante l’inverno, in un contesto simile, hanno maggiori possibilità di resistere allo scioglimento durante il semestre più caldo innescando una potenziale glaciazione.
Viceversa, nel caso opposto (solstizio d’estate in perielio + solstizio d’inverno in afelio), si ha - a parità di eccentricità - una situazione agli antipodi: estati più calde (esaltate da un perielio alla minima distanza dal sole per via dell’accentuata eccentricità) con conseguente maggiore scioglimento delle nevi accumulate durante il semestre freddo. Quest’ultimo, tuttavia, sarebbe più lungo e più crudo ma non per questo più produttivo ai fini dell’innesco di una nuova glaciazione.
Esistono poi tutte le posizioni intermedie che, insieme a quelle analizzate, sono ulteriormente attenuate od accentuate dalle altre variabili astronomiche (in primis l’inclinazione dell’asse terrestre).
E poi vi è tutto ciò che, di non astronomico, influisce sul clima: ma questo è un altro discorso."
Obsequium amicos, veritas odium parit.
Ciao siccome ho sbagliato a pubblicare la discussione in altre due sezioni riporto, per completezza, i messaggi che sono stati inviati nelle altre e consideriamo questa in cui sto scrivendo come discussione principale perchè siamo nella sezione "glaciazioni" che all'inizio non avevo visto
ringrazio chi mi ha risposto e chi continuerà a rispondere
Ultima modifica di tiziano; 30/03/2015 alle 16:09
Grazie alexia e per quanto riguarda gli altri due aspetti: precessione degli equinozi e eccentricità dell'orbita, quali sono gli effetti? E poi perchè si considerano i 100000 anni che poi corrispondono al tempo necessario a passare da una eccentricità minima a quella massima?
La risposta è "semplice" ... .
La precessione degli equinozi, nei termini descritti nel mio precedente intervento, fa si che il solstizio d'estate ed il solstizio d'inverno (e, ovviamente, gli equinozi) non cadano sempre nel medesimo punto dell'orbita. Essi variano (in tempi millenari) tanto che oggi, ad esempio, il solstizio d'estate avviene in una posizione di "quasi afelio" e quello d'inverno, conseguentemente, in una posizione di "quasi perielio".
Astronomicamente parlando, ciò comporta una durata minore dell'inverno boreale come logica conseguenza della seconda legge di Keplero la quale, semplificando, così recita:
"Durante il loro moto di rivoluzione intorno al Sole la velocità dei pianeti non è costante, ma è tale da descrivere aree uguali in tempi uguali".
Ne deriva che, nel periodo orbitale più vicino al Sole (e sappiamo tutti che le orbite sono ellissi e non circonferenze), il moto del pianeta attorno alla stella di riferimento è "più accelerato" (con conseguente accorciamento astronomico della stagione che si esplica proprio in quel periodo). Un'animazione chiarirà meglio le idee:
Seconda_legge_keplero.gif
Se tieni conto del fatto che anche l'eccentricità dell'orbita terrestre varia, nel corso del tempo, da un minimo ad un massimo, è logico pensare ad un' "estremizzazione" degli effetti nel periodo di eccentricità più accentuata.
Obsequium amicos, veritas odium parit.
Non è semplice dare una risposta alle altre domande in quanto, banalmente, una risposta non credo possa esserci.
Il fatto che si considerino i 100.000 anni in ambito di variazione dell'eccentricità non dimostra, in termini assoluti, la correlazione tra questo periodo e le variazioni climatiche che interessano il nostro pianeta. Ogni massimo ed ogni minimo di eccentricità, inoltre, avviene in corrispondenza di solstizi ed equinozi in posizione sempre diversa. Tale posizione (unitamente alla contingente inclinazione dell'asse) è in grado, probabilmente, di esaltare o di ridurre l'effetto della variazione dell'eccentricità determinando, conseguentemente, enormi difficoltà in termini di interpretazione dei pochi (ed incerti) dati che abbiamo a disposizione. Ecco perché esiste il problema dei 400.000 anni ulteriormente appesantito, probabilmente, dall'incidenza di altri fattori (anche non astronomici) capaci di condizionarne o di annullarne gli effetti.
Obsequium amicos, veritas odium parit.
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