va detto cmq che non è facile trovare un giusto compromesso...se prendiamo in esame l'intera stagione invernale, e se consideriamo che in tale luogo la neve riesce a mantenersi molto bene, avremo che nella prima fase invernale ci sarà presumibilmente uno strato piuttosto esiguo di neve (ipotizziamo 1m, quindi con un palo di 4m avremo una lettura un po' fuori norma all'opposto a circa 3m)...mantenendosi la neve, e accumulando ulteriori nevicate, ecco che il manto cresce e l'altezza del rilevamento rispetto al piano diminuisce...quindi è facile capre come sia più probabile rilevare le temperature estreme, nella seconda parte dell'inverno o addirittura verso la fine, che non all'inizio, questo perchè il sensore si troverebbe più vicino al fondo nevoso
"Noi non sappiamo aver pazienza. Vogliamo l'uovo, il culo caldo e la gallina. Ma quella, appena ha fatto l'uovo se ne va, e il culo caldo non ce l'hai. So che è un pò volgare, ma è così...." 07-06-2011 G.Trapattoni
Innevamento a parte, resta comunque un dato notevole. Inoltre, parlando di estremi in senso opposto, credo avvenga la stessa cosa, seppure in misura molto ridotta quando in estate si registra una punta di caldo estremo, a seguito di una stagione secca anzichè umida, in quanto un suolo umido quantomeno in prossimità della superficie ha una resistenza maggiore di uno che magari non riceve una goccia d'acqua da mesi.
Ciao ragazzi,
mi permetto di darvi delle delucidazioni intromettendomi nella discussione sul Pollino.
Mi chiamo Biagio, sono il responsabile del gruppo Pollino, il team di ragazzi volontari che segue lo studio.
La stazione meteo è collocata all'incirca a 1800mt, su una dolina carsica, che ospitava uno degli ultimi ghiacciai del sud Italia. Tale dolina, posta su un pianoro molto esteso, è circoscritta da vette che superano i 2000 mt di altezza.
Lo studio per l'appunto, voleva e vuole mettere in evidenza, che in particolari condizioni anche a latitudini così meridionali è possibile registrare temperature da record. Così per noi l'aver raggiunto -30.8° è di per se già un successo.
Sulla validità dei dati però devo dissentire con le voci contrarie. La variazione in °C, da sensore posti a distanze diverse su suolo innevato è relativo, e comunque non così marcate da rendere inveritiere le rilevazioni.
A proposito la stazione poggia su sostesgno a 1,5 mt di altezza, che viene allungato all'inizio dell'inverno fino a 3mt di altezza. Questo per evitare che l'accumulo di neve sepolga il tutto.
Purtroppo questo è l'unico compromesso che siamo riusciti a trovare, considerando che il posto è raggiungibile solo dopo 3 ore di escursione a piedi, in una zona meravigliosa ma impervia.
Nell'occasione vi auguro una Buona Pasqua.
Esistono studi/prove in merito ?
Ovviamente a "pelle" direi che non possano esserci differenze chesso', di circa una decina di gradi ma sarei curioso di vedere se, in determinati luoghi/condizioni meteo (ad esempio una dolina innevata con cieli sereni e totale assenza di vento, con quindi inversione termica ai massimi "effetti" !) un sensore magari posto a poco piu' di 50 cm dal suolo innevato (causa altezza neve, come postato nella foto in questo thread) quanto possa effettivamente sottostimare rispetto ad un posizionamento piu a "norma", ovvero ad almeno 160-180 cm dal suolo.
Non stiamo parlando di "inficiare" un dato "mediamente" notevole, ma solo di capire/valutare l'ordine di grandezze in gioco, ovvero quanti gradi "in meno" (quindi non propriamente....."corretti") verrebbero aggiunti al valore registrato in tali condizioni !
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sicuramente esistono delle differenze rispetto alla casisitica senza neve, ed è dato proprio alla presenza della stessa che come ben sappiamo consente le famose minime da "effetto albedo" (uso improprio del termine, giacchè l'effetto albedo vero è quello diurno di riflessione della radiazione solare)
Nel caso dell'assenza di neve, la significativa differenza nella temperatura dell'aria alle varie altezze da 0m a 2m è data dal fatto che il raffreddamento maggiore è a carico del terreno e non dell'aria stessa il cui irraggiamento è parzialmente controbilanciato dal rilascio di calore del terreno che si raffredda.
Come sappiamo, nel caso del suolo abbondantemente ricoperto di neve, esso non si raffredda in quanto la neve impedisce alla radiazione proveniente dal terreno di essere immessa nell'atmosfera perchè respinta al mittente dalla neve, e pertanto si ha l'esclusivo irraggiamento dell'aria che puo raffreddarsi in maniera molto maggiore; venendo meno la risalita di calore dal suolo, dovrebbe venir meno il fattore che determina le significative differenze che si hanno nei vari strati intermedi fra 0m e 2m a favore di una maggiore uniformità.
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Sito Meteo https://meteoinpuglia.it
Stazione Meteo http://meteoinpuglia.altervista.org/putignano.htm
l'irraggiamento di un corpo è tanto maggiore quanto piu esso si riscalda, un suolo innevato è "freddo" quindi il suo irraggiamento è minimo rispetto ad un suolo non innevato che assorbe calore ed è quindi "caldo"
di notte, è proprio l'irraggiamento dell'aria che è maggiore in tali condizioni che non quando il terreno è libero da neve, ed esso trae ulteriore giovamento per il fatto che la neve di notte comportandosi come "corpo nero" non riflette ma riemette il calore stesso irradiatogli dall'aria
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Ultima modifica di Faina; 03/04/2013 alle 11:18
Sito Meteo https://meteoinpuglia.it
Stazione Meteo http://meteoinpuglia.altervista.org/putignano.htm
Sinceramente non capisco quello che dici, provo ad interpretare.
Poiché la neve è fredda non irradia:
-perché mai dovrebbe allora irradiare l'aria che diventa ben più fredda del suolo?
-l'aria che irradia sarebbe solo quella in prossimità del suolo? E perché non quella alle quote superiori?
-secondo il tuo ragionamento infine sarebbe l'aria così raffreddata che raffredda e gela la neve al suolo...assai strano!
Non trovo di meglio
http://geoserver.disat.unimib.it/val...NATURALI_1.pdf
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